Sempre più preoccupati di difendere i propri confini marittimi dai migranti in arrivo dall’Africa, l’Unione europea e gli stati membri sembrano aver smarrito la bussola del diritto e del buon senso, senza trovare la via per una cooperazione più equa e lungimirante con il continente nero. In preda alla sindrome di un’invasione che non c’è, i governi europei privilegiano l’azione repressiva e di controllo, militarizzando i mari e delegando i compiti ai paesi africani. Ciò serve solo a rendere le rotte dei migranti più lunghe, tormentate e rischiose. E ad arricchire i trafficanti.
Cuttitta, P. (2007). Le rotte che cambiano i confini. SEGNO, 33(289), 49-54.
Le rotte che cambiano i confini
CUTTITTA, Paolo
2007-01-01
Abstract
Sempre più preoccupati di difendere i propri confini marittimi dai migranti in arrivo dall’Africa, l’Unione europea e gli stati membri sembrano aver smarrito la bussola del diritto e del buon senso, senza trovare la via per una cooperazione più equa e lungimirante con il continente nero. In preda alla sindrome di un’invasione che non c’è, i governi europei privilegiano l’azione repressiva e di controllo, militarizzando i mari e delegando i compiti ai paesi africani. Ciò serve solo a rendere le rotte dei migranti più lunghe, tormentate e rischiose. E ad arricchire i trafficanti.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
segno.2007.pdf
Solo gestori archvio
Descrizione: articolo "Le rotte che cambiano i confini"
Dimensione
435.64 kB
Formato
Adobe PDF
|
435.64 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.