Il crescente interesse che negli ultimi anni la letteratura giuridica, specie ma non solo privatistica, ha riservato allo statuto (per così dire) «ontologico» del diritto privato non patrimoniale e, pertanto, degli interessi non patrimoniali dei soggetti è la scaturigine prima di uno studio che si è proposto di esaminare due questioni ricostruttive principali. La prima è l’individuazione in positivo dei c.d. «interessi non patrimoniali», nel tentativo di ribaltare una qualificazione fin qui espressa dalla dottrina in negativo, ovvero in modo approssimativo e generico. La seconda questione è la riferibilità all’autonomia negoziale del potere «privato» di stabilire «sanzioni civili», altrimenti affidate solo alle previsioni legali (e legalistiche) dell’ordinamento statale, a tutela dell’osservanza di comportamenti dovuti di natura non (o non solo) patrimoniale. Le clausole penali costituiscono il paradigma di riferimento (legislativo, dottrinale e giurisprudenziale) di un’analisi di funzioni sanzionatorie, di strutture pattizie e di effetti compulsoriamente obbligatori che, codicisticamente, sembrano presupporre in modo necessario un accordo ed un illecito «contrattuali», ma che ad una valutazione non strettamente letterale dei dati normativi e ad una ricognizione non tradizionalmente dogmatica delle categorie civilistiche mostrano una estensibilità interpretativa del «tipo» ed una compatibilità ordinamentale di «tutele» in grado di dare rilevanza giuridica a molteplici altre funzioni, strutture ed effetti di ideazione sanzionatoria e privata. Per quanto ciò abbia costituito un percorso di analisi già intuito, tuttavia si è trattato di indagini che non sono andate oltre la strumentazione delle sole clausole penali. Il passo ulteriore sembra poter essere quello della individuazione di altri patti sanzionatori e della funzionalità rimediale che questi stessi patti possono approntare alla tutela di interessi non (o non solo) patrimoniali, peraltro nel convincimento che nell’esperienza giuridica odierna vada rivalutata ed ampliata la categoria del «contratto», che fin qui è stata invece saldamente ancorata al ruolo di «accordo patrimoniale» e astretta nei limiti di una «nozione unitaria» e di una «disciplina generale» in realtà fortemente limitative sia di una più ampia negozialità degli atti di diritto privato, sia di una più vasta rilevanza del diritto privato non patrimoniale e, dunque, degli interessi privati non patrimoniali.

TARDIA I (2006). Divisione ereditaria, accrescimento e rinunzia all'eredità tra qualificazioni formalistiche e interessi a succedere. RASSEGNA DI DIRITTO CIVILE, 2, 457-487.

Divisione ereditaria, accrescimento e rinunzia all'eredità tra qualificazioni formalistiche e interessi a succedere

TARDIA, Ignazio
2006-01-01

Abstract

Il crescente interesse che negli ultimi anni la letteratura giuridica, specie ma non solo privatistica, ha riservato allo statuto (per così dire) «ontologico» del diritto privato non patrimoniale e, pertanto, degli interessi non patrimoniali dei soggetti è la scaturigine prima di uno studio che si è proposto di esaminare due questioni ricostruttive principali. La prima è l’individuazione in positivo dei c.d. «interessi non patrimoniali», nel tentativo di ribaltare una qualificazione fin qui espressa dalla dottrina in negativo, ovvero in modo approssimativo e generico. La seconda questione è la riferibilità all’autonomia negoziale del potere «privato» di stabilire «sanzioni civili», altrimenti affidate solo alle previsioni legali (e legalistiche) dell’ordinamento statale, a tutela dell’osservanza di comportamenti dovuti di natura non (o non solo) patrimoniale. Le clausole penali costituiscono il paradigma di riferimento (legislativo, dottrinale e giurisprudenziale) di un’analisi di funzioni sanzionatorie, di strutture pattizie e di effetti compulsoriamente obbligatori che, codicisticamente, sembrano presupporre in modo necessario un accordo ed un illecito «contrattuali», ma che ad una valutazione non strettamente letterale dei dati normativi e ad una ricognizione non tradizionalmente dogmatica delle categorie civilistiche mostrano una estensibilità interpretativa del «tipo» ed una compatibilità ordinamentale di «tutele» in grado di dare rilevanza giuridica a molteplici altre funzioni, strutture ed effetti di ideazione sanzionatoria e privata. Per quanto ciò abbia costituito un percorso di analisi già intuito, tuttavia si è trattato di indagini che non sono andate oltre la strumentazione delle sole clausole penali. Il passo ulteriore sembra poter essere quello della individuazione di altri patti sanzionatori e della funzionalità rimediale che questi stessi patti possono approntare alla tutela di interessi non (o non solo) patrimoniali, peraltro nel convincimento che nell’esperienza giuridica odierna vada rivalutata ed ampliata la categoria del «contratto», che fin qui è stata invece saldamente ancorata al ruolo di «accordo patrimoniale» e astretta nei limiti di una «nozione unitaria» e di una «disciplina generale» in realtà fortemente limitative sia di una più ampia negozialità degli atti di diritto privato, sia di una più vasta rilevanza del diritto privato non patrimoniale e, dunque, degli interessi privati non patrimoniali.
2006
TARDIA I (2006). Divisione ereditaria, accrescimento e rinunzia all'eredità tra qualificazioni formalistiche e interessi a succedere. RASSEGNA DI DIRITTO CIVILE, 2, 457-487.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10447/19133
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact