L'Italia si è ritrovata post-metropolitana senza essere stata metropolitana. E se da un lato il ritardo di quasi cinquant'anni dal primo disegno di un piano nazionale di sviluppo – il Progetto 80 – fondato su città metropolitane mature e metropoli di riequilibrio, connesse da una armatura di paesaggi e infrastrutture, ci stimola ad affrettarci all'attuazione della Legge Del Rio (L. 56 del 7 aprile 2014), lo stesso ritardo ci suggerisce di rallentare una attuazione affrettata di un indistinto territorio metropolitano composto dalle 14 città non-metropolitane in cerca di autore. Mentre riesumavamo un modello metropolitano vetero-gravitazionale non ci siamo accorti che venivamo attraversati da alcune trasformazioni delle relazioni territoriali, economiche e sociali che nella loro azione congiunta hanno assunto l'effetto di una vera metamorfosi del nostro modello di vita. E non è mancato chi queste metamorfosi le avesse comprese, descritte e condivise perché fossero argomento per ridefinire l'agenda di sviluppo del territorio, soprattutto quello italiano anestetizzato in un eterno presente che "ci mutila e ottunde" come scriveva Danilo Dolci. Che fosse giunto il tempo di ripensare il modello metropolitano gravitazionale verso forme più fluide e reticolari era noto ai teorici delle post-metropoli fin dagli inizi del secolo (Soja, 2000) i quali segnalavano l'emergere di nuovi modelli multiscalari che ridefinivano spazio e governo dell'insediamento urbano (Brenner, 2004). E, più recentemente, non era mancato chi avesse ridisegnato la nuova geografia del lavoro risultante dal mutamento delle produzioni e delle professioni su entrambe le sponde dell'Atlantico infrangendo il mito dei sistemi locali del lavoro (Moretti, 2012). E che la tecnologia trionfante stesse ridefinendo i rapporti tra persone e lavoro rimodellando la quotidianità era noto (Brynjolfsson, McAfee, 2014), così come che la società circolare e l'intelligenza collettiva stessero imponendo nuovi paradigmi ai sistemi produttivi, relazionali e urbani (Bonomi, Masiero, della Puppa, 2016). Anche l'urbanizzazione e l'urbanistica erano oggetto di ripensamento e ridefinizione di paradigmi e strumenti per immaginare e progettare città più creative e sostenibili che sapessero accogliere la metamorfosi in atto (Carta, 2013).
Carta, M. (2017). L'Italia davanti alla sfida dei super-organismi metropolitani e degli arcipelaghi territoriali. In M. Carta, P. La Greca (a cura di), Cambiamenti dell'urbanistica. Responsabilità e strumenti al servizio del paese (pp. 9-19). Roma : Donzelli Editore.
L'Italia davanti alla sfida dei super-organismi metropolitani e degli arcipelaghi territoriali
CARTA, Maurizio
2017-01-01
Abstract
L'Italia si è ritrovata post-metropolitana senza essere stata metropolitana. E se da un lato il ritardo di quasi cinquant'anni dal primo disegno di un piano nazionale di sviluppo – il Progetto 80 – fondato su città metropolitane mature e metropoli di riequilibrio, connesse da una armatura di paesaggi e infrastrutture, ci stimola ad affrettarci all'attuazione della Legge Del Rio (L. 56 del 7 aprile 2014), lo stesso ritardo ci suggerisce di rallentare una attuazione affrettata di un indistinto territorio metropolitano composto dalle 14 città non-metropolitane in cerca di autore. Mentre riesumavamo un modello metropolitano vetero-gravitazionale non ci siamo accorti che venivamo attraversati da alcune trasformazioni delle relazioni territoriali, economiche e sociali che nella loro azione congiunta hanno assunto l'effetto di una vera metamorfosi del nostro modello di vita. E non è mancato chi queste metamorfosi le avesse comprese, descritte e condivise perché fossero argomento per ridefinire l'agenda di sviluppo del territorio, soprattutto quello italiano anestetizzato in un eterno presente che "ci mutila e ottunde" come scriveva Danilo Dolci. Che fosse giunto il tempo di ripensare il modello metropolitano gravitazionale verso forme più fluide e reticolari era noto ai teorici delle post-metropoli fin dagli inizi del secolo (Soja, 2000) i quali segnalavano l'emergere di nuovi modelli multiscalari che ridefinivano spazio e governo dell'insediamento urbano (Brenner, 2004). E, più recentemente, non era mancato chi avesse ridisegnato la nuova geografia del lavoro risultante dal mutamento delle produzioni e delle professioni su entrambe le sponde dell'Atlantico infrangendo il mito dei sistemi locali del lavoro (Moretti, 2012). E che la tecnologia trionfante stesse ridefinendo i rapporti tra persone e lavoro rimodellando la quotidianità era noto (Brynjolfsson, McAfee, 2014), così come che la società circolare e l'intelligenza collettiva stessero imponendo nuovi paradigmi ai sistemi produttivi, relazionali e urbani (Bonomi, Masiero, della Puppa, 2016). Anche l'urbanizzazione e l'urbanistica erano oggetto di ripensamento e ridefinizione di paradigmi e strumenti per immaginare e progettare città più creative e sostenibili che sapessero accogliere la metamorfosi in atto (Carta, 2013).File | Dimensione | Formato | |
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