Il saggio affronta il delicato tema delle decisioni di fine vita, che riguardano quei pazienti la cui sopravvivenza è possibile soltanto per il continuo ausilio delle tecniche mediche e per una ininterrotta assistenza sanitaria, senza che dalle cure derivi alcuna speranza di guarigione o soltanto di miglioramento delle condizioni di salute. Le questioni trattate sono di duplice natura. In primo luogo, è stata esaminata la fattispecie in cui si è dibattuto giudizialmente circa l’opportunità di proseguire le terapie di sostentamento vitale, nella completa assenza di determinazioni rese in merito dal paziente. In secondo luogo, l’analisi ha riguardato una situazione in cui l’infermo – nella pienezza delle proprie facoltà volitive e nella informata consapevolezza delle conseguenze della propria scelta, esiziali per la stessa permanenza in vita – chiedeva l’interruzione delle pratiche mediche, senza le quali sarebbe sopraggiunta la morte. Lo studio è stato condotto attraverso un confronto tra due coppie di provvedimenti, assunti dalla giurisprudenza inglese ed italiana, che a fattispecie analoghe hanno dato differenti soluzioni, nel comune presupposto del valore assoluto – prevalente rispetto ad ogni altro diritto – della volontà del paziente in ordine alla somministrazione, od all’interruzione, di terapie di sostegno vitale. La conclusione è nel segno del riconoscimento non di un diritto a morire, ma di un diritto alla vita – nel rispetto delle scelte dell’infermo – priva di un prolungamento artificiale.
Giaimo, G. (2015). IL DIRITTO DI MORIRE NATURALMENTE NEL CONFRONTO TRA LA GIUSPRUDENZA INGLESE ED ITALIANA.. In A. Miranda (a cura di), Modernità del pensiero giuridico di Giovanni Criscuoli e diritto comparato (pp. 175-202). Torino : Giappichelli.
IL DIRITTO DI MORIRE NATURALMENTE NEL CONFRONTO TRA LA GIUSPRUDENZA INGLESE ED ITALIANA.
GIAIMO, Giuseppe
2015-01-01
Abstract
Il saggio affronta il delicato tema delle decisioni di fine vita, che riguardano quei pazienti la cui sopravvivenza è possibile soltanto per il continuo ausilio delle tecniche mediche e per una ininterrotta assistenza sanitaria, senza che dalle cure derivi alcuna speranza di guarigione o soltanto di miglioramento delle condizioni di salute. Le questioni trattate sono di duplice natura. In primo luogo, è stata esaminata la fattispecie in cui si è dibattuto giudizialmente circa l’opportunità di proseguire le terapie di sostentamento vitale, nella completa assenza di determinazioni rese in merito dal paziente. In secondo luogo, l’analisi ha riguardato una situazione in cui l’infermo – nella pienezza delle proprie facoltà volitive e nella informata consapevolezza delle conseguenze della propria scelta, esiziali per la stessa permanenza in vita – chiedeva l’interruzione delle pratiche mediche, senza le quali sarebbe sopraggiunta la morte. Lo studio è stato condotto attraverso un confronto tra due coppie di provvedimenti, assunti dalla giurisprudenza inglese ed italiana, che a fattispecie analoghe hanno dato differenti soluzioni, nel comune presupposto del valore assoluto – prevalente rispetto ad ogni altro diritto – della volontà del paziente in ordine alla somministrazione, od all’interruzione, di terapie di sostegno vitale. La conclusione è nel segno del riconoscimento non di un diritto a morire, ma di un diritto alla vita – nel rispetto delle scelte dell’infermo – priva di un prolungamento artificiale.File | Dimensione | Formato | |
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