Tra il 1950 e il 1953 i cineasti Chris Marker e Alain Resnais girano in Africa e in Francia il documentario Les statues meurent aussi. Commissionato dalla rivista letteraria francese «Présence africaine», il cortometraggio è in aperta polemica con Il museo immaginario della scultura mondiale di André Malraux del 1952. Marker e Resnais, al contrario dello scrittore francese, parlano di un’unità stilistica perduta reintroducendo una triplice divisione all’interno del continuum estetico-formale universale: antropologica, riguardante la separazione tra oggetto museale esposto e pratica contestuale a cui il manufatto rimanda; storica, relativa alla ferita che la colonizzazione ha inferto alle culture africane; politica, inerente la lotta degli africani per la loro emancipazione. L’atto del guardare è il fil rouge che attraversa interamente la pellicola. Quello degli spettatori che guardano il film, quello degli spettatori che osservano le opere nelle teche del Musée du Congo Belga, del British Museum o del Musée de l’Homme (dove la maggior parte della pellicola è stata filmata), e soprattutto quello degli spettatori nel senso più ampio del termine: uno sguardo di implicazione e partecipazione agli eventi del passato e del presente che necessariamente si fanno luce a vicenda.
Di Maggio, F. (2015). Les Statues meurent aussi? Post-musealizzazione dell'arte coloniale. DIALOGHI MEDITERRANEI.
Les Statues meurent aussi? Post-musealizzazione dell'arte coloniale.
DI MAGGIO, Fabiola
2015-01-01
Abstract
Tra il 1950 e il 1953 i cineasti Chris Marker e Alain Resnais girano in Africa e in Francia il documentario Les statues meurent aussi. Commissionato dalla rivista letteraria francese «Présence africaine», il cortometraggio è in aperta polemica con Il museo immaginario della scultura mondiale di André Malraux del 1952. Marker e Resnais, al contrario dello scrittore francese, parlano di un’unità stilistica perduta reintroducendo una triplice divisione all’interno del continuum estetico-formale universale: antropologica, riguardante la separazione tra oggetto museale esposto e pratica contestuale a cui il manufatto rimanda; storica, relativa alla ferita che la colonizzazione ha inferto alle culture africane; politica, inerente la lotta degli africani per la loro emancipazione. L’atto del guardare è il fil rouge che attraversa interamente la pellicola. Quello degli spettatori che guardano il film, quello degli spettatori che osservano le opere nelle teche del Musée du Congo Belga, del British Museum o del Musée de l’Homme (dove la maggior parte della pellicola è stata filmata), e soprattutto quello degli spettatori nel senso più ampio del termine: uno sguardo di implicazione e partecipazione agli eventi del passato e del presente che necessariamente si fanno luce a vicenda.File | Dimensione | Formato | |
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