L’attualità del tema, s’inquadra nella problematica nazionale sul riuso del patrimonio architettonico che ha perso nel tempo la specifica funzione originaria stimolando spesso generiche riflessioni metodologiche d’intervento. Questo contributo al dibattito privilegia il “progetto della conoscenza” analizzando, con il sussidio delle fonti documentarie, la validità della proposta studiata, dal generale al particolare, da Francesco Paolo Palazzotto incaricato nel 1885 dalla Deputazione Provinciale di redigere il progetto per il nuovo Manicomio. Il contesto storico in cui evolveva il diffuso fenomeno edilizio manicomiale investiva infatti l’istituzione delle provincie postunitarie che si configuravano come “enti morali ed assistenziali”. Sotto tali aspetti è stata analizzata la ricaduta progettuale delle norme improntate all’ordine comunitario veicolate dai trattati, dai manuali e dalle accreditate riviste mediche sulla qualità ambientale, cura degli spazi, funzione del verde, visibilità dei percorsi e sugli schemi a “padiglioni staccati”.Il complesso di Palermo è risultato all’avanguardia ponendosi fra gli asili “più moderni” del panorama italiano, aperto al confronto con le opere realizzate dai progettisti più accreditati con una notevole esperienza di edilizia ospedaliera psichiatrica. L’impianto originario analizzato nelle due versioni studiate e in quella finale, è risultato in buona parte leggibile sia nell’articolazione planimetrica quanto nello svolgimento compositivo dei volumi. Seguendo la puntuale relazione stesa dal Palazzotto s’individua la sequenza funzionale della struttura attraverso il percorso del fruitore; allo stesso modo è stato possibile formulare un giudizio meritorio sull’impiantistica impiegata, indubbiamente molto aggiornata. La percezione ambientale dell’architettura è risultata ancora complessivamente apprezzabile nel particolare impaginato dei prospetti, non essendo stata manomessa la modulare sequenza che contraddistingue le facciate. In tal senso è stata riconosciuta l’interpretazione accademica nell’uso della policromia materica, in un’originale sintesi particolarmente efficace e creativa. Nel controllo sistematico della progettazione coesistono due diversi livelli che manifestano il contegno degli edifici minori e la cauta esaltazione di quelli più rappresentativi; in entrambi i casi l’identificazione viene affidata all’uso dei particolari che oggi appaiono i frammenti di un linguaggio più erudito spesso interrotto da recuperare nel riuso, come nuova formulazione identitaria.

MARSALA, M.T. (2008). L'Ospedale psichiatrico (1885-1937) di Palermo: "un'architettura dimenticata" da recuperare. In PASQUALE CULOTTA, ANDREA SCIASCIA (a cura di), Archivi dell'architettura del XX secolo in Sicilia (pp. 28-33). PALERMO : L'Epos.

L'Ospedale psichiatrico (1885-1937) di Palermo: "un'architettura dimenticata" da recuperare

MARSALA, Maria Teresa
2008-01-01

Abstract

L’attualità del tema, s’inquadra nella problematica nazionale sul riuso del patrimonio architettonico che ha perso nel tempo la specifica funzione originaria stimolando spesso generiche riflessioni metodologiche d’intervento. Questo contributo al dibattito privilegia il “progetto della conoscenza” analizzando, con il sussidio delle fonti documentarie, la validità della proposta studiata, dal generale al particolare, da Francesco Paolo Palazzotto incaricato nel 1885 dalla Deputazione Provinciale di redigere il progetto per il nuovo Manicomio. Il contesto storico in cui evolveva il diffuso fenomeno edilizio manicomiale investiva infatti l’istituzione delle provincie postunitarie che si configuravano come “enti morali ed assistenziali”. Sotto tali aspetti è stata analizzata la ricaduta progettuale delle norme improntate all’ordine comunitario veicolate dai trattati, dai manuali e dalle accreditate riviste mediche sulla qualità ambientale, cura degli spazi, funzione del verde, visibilità dei percorsi e sugli schemi a “padiglioni staccati”.Il complesso di Palermo è risultato all’avanguardia ponendosi fra gli asili “più moderni” del panorama italiano, aperto al confronto con le opere realizzate dai progettisti più accreditati con una notevole esperienza di edilizia ospedaliera psichiatrica. L’impianto originario analizzato nelle due versioni studiate e in quella finale, è risultato in buona parte leggibile sia nell’articolazione planimetrica quanto nello svolgimento compositivo dei volumi. Seguendo la puntuale relazione stesa dal Palazzotto s’individua la sequenza funzionale della struttura attraverso il percorso del fruitore; allo stesso modo è stato possibile formulare un giudizio meritorio sull’impiantistica impiegata, indubbiamente molto aggiornata. La percezione ambientale dell’architettura è risultata ancora complessivamente apprezzabile nel particolare impaginato dei prospetti, non essendo stata manomessa la modulare sequenza che contraddistingue le facciate. In tal senso è stata riconosciuta l’interpretazione accademica nell’uso della policromia materica, in un’originale sintesi particolarmente efficace e creativa. Nel controllo sistematico della progettazione coesistono due diversi livelli che manifestano il contegno degli edifici minori e la cauta esaltazione di quelli più rappresentativi; in entrambi i casi l’identificazione viene affidata all’uso dei particolari che oggi appaiono i frammenti di un linguaggio più erudito spesso interrotto da recuperare nel riuso, come nuova formulazione identitaria.
2008
MARSALA, M.T. (2008). L'Ospedale psichiatrico (1885-1937) di Palermo: "un'architettura dimenticata" da recuperare. In PASQUALE CULOTTA, ANDREA SCIASCIA (a cura di), Archivi dell'architettura del XX secolo in Sicilia (pp. 28-33). PALERMO : L'Epos.
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