Lo studio della colloquialità in Italia resta saldamente legato allo spazio geografico in cui essa si realizza e si manifesta. La colloquialità, infatti, rappresenta, forse, il fenomeno linguistico che più di tutti ha raccolto l’eredità di un passato e di una storia sociolinguistica peculiare che, non a caso, ne spiega eziologicamente genesi e caratteristiche. L’"italiano colloquiale” va inteso, infatti, come una macro-varietà contraddistinta da uno statuto eteronomo, in cui a una larga condivisione di fenomeni tipici del neostandard, si accompagna una cospicua presenza di tratti regionali, substandard/popolari e l’uso del dialetto. Accanto a questioni di natura sociolinguistica, lo studio sul parlato, soprattutto all’interno di contesti informali-colloquiali, sembra, tuttora, destare una certa preoccupazione a causa di un uso di scelte linguistiche generiche e reiterate che, per molti, mettono in ombra e snaturano la ricchezza espressiva della lingua stessa. In realtà, la lingua della colloquialità, apparentemente piatta e monocorde, sviluppa una specifica espressività costruita ad hoc per soddisfare le esigenze comunicative che il contesto richiede. Con il presente contributo – basato sull’analisi di un corpus di conversazioni colloquiali raccolte a Palermo tramite la modalità dell’osservazione non partecipante (con registratore nascosto) – si tenta di evidenziare le specificità che contraddistinguono il lessico adoperato dai parlanti in tale contesto e i tratti diatopicamente connotati che lo caratterizzano (con particolare attenzione all’uso di regionalismi ed espressioni dialettali). Nello specifico, vengono analizzati i seguenti aspetti: 1) i genericismi, nel loro ruolo di “jolly” semantici; 2) le intensificazioni, ottenute mediante l’uso di termini iperbolici ed espressioni paragergali che tendono ad “ingigantire” il contenuto informativo; 3) l’uso del linguaggio figurato, in italiano ma anche dialetto, attraverso il ricorso abbondante a metafore di varia natura; 4) le espressioni idiomatiche e i proverbi panitaliani e quelli diatopicamente marcati che, in alcuni casi, sembrano perdere la loro intrinseca cristallizzazione formale; 5) l’impiego di termini dialettali italianizzati, regionalismi semantici e forme regionali con nessuna corrispondenza nel dialetto. L’analisi permetterà di rilevare la presenza di fenomeni lessicali comuni agli usi colloquiali e, allo stesso tempo, di coglierne la rilevanza diatopica. Nel primo caso, si potrà notare la configurazione di una dicotomia in perfetto equilibrio: da una parte, una povertà lessicale, per lo più in termini quantitativi, che, ad ogni modo, qualitativamente, non compromette le finalità comunicative grazie a fenomeni di ampliamento semantico; dall’altra, una ricchezza espressiva data dall’utilizzo di metafore e modi di dire, in alcune circostanze, frutto dell’idioletto dei parlanti. Nel secondo caso, sarà possibile, invece, evidenziare l'influenza diatopica nella realizzazione delle scelte espressive.

Scaglione, F. (2016). Il lessico colloquiale: tra diatopia ed espressività. In La lingua variabile nei testi letterari, artistici e funzionali contemporanei. Analisi, interpretazione, traduzione.

Il lessico colloquiale: tra diatopia ed espressività

Scaglione, Francesco
2016-01-01

Abstract

Lo studio della colloquialità in Italia resta saldamente legato allo spazio geografico in cui essa si realizza e si manifesta. La colloquialità, infatti, rappresenta, forse, il fenomeno linguistico che più di tutti ha raccolto l’eredità di un passato e di una storia sociolinguistica peculiare che, non a caso, ne spiega eziologicamente genesi e caratteristiche. L’"italiano colloquiale” va inteso, infatti, come una macro-varietà contraddistinta da uno statuto eteronomo, in cui a una larga condivisione di fenomeni tipici del neostandard, si accompagna una cospicua presenza di tratti regionali, substandard/popolari e l’uso del dialetto. Accanto a questioni di natura sociolinguistica, lo studio sul parlato, soprattutto all’interno di contesti informali-colloquiali, sembra, tuttora, destare una certa preoccupazione a causa di un uso di scelte linguistiche generiche e reiterate che, per molti, mettono in ombra e snaturano la ricchezza espressiva della lingua stessa. In realtà, la lingua della colloquialità, apparentemente piatta e monocorde, sviluppa una specifica espressività costruita ad hoc per soddisfare le esigenze comunicative che il contesto richiede. Con il presente contributo – basato sull’analisi di un corpus di conversazioni colloquiali raccolte a Palermo tramite la modalità dell’osservazione non partecipante (con registratore nascosto) – si tenta di evidenziare le specificità che contraddistinguono il lessico adoperato dai parlanti in tale contesto e i tratti diatopicamente connotati che lo caratterizzano (con particolare attenzione all’uso di regionalismi ed espressioni dialettali). Nello specifico, vengono analizzati i seguenti aspetti: 1) i genericismi, nel loro ruolo di “jolly” semantici; 2) le intensificazioni, ottenute mediante l’uso di termini iperbolici ed espressioni paragergali che tendono ad “ingigantire” il contenuto informativo; 3) l’uso del linguaggio figurato, in italiano ma anche dialetto, attraverso il ricorso abbondante a metafore di varia natura; 4) le espressioni idiomatiche e i proverbi panitaliani e quelli diatopicamente marcati che, in alcuni casi, sembrano perdere la loro intrinseca cristallizzazione formale; 5) l’impiego di termini dialettali italianizzati, regionalismi semantici e forme regionali con nessuna corrispondenza nel dialetto. L’analisi permetterà di rilevare la presenza di fenomeni lessicali comuni agli usi colloquiali e, allo stesso tempo, di coglierne la rilevanza diatopica. Nel primo caso, si potrà notare la configurazione di una dicotomia in perfetto equilibrio: da una parte, una povertà lessicale, per lo più in termini quantitativi, che, ad ogni modo, qualitativamente, non compromette le finalità comunicative grazie a fenomeni di ampliamento semantico; dall’altra, una ricchezza espressiva data dall’utilizzo di metafore e modi di dire, in alcune circostanze, frutto dell’idioletto dei parlanti. Nel secondo caso, sarà possibile, invece, evidenziare l'influenza diatopica nella realizzazione delle scelte espressive.
2016
Scaglione, F. (2016). Il lessico colloquiale: tra diatopia ed espressività. In La lingua variabile nei testi letterari, artistici e funzionali contemporanei. Analisi, interpretazione, traduzione.
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