Il termine convergenza indica la capacità tecnologica e la disponibilità culturale e comunicativa dei contenuti ad appoggiarsi a un sistema di device diversi. Potremmo chiamarlo “fattore traducibilità”. . . si tratta della capacità di individuare strategie strutturate perché un contenuto si adatti a device differenti. La convergenza è ciò che rende possibile le strategie crossmediali e transmediali. Jenkins ne parla in questi termini: «per convergenza intendo il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione tra più settori dell’industria dei media e il migrare (migratory behaviour) del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento». Parliamo, cioè, della capacità dei contenuti di muoversi in un’ecologia dei media e inoltre delle strategie per attivare questo flusso e, di conseguenza, delle pratiche con cui si realizza per il fruitore questa esperienza. Prendiamo l’esempio di iTunes. . . si tratta di un programma, di una piattaforma ma soprattutto un sistema per rendere convergente il mondo dei device Apple. Kindle di Amazon potrebbe diventare il device sistema per il mondo Amazon, mentre Sony studia di mettere in sistema i suoi device: computer Vaio, Playstation e smartphone Xperia. Questo dal punto di vista tecnologico, poi è evidente che si lavora sui contenuti e sulle loro capacità di trasmigrare e adattarsi a sistemi diversi ma anche a modi, spazi e tempi di fruizione che mutano con il mutare dei device. La nuova convergenza che il 2015 in qualche modo ha iniziato a farci intravedere è sempre più profonda e inoltre mostra anche un evidente vincitore nel campo dei contenuti: il video.

ARCAGNI, S. (2018). Parola chiave: convergenza. In D. Morreale (a cura di), Transmedia e co–creazione. Intermediari grassroots e pubblici online nella produzione transmediale italiana (pp. 53-62). Roma : Aracne.

Parola chiave: convergenza

ARCAGNI, S
2018-01-01

Abstract

Il termine convergenza indica la capacità tecnologica e la disponibilità culturale e comunicativa dei contenuti ad appoggiarsi a un sistema di device diversi. Potremmo chiamarlo “fattore traducibilità”. . . si tratta della capacità di individuare strategie strutturate perché un contenuto si adatti a device differenti. La convergenza è ciò che rende possibile le strategie crossmediali e transmediali. Jenkins ne parla in questi termini: «per convergenza intendo il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione tra più settori dell’industria dei media e il migrare (migratory behaviour) del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento». Parliamo, cioè, della capacità dei contenuti di muoversi in un’ecologia dei media e inoltre delle strategie per attivare questo flusso e, di conseguenza, delle pratiche con cui si realizza per il fruitore questa esperienza. Prendiamo l’esempio di iTunes. . . si tratta di un programma, di una piattaforma ma soprattutto un sistema per rendere convergente il mondo dei device Apple. Kindle di Amazon potrebbe diventare il device sistema per il mondo Amazon, mentre Sony studia di mettere in sistema i suoi device: computer Vaio, Playstation e smartphone Xperia. Questo dal punto di vista tecnologico, poi è evidente che si lavora sui contenuti e sulle loro capacità di trasmigrare e adattarsi a sistemi diversi ma anche a modi, spazi e tempi di fruizione che mutano con il mutare dei device. La nuova convergenza che il 2015 in qualche modo ha iniziato a farci intravedere è sempre più profonda e inoltre mostra anche un evidente vincitore nel campo dei contenuti: il video.
2018
ARCAGNI, S. (2018). Parola chiave: convergenza. In D. Morreale (a cura di), Transmedia e co–creazione. Intermediari grassroots e pubblici online nella produzione transmediale italiana (pp. 53-62). Roma : Aracne.
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