Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, si guarda alle scienze sociali come strumenti di educazione, di formazione alla “cittadinanza” integrale, non solo politica ma anche culturale e sociale. La ricerca sociale empirica, in una società da rifondare, doveva essere, infatti, capace di interpretare e prevedere lo sviluppo, o comunque il movimento storico, mentre lo si andava facendo. All’ombra di queste convinzioni, negli anni ’50 del ‘900 cresce una leva di sociologi militanti, che si coagula attorno a due poli principali, l’uno laico, rappresentato da Adriano Olivetti e dal gruppo “Comunità”, l’altro cattolico, centrato sull’Università Cattolica di Milano. Per entrambi, la ricerca sociale ha il compito, innanzitutto, di contribuire a leggere i fenomeni nella transizione verso la modernità, illuminando in particolare l’attività di “pianificazione”, parola chiave e criterio centrale per inquadrare qualunque intervento sul territorio, vista però non come intervento tecnocratico o politica verticistica di piano bensì come veicolo di azione sociale complessiva. Su questa base, si registra una convergenza multidisciplinare verso una prospettiva ecologica, che interessa studiosi di diverse discipline, protagonisti del mondo dell’imprenditoria e altri attori sociali. La pianificazione è vista come coordinamento tra l’attività produttiva umana, il territorio e la popolazione, all’interno di una dimensione spazio-temporale definita e agita attraverso la partecipazione attiva di ogni cittadino, nella misura in cui vengano presi in esame i suoi problemi, in una cornice di solidarietà e sostegno reciproci, di azione comune; solo così la pianificazione s’irradia in modo organico, dal basso, in altri termini includente tutti gli aspetti di cui la vita reale si compone. Emerge chiaramente una visione dello spazio considerato non tanto come categoria figurativa ma come luogo di vita sociale, individuale e collettiva: “pianificazione organica” come concretizzazione di un modo di vivere nella sua totalità e, nello stesso tempo, frutto e generatrice di una comunità, che affronta problemi e compie scelte in un processo continuo. Alle idee e all’attività di Olivetti si ispirerà in parte Danilo Dolci, il quale è a pieno titolo partecipe di un circuito dove si guarda alla nascita dell’uomo “nuovo”: un uomo cioè che acquisisca coscienza dei propri limiti e, contemporaneamente, del proprio potenziale sviluppo creativo, attraverso un’azione dal basso. Dolci è profondamente convinto che le esperienze di pianificazione siano in grado di spezzare gli effetti socialmente disgregatori dell’isolamento e della mancanza di solidarietà, che si possono cogliere in Sicilia ma anche in molte altre parti del mondo, dovunque al fatalismo dell’individuo singolo corrispondano clientelismo e autoritarismo. Come antidoto egli individua la nascita di “gruppi attivi”, che creino consapevolezza nei loro componenti e quindi solidarietà, con il risultato di superare la disgregazione sociale che caratterizza le società prive di poli aggreganti riconosciuti. Per Dolci la pianificazione dal basso, “di base”, costituisce un modo di relazionarsi fra attori sociali ma è anche metodo educativo: attraverso la discussione guidata su problemi vitali legati alla quotidianità, tutti acquistano consapevolezza e forza per organizzarsi e lottare per i propri bisogni, individuando insieme le forme più adeguate a raggiungere gli obiettivi. Accanto al metodo della pianificazione organica dal basso per promuovere uno sviluppo endogeno, che veda protagonisti gli attori locali direttamente coinvolti, è l’autoanalisi popolare, attraverso il metodo maieutico, il canale che consente a Dolci di entrare in contatto anche con gli ultimi. Il risultato degli incontri di gruppo e dei colloqui con singole persone sono delle “storie di vita”, che costituiscono un documento di grande interesse storico-sociale. Lo sforzo sotteso al suo lavoro di inchiesta ne rivela la visione sottostante tipica di una conoscenza “militante”, finalizzata a modificare la realtà oggetto della conoscenza medesima. Lo sviluppo e l’eliminazione delle contraddizioni vanno perseguiti, secondo Dolci, tramite l’educazione, lo sviluppo, l’ampliamento della cultura, la cooperazione, le letture collettive non ultimo l’affìnamento artistico, denotando in lui una concezione di tipo riformista illuminata, articolata e precisata nel continuo recupero - in forme “originali” - del movimento culturale e anche pratico dell’intervento sociale, in cui si legano la “pianificazione organica” e la non-violenza, il senso di sacrificio e la fiducia nel “progresso”, l''anticapitalismo e un “gandismo tinteggiato di socialismo”.

GIORDANO F (2005). La sociologia tra partecipazione e impegno civile. In GIACOMO MULE', PIERO VIOLANTE A CURA DI (a cura di), Elogio della confusione. Scritti in onore di Giacinto Lentini (pp. 219-233). PALERMO : Flaccovio editore.

La sociologia tra partecipazione e impegno civile

GIORDANO, Francesca
2005-01-01

Abstract

Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, si guarda alle scienze sociali come strumenti di educazione, di formazione alla “cittadinanza” integrale, non solo politica ma anche culturale e sociale. La ricerca sociale empirica, in una società da rifondare, doveva essere, infatti, capace di interpretare e prevedere lo sviluppo, o comunque il movimento storico, mentre lo si andava facendo. All’ombra di queste convinzioni, negli anni ’50 del ‘900 cresce una leva di sociologi militanti, che si coagula attorno a due poli principali, l’uno laico, rappresentato da Adriano Olivetti e dal gruppo “Comunità”, l’altro cattolico, centrato sull’Università Cattolica di Milano. Per entrambi, la ricerca sociale ha il compito, innanzitutto, di contribuire a leggere i fenomeni nella transizione verso la modernità, illuminando in particolare l’attività di “pianificazione”, parola chiave e criterio centrale per inquadrare qualunque intervento sul territorio, vista però non come intervento tecnocratico o politica verticistica di piano bensì come veicolo di azione sociale complessiva. Su questa base, si registra una convergenza multidisciplinare verso una prospettiva ecologica, che interessa studiosi di diverse discipline, protagonisti del mondo dell’imprenditoria e altri attori sociali. La pianificazione è vista come coordinamento tra l’attività produttiva umana, il territorio e la popolazione, all’interno di una dimensione spazio-temporale definita e agita attraverso la partecipazione attiva di ogni cittadino, nella misura in cui vengano presi in esame i suoi problemi, in una cornice di solidarietà e sostegno reciproci, di azione comune; solo così la pianificazione s’irradia in modo organico, dal basso, in altri termini includente tutti gli aspetti di cui la vita reale si compone. Emerge chiaramente una visione dello spazio considerato non tanto come categoria figurativa ma come luogo di vita sociale, individuale e collettiva: “pianificazione organica” come concretizzazione di un modo di vivere nella sua totalità e, nello stesso tempo, frutto e generatrice di una comunità, che affronta problemi e compie scelte in un processo continuo. Alle idee e all’attività di Olivetti si ispirerà in parte Danilo Dolci, il quale è a pieno titolo partecipe di un circuito dove si guarda alla nascita dell’uomo “nuovo”: un uomo cioè che acquisisca coscienza dei propri limiti e, contemporaneamente, del proprio potenziale sviluppo creativo, attraverso un’azione dal basso. Dolci è profondamente convinto che le esperienze di pianificazione siano in grado di spezzare gli effetti socialmente disgregatori dell’isolamento e della mancanza di solidarietà, che si possono cogliere in Sicilia ma anche in molte altre parti del mondo, dovunque al fatalismo dell’individuo singolo corrispondano clientelismo e autoritarismo. Come antidoto egli individua la nascita di “gruppi attivi”, che creino consapevolezza nei loro componenti e quindi solidarietà, con il risultato di superare la disgregazione sociale che caratterizza le società prive di poli aggreganti riconosciuti. Per Dolci la pianificazione dal basso, “di base”, costituisce un modo di relazionarsi fra attori sociali ma è anche metodo educativo: attraverso la discussione guidata su problemi vitali legati alla quotidianità, tutti acquistano consapevolezza e forza per organizzarsi e lottare per i propri bisogni, individuando insieme le forme più adeguate a raggiungere gli obiettivi. Accanto al metodo della pianificazione organica dal basso per promuovere uno sviluppo endogeno, che veda protagonisti gli attori locali direttamente coinvolti, è l’autoanalisi popolare, attraverso il metodo maieutico, il canale che consente a Dolci di entrare in contatto anche con gli ultimi. Il risultato degli incontri di gruppo e dei colloqui con singole persone sono delle “storie di vita”, che costituiscono un documento di grande interesse storico-sociale. Lo sforzo sotteso al suo lavoro di inchiesta ne rivela la visione sottostante tipica di una conoscenza “militante”, finalizzata a modificare la realtà oggetto della conoscenza medesima. Lo sviluppo e l’eliminazione delle contraddizioni vanno perseguiti, secondo Dolci, tramite l’educazione, lo sviluppo, l’ampliamento della cultura, la cooperazione, le letture collettive non ultimo l’affìnamento artistico, denotando in lui una concezione di tipo riformista illuminata, articolata e precisata nel continuo recupero - in forme “originali” - del movimento culturale e anche pratico dell’intervento sociale, in cui si legano la “pianificazione organica” e la non-violenza, il senso di sacrificio e la fiducia nel “progresso”, l''anticapitalismo e un “gandismo tinteggiato di socialismo”.
2005
GIORDANO F (2005). La sociologia tra partecipazione e impegno civile. In GIACOMO MULE', PIERO VIOLANTE A CURA DI (a cura di), Elogio della confusione. Scritti in onore di Giacinto Lentini (pp. 219-233). PALERMO : Flaccovio editore.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10447/28498
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