Salvo Naccari, parlando di “Connessioni”, su quale livello opera? Certamente non opera nella parte ideativa. Partecipa, semmai, alla selezione dell’opera, insieme all’artista. Esegue, ovviamente, la realizzazione materiale del pezzo. E si trova in una zona di contrattazione, con l’artista, circa l’esecuzione di questa realizzazione, cioè contratta in che modo rielaborare un’opera già conclusa. Coloro che intendono proseguire l’opera di un’artista – si sa – lo fanno a proprio rischio e pericolo. E Salvo Naccari sembra voler correre questo rischio e questo pericolo. L’intenzione è quella di estendere la portata dell’opera a un gran numero di persone o, meglio, di estendere la possibilità di fruizione dell’opera. Allora, non si tratta più di una scultura, di un pezzo unico fatto a mano, ma di un oggetto fabbricato con tecniche e processi seriali. Non si tratta più di una pittura, da contemplare, ma di un oggetto che, per quanto possa essere intriso di simboli, è (ri-)pensato per un uso pratico. E proprio l’uso è la chiave di volta di questa ibrida collezione. Attraverso l’uso, infatti, è possibile accedere più facilmente, più immediatamente, al contenuto dell’opera. Ecco cosa fa o intende fare Salvo Naccari: amplificare la possibilità d’interazione dello spettatore, coinvolgerlo direttamente attraverso l’uso, renderlo fruitore, utente, non più, soltanto, contemplatore. Il design, si dice, addomestica la tecnica; anzi si dice che la funzione del design è quella di addomesticare la tecnica, e cioè il design umanizza la tecnologia, di per sé bruta e insensibile alla vita dell’uomo, generando innovazione attraverso oggetti, artefatti, servizi, strategie utili. Beh, in questo caso, Salvo Naccari addomestica non soltanto la tecnica ma anche l’arte. Salvo Naccari è un abile addomesticatore, un domatore, che gioca col fuoco; e non so fino a che punto egli ne sia cosciente. Quando s’incontrano, Salvo Naccari, Enzo Venezia, Melchiorre Napolitano e Max Ferrigno, sembrano conoscersi da sempre, fanno battute di circostanza, scherzano bonariamente e magari si scambiano sguardi d’intesa; ma Salvo Naccari non è come loro. Enzo Venezia, Melchiorre Napolitano e Max Ferrigno non sono domatori; sono fiere, leoni pronti a sbranare chi non ha occhi per vedere, chi non la capacità, il coraggio di vedere la realtà, la “verità” della quale sono portatori. Tocca ora al pubblico dire se Salvo Naccari è un buon divulgatore dell’arte, da applaudire o da condannare come il grande incisore Marcantonio Raimondi che, nel 1500, fu ritenuto colpevole da papa Clemente VII di aver esteso a dismisura le possibilità di moltiplicazione e di fruizione dell’arte.

Russo, D. (2019). Design, arte, divulgazione e crimine!. In Connessioni Arte&Design (pp. 14-23). Palermo : 40due Edizioni.

Design, arte, divulgazione e crimine!

Russo, Dario
2019-01-01

Abstract

Salvo Naccari, parlando di “Connessioni”, su quale livello opera? Certamente non opera nella parte ideativa. Partecipa, semmai, alla selezione dell’opera, insieme all’artista. Esegue, ovviamente, la realizzazione materiale del pezzo. E si trova in una zona di contrattazione, con l’artista, circa l’esecuzione di questa realizzazione, cioè contratta in che modo rielaborare un’opera già conclusa. Coloro che intendono proseguire l’opera di un’artista – si sa – lo fanno a proprio rischio e pericolo. E Salvo Naccari sembra voler correre questo rischio e questo pericolo. L’intenzione è quella di estendere la portata dell’opera a un gran numero di persone o, meglio, di estendere la possibilità di fruizione dell’opera. Allora, non si tratta più di una scultura, di un pezzo unico fatto a mano, ma di un oggetto fabbricato con tecniche e processi seriali. Non si tratta più di una pittura, da contemplare, ma di un oggetto che, per quanto possa essere intriso di simboli, è (ri-)pensato per un uso pratico. E proprio l’uso è la chiave di volta di questa ibrida collezione. Attraverso l’uso, infatti, è possibile accedere più facilmente, più immediatamente, al contenuto dell’opera. Ecco cosa fa o intende fare Salvo Naccari: amplificare la possibilità d’interazione dello spettatore, coinvolgerlo direttamente attraverso l’uso, renderlo fruitore, utente, non più, soltanto, contemplatore. Il design, si dice, addomestica la tecnica; anzi si dice che la funzione del design è quella di addomesticare la tecnica, e cioè il design umanizza la tecnologia, di per sé bruta e insensibile alla vita dell’uomo, generando innovazione attraverso oggetti, artefatti, servizi, strategie utili. Beh, in questo caso, Salvo Naccari addomestica non soltanto la tecnica ma anche l’arte. Salvo Naccari è un abile addomesticatore, un domatore, che gioca col fuoco; e non so fino a che punto egli ne sia cosciente. Quando s’incontrano, Salvo Naccari, Enzo Venezia, Melchiorre Napolitano e Max Ferrigno, sembrano conoscersi da sempre, fanno battute di circostanza, scherzano bonariamente e magari si scambiano sguardi d’intesa; ma Salvo Naccari non è come loro. Enzo Venezia, Melchiorre Napolitano e Max Ferrigno non sono domatori; sono fiere, leoni pronti a sbranare chi non ha occhi per vedere, chi non la capacità, il coraggio di vedere la realtà, la “verità” della quale sono portatori. Tocca ora al pubblico dire se Salvo Naccari è un buon divulgatore dell’arte, da applaudire o da condannare come il grande incisore Marcantonio Raimondi che, nel 1500, fu ritenuto colpevole da papa Clemente VII di aver esteso a dismisura le possibilità di moltiplicazione e di fruizione dell’arte.
2019
Settore ICAR/13 - Disegno Industriale
Russo, D. (2019). Design, arte, divulgazione e crimine!. In Connessioni Arte&Design (pp. 14-23). Palermo : 40due Edizioni.
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