La ricerca antropologica ha sostanzialmente trascurato, almeno a partire dagli anni Sessanta delNovecento, la documentazione e lo studio delle molteplici forme e espressioni della religiosità tradizionale che intramano i tessuti sociali delle più grandi città dell’Isola, soffermandosi al più sulle grandi feste patronali. Questo disinteresse è certamente da riferirsi, oltre che all’avvertitaurgenza di raccogliere, al momento del suo definitivo tramonto, quanto ancora restava della cultura contadina, anche alla convinzione che gli stili di vita urbani avessero, in maggior misura che nei contesti dei piccoli centri rurali e costieri, disarticolato e disperso i patrimoni materiali e immaterialidi tradizione insieme a certi specifici modi di esperire e organizzare lo spazio, il tempo, le relazionisociali. In effetti, ripercorrendo la documentazione diaristica, storiografica e demologica sette-ottocentesca relativa alla vita religiosa di città come Catania o Palermo e rapportandola al presente, potrebbe aversi, di primo acchito, l’impressione del progressivo, inesorabile impoverimento di unvasto e coerente insieme di pratiche e credenze “tradizionali” ampiamente condiviso da tutte leclassi sociali. Certamente il mondo che oggi si distende dinanzi ai nostri occhi è nel suo paesaggio urbano, culturale e umano assai diverso dalle realtà vissute e osservate dal Marchese di Villabiancao Giuseppe Pitrè o, in tempi più recenti, da Giuseppe Cocchiara e dai suoi allievi. Questo mondo resta, tuttavia, ricco di espressioni eterodosse, di passioni, di suoni, di gesti non ordinari, estranei al canone liturgico, in parte ereditati dal passato, in parte trasformati, in parte introdotti ex novo nelcorso del tempo a soddisfazione, di volta in volta, di emergenti istanze esistenziali, cultuali, estetiche, politiche, ecc. Le cosiddette “tradizioni popolari” non sono, infatti, come spesso si ritienenel discorso comune, una materia omogenea e immutabile che resta viva fintantoché si trasmette compattamente di generazione in generazione, piuttosto sono un sistema i cui elementi, sottoposti a continue elaborazioni e trasformazioni, si riorganizzano processualmente assumendo nuove forme o attribuendo nuovi sensi e nuovi scopi a forme spesso ma non sempre mutuate dal passato. Di tali problemi il saggio rende sinteticamente conto in riferimento alle feste religiose dei quartieri della città di Palermo.

Buttitta, I. (2018). Feste religiose a Palermo. Temi di Ricerca e prospettive di analisi. In Feste religiose a Palermo. Immagini di Attilio Russo, Giuseppe Muccio, Benedetto Galifi (pp. 9-14). Palermo : Fondazione Ignazio Buttitta.

Feste religiose a Palermo. Temi di Ricerca e prospettive di analisi

Buttitta, Ignazio
2018-01-01

Abstract

La ricerca antropologica ha sostanzialmente trascurato, almeno a partire dagli anni Sessanta delNovecento, la documentazione e lo studio delle molteplici forme e espressioni della religiosità tradizionale che intramano i tessuti sociali delle più grandi città dell’Isola, soffermandosi al più sulle grandi feste patronali. Questo disinteresse è certamente da riferirsi, oltre che all’avvertitaurgenza di raccogliere, al momento del suo definitivo tramonto, quanto ancora restava della cultura contadina, anche alla convinzione che gli stili di vita urbani avessero, in maggior misura che nei contesti dei piccoli centri rurali e costieri, disarticolato e disperso i patrimoni materiali e immaterialidi tradizione insieme a certi specifici modi di esperire e organizzare lo spazio, il tempo, le relazionisociali. In effetti, ripercorrendo la documentazione diaristica, storiografica e demologica sette-ottocentesca relativa alla vita religiosa di città come Catania o Palermo e rapportandola al presente, potrebbe aversi, di primo acchito, l’impressione del progressivo, inesorabile impoverimento di unvasto e coerente insieme di pratiche e credenze “tradizionali” ampiamente condiviso da tutte leclassi sociali. Certamente il mondo che oggi si distende dinanzi ai nostri occhi è nel suo paesaggio urbano, culturale e umano assai diverso dalle realtà vissute e osservate dal Marchese di Villabiancao Giuseppe Pitrè o, in tempi più recenti, da Giuseppe Cocchiara e dai suoi allievi. Questo mondo resta, tuttavia, ricco di espressioni eterodosse, di passioni, di suoni, di gesti non ordinari, estranei al canone liturgico, in parte ereditati dal passato, in parte trasformati, in parte introdotti ex novo nelcorso del tempo a soddisfazione, di volta in volta, di emergenti istanze esistenziali, cultuali, estetiche, politiche, ecc. Le cosiddette “tradizioni popolari” non sono, infatti, come spesso si ritienenel discorso comune, una materia omogenea e immutabile che resta viva fintantoché si trasmette compattamente di generazione in generazione, piuttosto sono un sistema i cui elementi, sottoposti a continue elaborazioni e trasformazioni, si riorganizzano processualmente assumendo nuove forme o attribuendo nuovi sensi e nuovi scopi a forme spesso ma non sempre mutuate dal passato. Di tali problemi il saggio rende sinteticamente conto in riferimento alle feste religiose dei quartieri della città di Palermo.
2018
Settore M-DEA/01 - Discipline Demoetnoantropologiche
Buttitta, I. (2018). Feste religiose a Palermo. Temi di Ricerca e prospettive di analisi. In Feste religiose a Palermo. Immagini di Attilio Russo, Giuseppe Muccio, Benedetto Galifi (pp. 9-14). Palermo : Fondazione Ignazio Buttitta.
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