La serie TV Game of Thrones (GoT) ha ottenuto grande successo di pubblico e di recensioni. Le ragioni sono varie: il budget speso da HBO, la qualità degli attori e delle ambientazioni, la trama cruda e “forte”, in linea con gli standard più recenti, ma sicuramente anche il fascino dell’estremizzazione. GoT ha provocato (anche con l’originale serie di libri di George Martin, ma più ancora con la serie TV) dibattiti filosofici. In Game of Thrones vi sono aspetti connessi strettamente alla cultura e alla geopolitica popolare. L’aspetto che intendo indagare in particolare è il cambio di statuto, iconografia, filosofia e cornice geopolitica nel passaggio dal fantasy tradizionale, che nel campo delle serie TV si può identificare per esempio ne La spada della verità (Legend of the Seeker), ad un fantasy 2.0 o di rottura come Game of Thrones. Tuttavia, va ricordato che GoT è un progetto cross-mediale: in questo articolo farò riferimento soprattutto alla serie TV, ma non si può dimenticare che prima di questo Il trono di spade è una saga ancora non conclusa di romanzi, attualmente composta da 6 ponderosi volumi americani, suddivisi in molti più libri nella traduzione italiana. Quindi, poiché Il trono di spade nasce come romanzo, non può non fare i conti con il vero capostipite del romanzo fantasy mondiale, che è, volenti o nolenti, Il signore degli anelli di Tolkien. Attraverso l’analisi di quattro aspetti cardine, mostrerò come GoT distrugga la maggior parte degli stereotipi del fantasy tolkieniano, che possiamo ancora riscontrare sia in un epigono come La spada della verità (restando al campo delle serie TV) sia nella recente trilogia cinematografica de Il signore degli anelli. Il mio obiettivo è evidenziare il legame tra la “filosofia” di Martin e il piano geopolitico: in che modo la geopolitica post 11 settembre è rispecchiata nei libri e nella serie TV? I quattro aspetti che intendo approfondire e che costituiranno i paragrafi del mio testo sono: 1) Cartografia. Un mondo fantasy tradizionale è una “scopiazzatura” dell’Europa medievale, con i suoi topoi (la foresta stregata, la montagna inaccessibile, ecc.). Tolkien per esempio descrive la sua Terra di Mezzo come se fosse l’Europa continentale, con la Contea che è l’Inghilterra, Gondor che coincide con la Roma imperiale, il pericolo comunista sovietico ad est, e così via. Martin invece deforma non più soltanto l’Europa, ma – con sguardo ben più cosmopolita – include nella sua rappresentazione elementi provenienti da tutto il mondo: non solo dall’Europa (Approdo del Re per esempio sembra ancora una volta la Roma imperiale ma corrotta da intrighi rinascimentali che ricordano un’altra serie TV della HBO, I Borgia), ma anche dall’Asia e dall’Africa (i nomadi Dothraki ricordano i Mongoli, le sabbie di Dorne rammentano la tradizione nord-africana), così come da altre terre. Nel fantasy 2.0 di Martin c’è più spazio per la “diversità” e per la non-Europa. Questo tema ritorna anche nel linguaggio e nelle varie “parlate” tipiche dei diversi popoli. Anche sul piano linguistico, infatti, il confronto con Tolkien (che era prima di tutto un glottologo) costringe Martin a un ripensamento dello standard. L’uso dell’antico inglese per esempio è di particolare interesse. 2) Confini. Mentre nel fantasy classico i confini sono legati ai topoi dell’epica (es. la foresta stregata) e sono sempre valicabili con atti di coraggio, in GoT un elemento fondamentale è la tecnologia: alcuni confini sono superabili solo dai più scaltri o tecnologicamente avanzati (vedi i Dothraki che temono l’uso delle navi). Non esistono più solo confini naturali, ma alcuni sono fin troppo “politici”, imposti: vedi la Barriera, che sembra escludere dalla “civiltà occidentale” gli autoctoni, i Bruti (novelli indiani americani?). 3) Bene/male. Il fantasy classico è manicheista, distingue nettamente i buoni dai cattivi, e non ci sono dubbi. Ci può essere spazio per qualche redenzione, magari guidata dalla Provvidenza divina, ma in generale è chiaro sin da subito da che lato stia il bene e la giustizia. Nel fantasy di Martin non è più così, ed è a mio avviso una chiara influenza dell’11 settembre e dell’incertezza esistenziale che avvolge tutti. La “serpe in seno” è quasi inevitabile, si veda Theon Greyjoy tanto per dirne uno. Il nemico può essere ovunque. Inoltre, ogni personaggio è tratteggiato in toni di grigio, come da circa un decennio a questa parte ci insegna la geopolitica popolare (vedi le nuove iterazioni di James Bond, i Sopranos, ecc.). Questo però è un elemento fondamentalmente nuovo nel fantasy, che fino a ora era sempre stato l’idealizzazione epica, talvolta estremizzata, della vittoria suprema e ontologica del bene. Oggi il fantasy non sa più neanche riconoscere il bene. Vi sono mille ruoli ambigui e sfumati: Cersei non è semplicemente la strega cattiva, ma una donna indurita da un mondo eteronormato; Stannis è tutt’altro che il re giusto che vorrebbe apparire, dati gli accordi che stringe con una sacerdotessa che pratica oscuri riti di sangue; la stessa Arya (spoiler alert!) non è più la bambina buona ma ribelle che compare nei primi episodi, ma si trasformerà in modo inatteso. 4) Corpi. Martin sovverte molti stereotipi tradizionali. Il nesso bello=buono decade quando i più esteticamente perfetti (Cersei e Jaime, per esempio) si rivelano i più perfidi, almeno inizialmente. Jaime inizia un percorso di redenzione, paradossalmente, quando perde la sua bellezza e viene mutilato. Tyrion è il nano deforme che però, ben diversamente dai nani o dagli sfregiati di Tolkien, risulta tra i più “onesti” e furbi protagonisti della saga, forse l’unico suo vero eroe. Questo è un mutamento radicale rispetto alla classica rappresentazione dell’eroe bello e forte, da Omero in poi. Anche qui le motivazioni sono in parte geopolitiche: il modello eroico di oggi è ancora il supereroe nazionalista e salvatore della patria (à la Capitan America)? La risposta di Martin è decisamente negativa.

Picone, M. (2014). Il trono di spade. Geopolitica e ombra del potere nel fantasy.. In F. Amato, E. dell'Agnese (a cura di), Schermi americani. Geografia e geopolitica degli Stati Uniti nelle serie televisive. (pp. 27-38). Milano : Unicopli.

Il trono di spade. Geopolitica e ombra del potere nel fantasy.

PICONE, Marco
2014-01-01

Abstract

La serie TV Game of Thrones (GoT) ha ottenuto grande successo di pubblico e di recensioni. Le ragioni sono varie: il budget speso da HBO, la qualità degli attori e delle ambientazioni, la trama cruda e “forte”, in linea con gli standard più recenti, ma sicuramente anche il fascino dell’estremizzazione. GoT ha provocato (anche con l’originale serie di libri di George Martin, ma più ancora con la serie TV) dibattiti filosofici. In Game of Thrones vi sono aspetti connessi strettamente alla cultura e alla geopolitica popolare. L’aspetto che intendo indagare in particolare è il cambio di statuto, iconografia, filosofia e cornice geopolitica nel passaggio dal fantasy tradizionale, che nel campo delle serie TV si può identificare per esempio ne La spada della verità (Legend of the Seeker), ad un fantasy 2.0 o di rottura come Game of Thrones. Tuttavia, va ricordato che GoT è un progetto cross-mediale: in questo articolo farò riferimento soprattutto alla serie TV, ma non si può dimenticare che prima di questo Il trono di spade è una saga ancora non conclusa di romanzi, attualmente composta da 6 ponderosi volumi americani, suddivisi in molti più libri nella traduzione italiana. Quindi, poiché Il trono di spade nasce come romanzo, non può non fare i conti con il vero capostipite del romanzo fantasy mondiale, che è, volenti o nolenti, Il signore degli anelli di Tolkien. Attraverso l’analisi di quattro aspetti cardine, mostrerò come GoT distrugga la maggior parte degli stereotipi del fantasy tolkieniano, che possiamo ancora riscontrare sia in un epigono come La spada della verità (restando al campo delle serie TV) sia nella recente trilogia cinematografica de Il signore degli anelli. Il mio obiettivo è evidenziare il legame tra la “filosofia” di Martin e il piano geopolitico: in che modo la geopolitica post 11 settembre è rispecchiata nei libri e nella serie TV? I quattro aspetti che intendo approfondire e che costituiranno i paragrafi del mio testo sono: 1) Cartografia. Un mondo fantasy tradizionale è una “scopiazzatura” dell’Europa medievale, con i suoi topoi (la foresta stregata, la montagna inaccessibile, ecc.). Tolkien per esempio descrive la sua Terra di Mezzo come se fosse l’Europa continentale, con la Contea che è l’Inghilterra, Gondor che coincide con la Roma imperiale, il pericolo comunista sovietico ad est, e così via. Martin invece deforma non più soltanto l’Europa, ma – con sguardo ben più cosmopolita – include nella sua rappresentazione elementi provenienti da tutto il mondo: non solo dall’Europa (Approdo del Re per esempio sembra ancora una volta la Roma imperiale ma corrotta da intrighi rinascimentali che ricordano un’altra serie TV della HBO, I Borgia), ma anche dall’Asia e dall’Africa (i nomadi Dothraki ricordano i Mongoli, le sabbie di Dorne rammentano la tradizione nord-africana), così come da altre terre. Nel fantasy 2.0 di Martin c’è più spazio per la “diversità” e per la non-Europa. Questo tema ritorna anche nel linguaggio e nelle varie “parlate” tipiche dei diversi popoli. Anche sul piano linguistico, infatti, il confronto con Tolkien (che era prima di tutto un glottologo) costringe Martin a un ripensamento dello standard. L’uso dell’antico inglese per esempio è di particolare interesse. 2) Confini. Mentre nel fantasy classico i confini sono legati ai topoi dell’epica (es. la foresta stregata) e sono sempre valicabili con atti di coraggio, in GoT un elemento fondamentale è la tecnologia: alcuni confini sono superabili solo dai più scaltri o tecnologicamente avanzati (vedi i Dothraki che temono l’uso delle navi). Non esistono più solo confini naturali, ma alcuni sono fin troppo “politici”, imposti: vedi la Barriera, che sembra escludere dalla “civiltà occidentale” gli autoctoni, i Bruti (novelli indiani americani?). 3) Bene/male. Il fantasy classico è manicheista, distingue nettamente i buoni dai cattivi, e non ci sono dubbi. Ci può essere spazio per qualche redenzione, magari guidata dalla Provvidenza divina, ma in generale è chiaro sin da subito da che lato stia il bene e la giustizia. Nel fantasy di Martin non è più così, ed è a mio avviso una chiara influenza dell’11 settembre e dell’incertezza esistenziale che avvolge tutti. La “serpe in seno” è quasi inevitabile, si veda Theon Greyjoy tanto per dirne uno. Il nemico può essere ovunque. Inoltre, ogni personaggio è tratteggiato in toni di grigio, come da circa un decennio a questa parte ci insegna la geopolitica popolare (vedi le nuove iterazioni di James Bond, i Sopranos, ecc.). Questo però è un elemento fondamentalmente nuovo nel fantasy, che fino a ora era sempre stato l’idealizzazione epica, talvolta estremizzata, della vittoria suprema e ontologica del bene. Oggi il fantasy non sa più neanche riconoscere il bene. Vi sono mille ruoli ambigui e sfumati: Cersei non è semplicemente la strega cattiva, ma una donna indurita da un mondo eteronormato; Stannis è tutt’altro che il re giusto che vorrebbe apparire, dati gli accordi che stringe con una sacerdotessa che pratica oscuri riti di sangue; la stessa Arya (spoiler alert!) non è più la bambina buona ma ribelle che compare nei primi episodi, ma si trasformerà in modo inatteso. 4) Corpi. Martin sovverte molti stereotipi tradizionali. Il nesso bello=buono decade quando i più esteticamente perfetti (Cersei e Jaime, per esempio) si rivelano i più perfidi, almeno inizialmente. Jaime inizia un percorso di redenzione, paradossalmente, quando perde la sua bellezza e viene mutilato. Tyrion è il nano deforme che però, ben diversamente dai nani o dagli sfregiati di Tolkien, risulta tra i più “onesti” e furbi protagonisti della saga, forse l’unico suo vero eroe. Questo è un mutamento radicale rispetto alla classica rappresentazione dell’eroe bello e forte, da Omero in poi. Anche qui le motivazioni sono in parte geopolitiche: il modello eroico di oggi è ancora il supereroe nazionalista e salvatore della patria (à la Capitan America)? La risposta di Martin è decisamente negativa.
2014
Settore M-GGR/01 - Geografia
Picone, M. (2014). Il trono di spade. Geopolitica e ombra del potere nel fantasy.. In F. Amato, E. dell'Agnese (a cura di), Schermi americani. Geografia e geopolitica degli Stati Uniti nelle serie televisive. (pp. 27-38). Milano : Unicopli.
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