Come è noto, la definizione di 'Grande Tribunale' fa riferimento al tribunale supremo di ogni organizzazione statuale di età moderna; un tribunale regio - o principesco - composto solo da giuristi, designati personalmente dal sovrano, e fra i più illustri, con competenze esclusive in alcune materie - i reati di lesa maestà, su tutti - e con competenze d'appello su tutte le sentenze emanate dai tribunali di grado inferiore. Gli studi su questi organismi apicali nell’organizzazione della giustizia di ciascun ordinamento hanno registrato negli ultimi decenni un notevole incremento. Appare oramai assodato nel panorama della storiografia giuridica il riconoscimento del ruolo centrale svolto da tali corti nella formazione stessa del diritto effettivamente applicato. Assoluta protagonista, in tale fenomeno, è la dottrina giuridica. Nel passaggio all’età Moderna si delinea, infatti, un progressivo spostamento del centro di elaborazione della scienza del diritto dalle università ai tribunali, i giuristi eleggono la prassi giudiziaria a centro quanto mai vitale delle loro speculazioni. Si assiste dunque alla creazione ed allo sviluppo di un diritto sub specie interpretationis che tra il XVI e il XIX secolo, in tutta Europa, trova la sua “culla” nei Supremi Tribunali di ciascun ordinamento territoriale; i suoi interpreti principali sono i giudici di tali Corti, rappresentanti di una vera e propria casta di giuristi, legata alla pratica forense i quali affiancano ed in certi casi surrogano, nella funzione creatrice ed innovatrice del diritto, i professori delle università. Nel mio contributo cercherò di analizzare la fusione profonda avvenuta nel Regnum Siciliae tra prassi giudiziaria e scienza giuridica. Quest’ultima, infatti, tra il XVI ed il XVII secolo, elegge il processo a campo privilegiato per le sue speculazioni, vedendo altresì fiorire i generi letterari ad esso dedicati quali i trattati ma soprattutto le raccolte di Decisiones dei Supremi Tribunali dell’isola. Artefici di tale fusione sono quei giudici-giuristi che allo stesso tempo ricoprono il ruolo di alti magistrati oltre che di esponenti di spicco della dottrina siciliana.
Di Chiara, F. (2015). Le corti sovrane della prima età moderna e la dottrina giuridica: centri di produzione ed interpretazione del diritto. Il caso siciliano. In G. Ambrosino, L. De Nardi (a cura di), Matrix. Proposte per un approccio interdisciplinare allo studio delle istituzioni, Voll. II. Idee nuove e politiche innovative (pp. 221-240). Verona : QuiEdit.
Le corti sovrane della prima età moderna e la dottrina giuridica: centri di produzione ed interpretazione del diritto. Il caso siciliano
DI CHIARA, Francesco
2015-01-01
Abstract
Come è noto, la definizione di 'Grande Tribunale' fa riferimento al tribunale supremo di ogni organizzazione statuale di età moderna; un tribunale regio - o principesco - composto solo da giuristi, designati personalmente dal sovrano, e fra i più illustri, con competenze esclusive in alcune materie - i reati di lesa maestà, su tutti - e con competenze d'appello su tutte le sentenze emanate dai tribunali di grado inferiore. Gli studi su questi organismi apicali nell’organizzazione della giustizia di ciascun ordinamento hanno registrato negli ultimi decenni un notevole incremento. Appare oramai assodato nel panorama della storiografia giuridica il riconoscimento del ruolo centrale svolto da tali corti nella formazione stessa del diritto effettivamente applicato. Assoluta protagonista, in tale fenomeno, è la dottrina giuridica. Nel passaggio all’età Moderna si delinea, infatti, un progressivo spostamento del centro di elaborazione della scienza del diritto dalle università ai tribunali, i giuristi eleggono la prassi giudiziaria a centro quanto mai vitale delle loro speculazioni. Si assiste dunque alla creazione ed allo sviluppo di un diritto sub specie interpretationis che tra il XVI e il XIX secolo, in tutta Europa, trova la sua “culla” nei Supremi Tribunali di ciascun ordinamento territoriale; i suoi interpreti principali sono i giudici di tali Corti, rappresentanti di una vera e propria casta di giuristi, legata alla pratica forense i quali affiancano ed in certi casi surrogano, nella funzione creatrice ed innovatrice del diritto, i professori delle università. Nel mio contributo cercherò di analizzare la fusione profonda avvenuta nel Regnum Siciliae tra prassi giudiziaria e scienza giuridica. Quest’ultima, infatti, tra il XVI ed il XVII secolo, elegge il processo a campo privilegiato per le sue speculazioni, vedendo altresì fiorire i generi letterari ad esso dedicati quali i trattati ma soprattutto le raccolte di Decisiones dei Supremi Tribunali dell’isola. Artefici di tale fusione sono quei giudici-giuristi che allo stesso tempo ricoprono il ruolo di alti magistrati oltre che di esponenti di spicco della dottrina siciliana.File | Dimensione | Formato | |
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