Pasquale Culotta immaginava un cambiamento, un avanzamento culturale collettivo capace di coinvolgere tutto e ovunque. Voleva cambiare le regole che governano la nostra società e, nel caso specifico, il governo delle città, le baronie universitarie, la professione di architetto, l’editoria di architettura. Per raggiungere questo molteplice obiettivo ha speso la vita, come un eroe “anticlassico” (potremmo dire “irregolare”), con umiltà e determinazione, senza mostrarsi troppo, a volte nascondendosi. Ad esempio, era contrario a definire il suo gruppo come scuola di architettura, perché avrebbe connotato una struttura chiusa, un’appartenenza ad un maestro. Aveva certamente davanti gli occhi i danni culturali e materiali degli scarpiani (allievi o presunti tali di Carlo Scarpa) o i rossiani (allievi e collaboratori di Aldo Rossi in Italia) o, a livello locale, dei samoniani (allievi e collaboratori di Giuseppe Samonà) tutti riconoscibili per gli stilemi utilizzati piuttosto che per l’elaborazione dei contenuti autonomi della loro ricerca. Voleva invece costituire un gruppo, sempre aperto e disponibile ad accogliere nuovi contributi da chi fosse stato interessato a partecipare al processo di cambiamento.
Guerrera, G. (2018). Immaginare il cambiamento. In G. Guerrera (a cura di), Pasquale Culotta. L’arte di costruire la città (pp. 8-21). Dipartimento di Architettura - Università di Palermo.
Immaginare il cambiamento
Guerrera, Giuseppe
2018-01-01
Abstract
Pasquale Culotta immaginava un cambiamento, un avanzamento culturale collettivo capace di coinvolgere tutto e ovunque. Voleva cambiare le regole che governano la nostra società e, nel caso specifico, il governo delle città, le baronie universitarie, la professione di architetto, l’editoria di architettura. Per raggiungere questo molteplice obiettivo ha speso la vita, come un eroe “anticlassico” (potremmo dire “irregolare”), con umiltà e determinazione, senza mostrarsi troppo, a volte nascondendosi. Ad esempio, era contrario a definire il suo gruppo come scuola di architettura, perché avrebbe connotato una struttura chiusa, un’appartenenza ad un maestro. Aveva certamente davanti gli occhi i danni culturali e materiali degli scarpiani (allievi o presunti tali di Carlo Scarpa) o i rossiani (allievi e collaboratori di Aldo Rossi in Italia) o, a livello locale, dei samoniani (allievi e collaboratori di Giuseppe Samonà) tutti riconoscibili per gli stilemi utilizzati piuttosto che per l’elaborazione dei contenuti autonomi della loro ricerca. Voleva invece costituire un gruppo, sempre aperto e disponibile ad accogliere nuovi contributi da chi fosse stato interessato a partecipare al processo di cambiamento.File | Dimensione | Formato | |
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