Nel dibattito contemporaneo, tanto a livello scientifico che nella pubblicistica, il concetto di flessibilità, al pari di quello di globalizzazione, designa tanto una discontinuità, sino al punto di definire un mutamento di paradigma del capitalismo , quanto un termine dalla forte valenza normativa, che indica una direzione verso la quale si deve andare per mirare alle magnifiche sorti e progressive dello sviluppo economico e sociale, nonché verso nuove frontiere di libertà per uomini e donne, nuove opportunità di vita, nuove identità. Il nostro lavoro sottopone a critica entrambe le determinazioni associate al concetto di flessibilità, in primo luogo mostrando come il capitalismo, nel suo percorso storico, abbia già fatto uso di varie forme di flessibilità, la quale è associata a questo modo di produzione fin dalle origini; in secondo luogo, evidenziando il nesso esistente tra sviluppi del capitalismo globale, finanziarizzazione dell’economia e diffusione del lavoro flessibile; in terzo luogo, sottolineando come la valenza normativa di questo concetto sia solo un corollario della vulgata ideologica neoliberista, come appare evidente alla luce del fatto che la flessibilità, o la mobilità del lavoro, vengano sottoposte, in tutto il mondo, a continue, e sempre più forti, forme di controllo quando camminano sulle gambe di uomini e donne migranti. Inoltre, proprio in virtù di quest’ultima considerazione, si vuole indagare la relazione tra flessibilità e migrazioni internazionali nella globalizzazione, partendo dal presupposto che i migranti e le migranti costituiscano gli ideal-tipi della forza-lavoro flessibile, seppur da disciplinare, sempre tanto agognata dal capitalismo.
PIRRONE MA (2007). LA FLESSIBILITA'. MA DI CHE PARLIAMO?. In GRASSO M. (a cura di), MIGRANTI TRA FLESSIBILITA' E POSSIBILITA'. OCCUPAZIONE, INTEGRAZIONE E RELAZIONI FAMILIARI IN SICILIA (pp. 47-65). ROMA : CAROCCI.
LA FLESSIBILITA'. MA DI CHE PARLIAMO?
PIRRONE, Marco Antonio
2007-01-01
Abstract
Nel dibattito contemporaneo, tanto a livello scientifico che nella pubblicistica, il concetto di flessibilità, al pari di quello di globalizzazione, designa tanto una discontinuità, sino al punto di definire un mutamento di paradigma del capitalismo , quanto un termine dalla forte valenza normativa, che indica una direzione verso la quale si deve andare per mirare alle magnifiche sorti e progressive dello sviluppo economico e sociale, nonché verso nuove frontiere di libertà per uomini e donne, nuove opportunità di vita, nuove identità. Il nostro lavoro sottopone a critica entrambe le determinazioni associate al concetto di flessibilità, in primo luogo mostrando come il capitalismo, nel suo percorso storico, abbia già fatto uso di varie forme di flessibilità, la quale è associata a questo modo di produzione fin dalle origini; in secondo luogo, evidenziando il nesso esistente tra sviluppi del capitalismo globale, finanziarizzazione dell’economia e diffusione del lavoro flessibile; in terzo luogo, sottolineando come la valenza normativa di questo concetto sia solo un corollario della vulgata ideologica neoliberista, come appare evidente alla luce del fatto che la flessibilità, o la mobilità del lavoro, vengano sottoposte, in tutto il mondo, a continue, e sempre più forti, forme di controllo quando camminano sulle gambe di uomini e donne migranti. Inoltre, proprio in virtù di quest’ultima considerazione, si vuole indagare la relazione tra flessibilità e migrazioni internazionali nella globalizzazione, partendo dal presupposto che i migranti e le migranti costituiscano gli ideal-tipi della forza-lavoro flessibile, seppur da disciplinare, sempre tanto agognata dal capitalismo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.