Quale teoria e concezione del dialetto soggiace all’idea di descrivere il siciliano come «abbastanza distinto dall’italiano tipico tanto da poter essere considerato un idioma separato» (Ethnologue, MOSELEY e ASHER 1994, 54)? Un certo ruolo deve avere la distorta pratica di valutare le varietà dell’italoromanzo come dialetti dell’italiano, pratica, questa, che, per altro, induce a proporre separazioni e distinzioni al punto da invocare, per alcune di queste varietà, lo statuto di «lingue madri». Se poi queste “lingue”, nella prospettiva ecolinguistica, presentano una serie di condizioni che ne mettono a rischio la sopravvivenza, entrano ne “Il Libro Rosso delle lingue in pericolo” (Red Book of Endangered Languages) e, dal 2009, nell’edizione interattiva online de L’”Atlante Mondiale delle Lingue in Pericolo” (Atlas of the World's Languages in Danger) promosso dall’Unesco. Tra il settembre e l’ottobre del 2014 la stampa nazionale ha dedicato ampio spazio alla decisione della Apple di inserire il siciliano e il napoletano tra le lingue disponibili nell’ultima versione di OS X Yosemite per Mac. Tale decisione, che permette di selezionare i due dialetti tra le lingue che possono essere usate per le impostazioni di sistema, a leggere gli articoli, parrebbe conseguenziale al riconoscimento del siciliano e del napoletano della caratteristica di «Lingue Madri”. In ogni caso, la decisione della Apple non implica che il nuovo computer parlerà (anche) i due dialetti, ma più semplicemente che li riconoscerà nel caso in cui vengano sviluppate applicazioni (App) che li utilizzino. La questione appare interessante connessa com’è anche allo sviluppo di strumenti informatici volti al riconoscimento automatico della voce (ma si pensi anche all’ipotesi progettuale di Skype di tradurre in tempo reale le conversazioni telematiche nelle diverse lingue usate nel corso delle call). Eppure esitono già e circolano nella rete diverse e numerose App in grado di parlare dialetto. Nel corso dell’intervento verranno allora discussi alcuni casi tra i quali quello di un traduttore (vocale) italiano-siciliano, usando il quale si possono imparare diverse parole siciliane per un percorso di apprendimento che prevede anche esercizi di ascolto e di pronuncia.È interessante, dunque, indagare la percezione l’ideologia (socio)linguistica di diversi operatori informatici (e rispettivi utenti) interessati a sviluppare e promuovere simili prodotti. Come viene risolto il problema dell’assenza di codificazione e standardizzazione? Quali le soluzioni ortografiche adottate? Quale grado di consapevolezza della variabilità traspare nella strutturazione (e nella presentazione) di tali strumenti? Quali sono i presupposti socio-culturali (ed economici) di queste App, anche considerando che molte di esse non sono scaricabili gratuitamente?
Sottile, R. (2016). ISO 639, Yosemite e App che “parlano” dialetto. Qualche reazione e riflessione. In G. Marcato (a cura di), Il dialetto nel tempo e nella storia (pp. 335-345). PADOVA : CLEUP.
ISO 639, Yosemite e App che “parlano” dialetto. Qualche reazione e riflessione
SOTTILE, Roberto
2016-01-01
Abstract
Quale teoria e concezione del dialetto soggiace all’idea di descrivere il siciliano come «abbastanza distinto dall’italiano tipico tanto da poter essere considerato un idioma separato» (Ethnologue, MOSELEY e ASHER 1994, 54)? Un certo ruolo deve avere la distorta pratica di valutare le varietà dell’italoromanzo come dialetti dell’italiano, pratica, questa, che, per altro, induce a proporre separazioni e distinzioni al punto da invocare, per alcune di queste varietà, lo statuto di «lingue madri». Se poi queste “lingue”, nella prospettiva ecolinguistica, presentano una serie di condizioni che ne mettono a rischio la sopravvivenza, entrano ne “Il Libro Rosso delle lingue in pericolo” (Red Book of Endangered Languages) e, dal 2009, nell’edizione interattiva online de L’”Atlante Mondiale delle Lingue in Pericolo” (Atlas of the World's Languages in Danger) promosso dall’Unesco. Tra il settembre e l’ottobre del 2014 la stampa nazionale ha dedicato ampio spazio alla decisione della Apple di inserire il siciliano e il napoletano tra le lingue disponibili nell’ultima versione di OS X Yosemite per Mac. Tale decisione, che permette di selezionare i due dialetti tra le lingue che possono essere usate per le impostazioni di sistema, a leggere gli articoli, parrebbe conseguenziale al riconoscimento del siciliano e del napoletano della caratteristica di «Lingue Madri”. In ogni caso, la decisione della Apple non implica che il nuovo computer parlerà (anche) i due dialetti, ma più semplicemente che li riconoscerà nel caso in cui vengano sviluppate applicazioni (App) che li utilizzino. La questione appare interessante connessa com’è anche allo sviluppo di strumenti informatici volti al riconoscimento automatico della voce (ma si pensi anche all’ipotesi progettuale di Skype di tradurre in tempo reale le conversazioni telematiche nelle diverse lingue usate nel corso delle call). Eppure esitono già e circolano nella rete diverse e numerose App in grado di parlare dialetto. Nel corso dell’intervento verranno allora discussi alcuni casi tra i quali quello di un traduttore (vocale) italiano-siciliano, usando il quale si possono imparare diverse parole siciliane per un percorso di apprendimento che prevede anche esercizi di ascolto e di pronuncia.È interessante, dunque, indagare la percezione l’ideologia (socio)linguistica di diversi operatori informatici (e rispettivi utenti) interessati a sviluppare e promuovere simili prodotti. Come viene risolto il problema dell’assenza di codificazione e standardizzazione? Quali le soluzioni ortografiche adottate? Quale grado di consapevolezza della variabilità traspare nella strutturazione (e nella presentazione) di tali strumenti? Quali sono i presupposti socio-culturali (ed economici) di queste App, anche considerando che molte di esse non sono scaricabili gratuitamente?File | Dimensione | Formato | |
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