Le periferie urbane sono paesaggi liminali, spazi in transizione, carichi di ambiguità e problematicità e allo stesso tempo di condizioni di possibilità e latenza ma esse sono, innanzitutto, luoghi il cui “modello” di crescita e trasformazione non è più sostenibile. Non lo è perché consuma suolo in modo irrazionale e non lo è perché impone una spesa di risorse pubbliche oggi non più disponibili. Negli anni la rendita spinta dalla crescita dei valori immobiliari ha trasformato queste aree a costi ampiamente competitivi rispetto a quelli del centro, ma insieme ad essa ed alla mancanza di efficacia degli strumenti urbanistici di regolarne trasformazioni e consumo del suolo, a trasformare le periferie sono stati anche i nuovi “desideri” dell’abitare che hanno generato una sommatoria incontrollata di villette unifamiliari e un’espansione della città indefinita e priva di qualità. Proprio a partire dalla comprensione delle dinamiche che hanno generato le periferie urbane, oggi esse appaiono come i luoghi in cui si giocano le sfide più attuali della sostenibilità e dei nuovi paradigmi della decrescita, del riuso e del riciclo urbano: le sfide del controllo del consumo del suolo, del contenimento della pressione sulle aree agricole, dei consumi energetici determinati dai modelli insediativi e dai sistemi della mobilità, i temi della sicurezza e della equità sociale, le sfide di nuovi modelli insediativi e di nuove forme dell’abitare sociale. Molte città hanno capito che per “risollevarsi” dalla crisi è necessario ripartire ripensando il ruolo delle proprie aree periferiche e investendo nel riuso di spazi ormai privati del loro ruolo originario, per densificare la città in termini di nuovo “senso”, nuove funzioni e nuovi spazi tanto alla microscala che alla scala del complessivo funzionamento del sistema urbano. Si pensi all’esperienza esemplare di Detroit, o alle numerose pratiche di riuso e retroffitting o di riassetto in chiave sostenibile della mobilità, o ancora, alla scala metropolitana, ai tentativi di redistribuzione dei centri in forme reticolari, o di ripensamento dei rapporti con la dimensione peri-urbana e rurale. Addensare e poli-centralizzare per ridurre la dispersione, per non continuare ad espandere la città ma riciclarla all’interno sono le nuove chiavi attraverso cui guardare al progetto di trasformazione delle periferie e attraverso questa prospettiva il contributo analizza i potenziali trasformativi che possono concorrere alla definizione operativa di un nuovo paradigma di sviluppo ispirato alle tre R, Riduci/Riusa/Ricicla, analizzando in che modo, rispetto ad esso, le periferie possano offrirsi come prezioso laboratorio di sperimentazione.

Lino, B. (2013). Riciclare Periferie. PLANUM, 2, 1-5.

Riciclare Periferie

LINO, Barbara
2013-01-01

Abstract

Le periferie urbane sono paesaggi liminali, spazi in transizione, carichi di ambiguità e problematicità e allo stesso tempo di condizioni di possibilità e latenza ma esse sono, innanzitutto, luoghi il cui “modello” di crescita e trasformazione non è più sostenibile. Non lo è perché consuma suolo in modo irrazionale e non lo è perché impone una spesa di risorse pubbliche oggi non più disponibili. Negli anni la rendita spinta dalla crescita dei valori immobiliari ha trasformato queste aree a costi ampiamente competitivi rispetto a quelli del centro, ma insieme ad essa ed alla mancanza di efficacia degli strumenti urbanistici di regolarne trasformazioni e consumo del suolo, a trasformare le periferie sono stati anche i nuovi “desideri” dell’abitare che hanno generato una sommatoria incontrollata di villette unifamiliari e un’espansione della città indefinita e priva di qualità. Proprio a partire dalla comprensione delle dinamiche che hanno generato le periferie urbane, oggi esse appaiono come i luoghi in cui si giocano le sfide più attuali della sostenibilità e dei nuovi paradigmi della decrescita, del riuso e del riciclo urbano: le sfide del controllo del consumo del suolo, del contenimento della pressione sulle aree agricole, dei consumi energetici determinati dai modelli insediativi e dai sistemi della mobilità, i temi della sicurezza e della equità sociale, le sfide di nuovi modelli insediativi e di nuove forme dell’abitare sociale. Molte città hanno capito che per “risollevarsi” dalla crisi è necessario ripartire ripensando il ruolo delle proprie aree periferiche e investendo nel riuso di spazi ormai privati del loro ruolo originario, per densificare la città in termini di nuovo “senso”, nuove funzioni e nuovi spazi tanto alla microscala che alla scala del complessivo funzionamento del sistema urbano. Si pensi all’esperienza esemplare di Detroit, o alle numerose pratiche di riuso e retroffitting o di riassetto in chiave sostenibile della mobilità, o ancora, alla scala metropolitana, ai tentativi di redistribuzione dei centri in forme reticolari, o di ripensamento dei rapporti con la dimensione peri-urbana e rurale. Addensare e poli-centralizzare per ridurre la dispersione, per non continuare ad espandere la città ma riciclarla all’interno sono le nuove chiavi attraverso cui guardare al progetto di trasformazione delle periferie e attraverso questa prospettiva il contributo analizza i potenziali trasformativi che possono concorrere alla definizione operativa di un nuovo paradigma di sviluppo ispirato alle tre R, Riduci/Riusa/Ricicla, analizzando in che modo, rispetto ad esso, le periferie possano offrirsi come prezioso laboratorio di sperimentazione.
2013
Lino, B. (2013). Riciclare Periferie. PLANUM, 2, 1-5.
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