Il testo sviluppa l'intuizione che, in primo luogo, la disposizione dei padri ad apprendere dai figli deve avere una parte essenziale e costitutiva nel lavoro educativo; e, in secondo luogo, che la testimonianza discreta, la verità umile dei padri, intercetta bene la domanda fortissima di paternità che c’è nei figli. I padri dunque hanno bisogno dei figli così come i figli hanno bisogno dei padri. Si può dire che ci troviamo di fronte ad un modo nuovo di concepire l’educazione? In effetti è un’idea nuova, alla quale forse non abbiamo mai, più di tanto, pensato: essa significa che l’educazione non può essere concepita come una trasmissione lineare, per così dire, dalle generazioni antecedenti a quelle successive; trattandosi piuttosto di un’azione bidirezionale, che va concepita come opera comune e che esige, sia dai padri che dai figli, di diventare membri di generazioni diverse, compiendo un vero e proprio esodo dalla propria generazione. Questo «migrare altrove», come lo definisco nel testo, aiuta a comprendere l’educazione come opera di riconoscimento reciproco, degli educatori e degli educandi; accade quando entrambi pervengono a vedersi ed intendersi all’interno di un comune, più vasto orizzonte di senso.
BELLINGRERI, A. (2015). L'esodo dalla propria generazione. In L. Pazzaglia (a cura di), L'educazione nella crisi del Welfare State (pp. 87-92). BRESCIA : LA SCUOLA.
L'esodo dalla propria generazione
BELLINGRERI, Antonio
2015-01-01
Abstract
Il testo sviluppa l'intuizione che, in primo luogo, la disposizione dei padri ad apprendere dai figli deve avere una parte essenziale e costitutiva nel lavoro educativo; e, in secondo luogo, che la testimonianza discreta, la verità umile dei padri, intercetta bene la domanda fortissima di paternità che c’è nei figli. I padri dunque hanno bisogno dei figli così come i figli hanno bisogno dei padri. Si può dire che ci troviamo di fronte ad un modo nuovo di concepire l’educazione? In effetti è un’idea nuova, alla quale forse non abbiamo mai, più di tanto, pensato: essa significa che l’educazione non può essere concepita come una trasmissione lineare, per così dire, dalle generazioni antecedenti a quelle successive; trattandosi piuttosto di un’azione bidirezionale, che va concepita come opera comune e che esige, sia dai padri che dai figli, di diventare membri di generazioni diverse, compiendo un vero e proprio esodo dalla propria generazione. Questo «migrare altrove», come lo definisco nel testo, aiuta a comprendere l’educazione come opera di riconoscimento reciproco, degli educatori e degli educandi; accade quando entrambi pervengono a vedersi ed intendersi all’interno di un comune, più vasto orizzonte di senso.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
L'esodo dalla propria generazione. Atti LII Scholé 2015.docx
accesso aperto
Descrizione: Testo del capitolo
Dimensione
19.42 kB
Formato
Microsoft Word XML
|
19.42 kB | Microsoft Word XML | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.