Alla fine degli anni Ottanta emergono parallelamente due fenomeni: alla << crisi della storia dell'arte come rappresentazione dell'arte >> [Belting, 1983] – ossia alla crisi del modello narrativo occidentale, costruito sul principio dell'evoluzione stilistica – si affiancò infatti un crescente interesse per la storia delle esposizioni e per le fenomenologie dei format espositivi. Da una parte testi come quello di Bruce Altshuler The Avant-garde in Exhibitions. New Art in the 20t h century (1994); l'antologia curata da Reesa Greenberg, Bruce W. Ferguson e Sandy Nairn Thinking about Exhibitions (1996); o ancora lo studio di Francis Haskell The Ephemeral Museum. Old Master Paintings and the Rise of the Art Exhibition (2000), ognuno dei quali registra l'importanza crescente dei fenomeni espositivi nel dibattito storico-artistico. Dall'altra la messa in crisi del modernismo come narrazione dominante e l'apertura di nuovi campi discorsivi, tra i quali quello dei world art studies, concetto coniato da John Onians all'inizio degli anni Novanta, come evidenza di una tensione alla produzione di ulteriori modelli di analisi ed interpretazione per la storia dell'arte. Un'operazione non indifferente al dibattito sollevato da mostre come Primitivism in 20th century art (MoMA, 1984) e Magiciens de la Terre (Centre Pompidou, 1989). Partendo da queste premesse, l'articolo propone una riflessione sul rapporto tra storia dell'arte e storia delle esposizioni così come si è venuto delineando a partire dal periodo indicato, e con una particolare attenzione per le implicazioni che il concetto stesso di esposizione è venuto acquisendo.
Gulia, M. (2014). Lo 'spazio' della storia: storia dell'arte e storia delle esposizioni a confronto. ROOTS§ROUTES, 4(3).
Lo 'spazio' della storia: storia dell'arte e storia delle esposizioni a confronto.
GULIA, Michela
2014-01-01
Abstract
Alla fine degli anni Ottanta emergono parallelamente due fenomeni: alla << crisi della storia dell'arte come rappresentazione dell'arte >> [Belting, 1983] – ossia alla crisi del modello narrativo occidentale, costruito sul principio dell'evoluzione stilistica – si affiancò infatti un crescente interesse per la storia delle esposizioni e per le fenomenologie dei format espositivi. Da una parte testi come quello di Bruce Altshuler The Avant-garde in Exhibitions. New Art in the 20t h century (1994); l'antologia curata da Reesa Greenberg, Bruce W. Ferguson e Sandy Nairn Thinking about Exhibitions (1996); o ancora lo studio di Francis Haskell The Ephemeral Museum. Old Master Paintings and the Rise of the Art Exhibition (2000), ognuno dei quali registra l'importanza crescente dei fenomeni espositivi nel dibattito storico-artistico. Dall'altra la messa in crisi del modernismo come narrazione dominante e l'apertura di nuovi campi discorsivi, tra i quali quello dei world art studies, concetto coniato da John Onians all'inizio degli anni Novanta, come evidenza di una tensione alla produzione di ulteriori modelli di analisi ed interpretazione per la storia dell'arte. Un'operazione non indifferente al dibattito sollevato da mostre come Primitivism in 20th century art (MoMA, 1984) e Magiciens de la Terre (Centre Pompidou, 1989). Partendo da queste premesse, l'articolo propone una riflessione sul rapporto tra storia dell'arte e storia delle esposizioni così come si è venuto delineando a partire dal periodo indicato, e con una particolare attenzione per le implicazioni che il concetto stesso di esposizione è venuto acquisendo.File | Dimensione | Formato | |
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