La valutazione dello stato di conservazione di biodiversità, funzioni e servizi degli ecosistemi di acque interne e la stima della loro vulnerabilità ai cambiamenti climatici sono affrontate considerando tipologie omogenee di ecosistemi acquatici, alla scala integrata del bacino idrografico e della zona di transizione adiacente. Gli ecosistemi acquatici sono ripartiti, secondo uno schema tradizionale, in: bacini fluviali, laghi, zone umide e acque lentiche85 di piccole dimensioni, ecosistemi dipendenti dalle acque sotterranee (Groundwater Dependent Ecosystems - GDE) e ambienti di transizione a mare. I bacini fluviali e i laghi sono inoltre analizzati nel contesto della regione geografica cui appartengono, assumendo che vi siano associate diverse pressioni e minacce derivanti dai cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici hanno effetti diretti sulla fenologia e sulla distribuzione delle specie che si manifestano in seguito a modificazioni della durata delle fasi di crescita, anticipazione o ritardo nelle migrazioni, sfasamento dei cicli vitali di predatore e preda, e migrazione verso nord e verso monte delle specie sensibili all’aumento di temperatura. Negli ecosistemi acquatici queste perturbazioni sono causate non solo dall’aumento della temperatura, ma anche dalle variazioni del regime idrologico e delle proprietà fisiche delle masse d’acqua. Tra gli ecosistemi a maggiore vulnerabilità si annoverano le acque lentiche di piccole dimensioni, i GDE e i laghi d’alta quota, e i corsi d’acqua appenninici e delle isole maggiori, sui quali già insistono pressioni importanti per l’elevato tasso di sfruttamento del territorio e delle risorse idriche. La vulnerabilità dei grandi corsi d’acqua dipende dall’interazione tra le pressioni locali (uso del suolo, urbanizzazione, alterazioni idro-morfologiche), le variazioni del regime idrologico e la gestione delle risorse idriche. Attualmente si segnalano problemi legati al dissesto idromorfologico dei corsi d’acqua, al deflusso residuo a valle delle derivazioni idriche, alle variazioni improvvise e intense delle portate dovute all’esercizio delle centrali idroelettriche (hydropeaking), all’inquinamento delle acque, alla perdita di specie indigene e alla crescente diffusione di specie aliene. Queste situazioni potrebbero essere amplificate dalle variazioni del regime idrologico indotte dai cambiamenti climatici. I grandi laghi subalpini profondi sono regolati e costituiscono la più importante riserva di acqua dolce in Italia. Negli ultimi decenni si sono osservate condizioni critiche per il bilancio termico e la conseguente stratificazione della colonna d’acqua: l’aumento della temperatura atmosferica ha già causato una notevole riduzione della frequenza del rimescolamento delle intere masse d’acqua (oligomissi) e potrebbe portare a un rimescolamento limitato ai soli strati superficiali (meromissi). Le condizioni di meromissi sono in genere accompagnate dall’esaurimento dell’ossigeno disciolto nelle acque di fondo e da notevoli alterazioni della composizione delle comunità lacustri. Nel lungo termine, la diminuzione degli apporti nivali e glaciali e l’aumento dei prelievi potrebbero determinare oscillazioni del livello idrico con gravi impatti anche sulle zone litoranee di basso fondale. Condizioni di particolare vulnerabilità sono previste per i laghi dell’Italia centrale, in particolare per quelli poco profondi come il Lago Trasimeno, nei quali si stanno verificando l’interramento delle zone litoranee, l’aumento delle concentrazioni dei soluti e il riscaldamento delle acque. Nei laghi artificiali dell’Italia meridionale e delle isole, la diminuzione delle precipitazioni e l’aumento della temperatura, combinate con un maggiore consumo idrico, potrebbero accentuare le variazioni di livello, favorendo così il peggioramento della qualità delle acque e l’affermazione di specie invasive e di cianobatteri tossici. Le acque di transizione (foci fluviali e lagune costiere) sono esposte alle variazioni del regime idrologico dei bacini di monte, all’innalzamento del livello marino e all’aumento della temperatura. Trattandosi di sistemi a bassa profondità, sono attesi effetti particolarmente marcati nelle comunità bentoniche, con comparsa di fioriture di macroalghe, microalghe tossiche e cianobatteri e scomparsa delle specie animali maggiormente sensibili. Le opere di difesa idraulica a protezione dei centri abitati e delle zone agricole subsidenti potrebbero fare aumentare il confinamento delle aree lagunari interne, con rischi crescenti di stagnazione e anossia delle acque, condizioni che comportano la perdita di specie sensibili al tenore di ossigeno e alla temperatura. Complessivamente, si ritiene che le tendenze evolutive degli ecosistemi lagunari possano essere sfavorevoli per le specie native a vantaggio di quelle esotiche, con possibili impatti anche sulle attività di pesca e acquacoltura. Nelle foci fluviali, nei periodi di secca si potrà verificare la risalita del cuneo salino, un fenomeno che si è già manifestato in modo significativo in anni particolarmente siccitosi, ad esempio dal 2003 al 2007. Nella maggior parte degli ambienti acquatici considerati, al crescere della temperatura e della durata della stagnazione delle masse idriche potranno aumentare il metabolismo microbico e l’eterotrofia, con possibili retroazioni sulle emissioni di gas clima-alteranti (CO2, N2O e CH4).
Viaroli, P., Basset, A., Bartoli, M., Cantonati, M., Ciampittiello, M., Fontaneto, D., et al. (2014). Ecosistemi di acque interne e di transizione. In S. Castellari, S. Venturini, A. Ballarin Denti, A. Bigano, M. Bindi, F. Bosello, et al. (a cura di), Rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche su impatti, vulnerabilita ed adattamento ai cambiamenti climatici in Italia (pp. 299-329). Roma : Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Ecosistemi di acque interne e di transizione
NASELLI FLORES, Luigi;
2014-01-01
Abstract
La valutazione dello stato di conservazione di biodiversità, funzioni e servizi degli ecosistemi di acque interne e la stima della loro vulnerabilità ai cambiamenti climatici sono affrontate considerando tipologie omogenee di ecosistemi acquatici, alla scala integrata del bacino idrografico e della zona di transizione adiacente. Gli ecosistemi acquatici sono ripartiti, secondo uno schema tradizionale, in: bacini fluviali, laghi, zone umide e acque lentiche85 di piccole dimensioni, ecosistemi dipendenti dalle acque sotterranee (Groundwater Dependent Ecosystems - GDE) e ambienti di transizione a mare. I bacini fluviali e i laghi sono inoltre analizzati nel contesto della regione geografica cui appartengono, assumendo che vi siano associate diverse pressioni e minacce derivanti dai cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici hanno effetti diretti sulla fenologia e sulla distribuzione delle specie che si manifestano in seguito a modificazioni della durata delle fasi di crescita, anticipazione o ritardo nelle migrazioni, sfasamento dei cicli vitali di predatore e preda, e migrazione verso nord e verso monte delle specie sensibili all’aumento di temperatura. Negli ecosistemi acquatici queste perturbazioni sono causate non solo dall’aumento della temperatura, ma anche dalle variazioni del regime idrologico e delle proprietà fisiche delle masse d’acqua. Tra gli ecosistemi a maggiore vulnerabilità si annoverano le acque lentiche di piccole dimensioni, i GDE e i laghi d’alta quota, e i corsi d’acqua appenninici e delle isole maggiori, sui quali già insistono pressioni importanti per l’elevato tasso di sfruttamento del territorio e delle risorse idriche. La vulnerabilità dei grandi corsi d’acqua dipende dall’interazione tra le pressioni locali (uso del suolo, urbanizzazione, alterazioni idro-morfologiche), le variazioni del regime idrologico e la gestione delle risorse idriche. Attualmente si segnalano problemi legati al dissesto idromorfologico dei corsi d’acqua, al deflusso residuo a valle delle derivazioni idriche, alle variazioni improvvise e intense delle portate dovute all’esercizio delle centrali idroelettriche (hydropeaking), all’inquinamento delle acque, alla perdita di specie indigene e alla crescente diffusione di specie aliene. Queste situazioni potrebbero essere amplificate dalle variazioni del regime idrologico indotte dai cambiamenti climatici. I grandi laghi subalpini profondi sono regolati e costituiscono la più importante riserva di acqua dolce in Italia. Negli ultimi decenni si sono osservate condizioni critiche per il bilancio termico e la conseguente stratificazione della colonna d’acqua: l’aumento della temperatura atmosferica ha già causato una notevole riduzione della frequenza del rimescolamento delle intere masse d’acqua (oligomissi) e potrebbe portare a un rimescolamento limitato ai soli strati superficiali (meromissi). Le condizioni di meromissi sono in genere accompagnate dall’esaurimento dell’ossigeno disciolto nelle acque di fondo e da notevoli alterazioni della composizione delle comunità lacustri. Nel lungo termine, la diminuzione degli apporti nivali e glaciali e l’aumento dei prelievi potrebbero determinare oscillazioni del livello idrico con gravi impatti anche sulle zone litoranee di basso fondale. Condizioni di particolare vulnerabilità sono previste per i laghi dell’Italia centrale, in particolare per quelli poco profondi come il Lago Trasimeno, nei quali si stanno verificando l’interramento delle zone litoranee, l’aumento delle concentrazioni dei soluti e il riscaldamento delle acque. Nei laghi artificiali dell’Italia meridionale e delle isole, la diminuzione delle precipitazioni e l’aumento della temperatura, combinate con un maggiore consumo idrico, potrebbero accentuare le variazioni di livello, favorendo così il peggioramento della qualità delle acque e l’affermazione di specie invasive e di cianobatteri tossici. Le acque di transizione (foci fluviali e lagune costiere) sono esposte alle variazioni del regime idrologico dei bacini di monte, all’innalzamento del livello marino e all’aumento della temperatura. Trattandosi di sistemi a bassa profondità, sono attesi effetti particolarmente marcati nelle comunità bentoniche, con comparsa di fioriture di macroalghe, microalghe tossiche e cianobatteri e scomparsa delle specie animali maggiormente sensibili. Le opere di difesa idraulica a protezione dei centri abitati e delle zone agricole subsidenti potrebbero fare aumentare il confinamento delle aree lagunari interne, con rischi crescenti di stagnazione e anossia delle acque, condizioni che comportano la perdita di specie sensibili al tenore di ossigeno e alla temperatura. Complessivamente, si ritiene che le tendenze evolutive degli ecosistemi lagunari possano essere sfavorevoli per le specie native a vantaggio di quelle esotiche, con possibili impatti anche sulle attività di pesca e acquacoltura. Nelle foci fluviali, nei periodi di secca si potrà verificare la risalita del cuneo salino, un fenomeno che si è già manifestato in modo significativo in anni particolarmente siccitosi, ad esempio dal 2003 al 2007. Nella maggior parte degli ambienti acquatici considerati, al crescere della temperatura e della durata della stagnazione delle masse idriche potranno aumentare il metabolismo microbico e l’eterotrofia, con possibili retroazioni sulle emissioni di gas clima-alteranti (CO2, N2O e CH4).File | Dimensione | Formato | |
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