Salvo forse alcune eccezioni, limitate all’ambito strettamente dottrinario, i secoli del basso medioevo non producono un vero e proprio oggetto «repubblicano», ossia l’idea e la pratica di uno specifico regime, opposto a quello monarchico; era quest’ultimo, invece, a essere percepito dappertutto come la forma ortodossa di governo naturale. Leggere le esperienze politiche comunali, specie quelle dell’Italia centro-settentrionale, alla luce dei linguaggi e dei simboli codificati prima (quelli della repubblica romana) e dopo (quelli delle diverse repubbliche moderne) ha prodotto sovente effetti fuorvianti. Ciò detto, la libertà politica delle comunità e la partecipazione (degli individui e dei corpi) alla sfera della decisione costituivano snodi importanti nella costituzione concreta dell’ordine politico, nel suo complesso. Il problema del governo del «popolo» e della libertà della comunità rientra dunque in questa cornice. La legittimità di fondo dell’autogoverno del popolo, e il senso comune di cui era parte integrante, rinvia alla diffusione in Europa di forme comunitarie di organizzazione politica, fondate su procedure di partecipazione collettiva alla decisione: una sfera ordinaria della decisione politica prima del - ma anche durante il - decollo dei processi di rafforzamento delle strutture di governo territoriale. E’ qui uno dei fattori costitutivi dei discorsi politici tardo medievali: l’opera di riuso e di adattamento del linguaggio aristotelico non introduce mai, o quasi, interpretazioni dicotomiche della tassonomia delle forme di governo, né in senso descrittivo né in senso normativo. Gli attori usavano le definizioni aristoteliche senza contrapporre un modello monarchico, fondato sulla concentrazione dell’autorità decisionale nella persona del re, a un modello non-monarchico, fondato sulla partecipazione collettiva alla decisione: a prevalere era il senso della variabilità e della relatività delle forme di governo rispetto a qualcosa di ben distinto da esse, cioè la comunità politica, e il suo bene comune, attratti piuttosto in una zona di invariabilità, ai confini dell’ordine della natura.

Mineo, E. (2009). Liberté et communauté en Italie (milieu XIIIe-début XVe s.). In C. Moatti, M. Riot-Sarcey (a cura di), La République dans tous ses états (pp. 215-250). Paris : Payot.

Liberté et communauté en Italie (milieu XIIIe-début XVe s.)

MINEO, Ennio
2009-01-01

Abstract

Salvo forse alcune eccezioni, limitate all’ambito strettamente dottrinario, i secoli del basso medioevo non producono un vero e proprio oggetto «repubblicano», ossia l’idea e la pratica di uno specifico regime, opposto a quello monarchico; era quest’ultimo, invece, a essere percepito dappertutto come la forma ortodossa di governo naturale. Leggere le esperienze politiche comunali, specie quelle dell’Italia centro-settentrionale, alla luce dei linguaggi e dei simboli codificati prima (quelli della repubblica romana) e dopo (quelli delle diverse repubbliche moderne) ha prodotto sovente effetti fuorvianti. Ciò detto, la libertà politica delle comunità e la partecipazione (degli individui e dei corpi) alla sfera della decisione costituivano snodi importanti nella costituzione concreta dell’ordine politico, nel suo complesso. Il problema del governo del «popolo» e della libertà della comunità rientra dunque in questa cornice. La legittimità di fondo dell’autogoverno del popolo, e il senso comune di cui era parte integrante, rinvia alla diffusione in Europa di forme comunitarie di organizzazione politica, fondate su procedure di partecipazione collettiva alla decisione: una sfera ordinaria della decisione politica prima del - ma anche durante il - decollo dei processi di rafforzamento delle strutture di governo territoriale. E’ qui uno dei fattori costitutivi dei discorsi politici tardo medievali: l’opera di riuso e di adattamento del linguaggio aristotelico non introduce mai, o quasi, interpretazioni dicotomiche della tassonomia delle forme di governo, né in senso descrittivo né in senso normativo. Gli attori usavano le definizioni aristoteliche senza contrapporre un modello monarchico, fondato sulla concentrazione dell’autorità decisionale nella persona del re, a un modello non-monarchico, fondato sulla partecipazione collettiva alla decisione: a prevalere era il senso della variabilità e della relatività delle forme di governo rispetto a qualcosa di ben distinto da esse, cioè la comunità politica, e il suo bene comune, attratti piuttosto in una zona di invariabilità, ai confini dell’ordine della natura.
2009
Settore M-STO/01 - Storia Medievale
Mineo, E. (2009). Liberté et communauté en Italie (milieu XIIIe-début XVe s.). In C. Moatti, M. Riot-Sarcey (a cura di), La République dans tous ses états (pp. 215-250). Paris : Payot.
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