Guerra ai migranti. Neoliberismo e neoschiavitù nel XXI secolo

Guerra ai Migranti. Neoliberismo e neoschiavitù nel XXI secolo analyzes the structural link between contemporary migration governance, neoliberal capitalism, and the reorganization of global labor. Drawing on sociological theory, political economy, and critical migration studies, the book argues that the dominant narratives of “invasion,” “security,” and “cultural threat”—despite being regularly disproven by empirical data—serve as ideological devices that legitimize increasingly militarized borders and selective mobility regimes. These mechanisms produce differential inclusion, criminalization, and vulnerability among migrants, who are incorporated as hyper-precarized and disposable labor within the global order. By reconstructing the long genealogy of the “social construction of the migrant,” the volume shows how the production of both mobility and forced immobility is integral to capitalist accumulation, and how contemporary border regimes constitute a true border industrial complex entwined with racialized and postcolonial logics. The book also critically examines how migration studies and institutional knowledge have historically contributed to producing the figure of the “migrant” itself. Through classificatory systems, methodological nationalism, and the depoliticizing language of expertise, Chapter II shows how people who move become “migrants”: subjects defined less by their trajectories or experiences than by the needs of states, labor markets, and administrative control. This epistemic construction reinforces hierarchies of mobility and legitimizes the very apparatuses that govern, restrict, and discipline movement. The book ultimately exposes the emergence of a global “war on migrants,” revealing its role in sustaining neoliberal exploitation, reproducing class relations, and transforming migrants into essential yet subordinated figures of twenty-first-century neo-slavery

Guerra ai Migranti. Neoliberismo e neoschiavitù nel XXI secolo esamina il nesso strutturale tra governo delle migrazioni, capitalismo neoliberista e riorganizzazione globale del lavoro. Attraverso strumenti teorici e analitici della sociologia, dell’economia politica e dei critical migration studies, il volume mostra come le narrazioni dominanti dell’“invasione”, della “sicurezza” e della “minaccia culturale” — benché smentite dai dati — funzionino come dispositivi ideologici che legittimano confini sempre più militarizzati e regimi selettivi della mobilità. Questi dispositivi producono inclusione differenziale, criminalizzazione e vulnerabilità, inserendo i migranti come forza-lavoro iper-precarizzata e sacrificabile nell’ordine globale. Ricostruendo la genealogia della “costruzione sociale del migrante”, il libro evidenzia come la produzione di mobilità e di immobilità forzata sia intrinseca all’accumulazione capitalistica, e come gli attuali regimi di frontiera configurino un vero complesso industriale della frontiera, radicato in logiche razziali e postcoloniali. Il volume analizza inoltre, in modo critico, come la stessa “scienza delle migrazioni” e il sapere istituzionale abbiano contribuito storicamente a produrre la figura del “migrante”. Attraverso categorie amministrative, nazionalismo metodologico e un linguaggio tecnocratico che depoliticizza la mobilità, il Capitolo II mostra come chi si muove diventi “migrante”: una soggettività definita non dalle proprie esperienze ma dalle esigenze degli Stati, dei mercati del lavoro e dei dispositivi di controllo. Questa costruzione epistemica rafforza gerarchie di mobilità e legittima gli apparati che governano, limitano e disciplinano gli spostamenti. Il libro mostra infine l’emergere di una vera e propria “guerra ai migranti”, rivelandone il ruolo nel sostenere lo sfruttamento neoliberista, riprodurre rapporti di classe e trasformare i migranti in figure essenziali ma subordinate della neoschiavitù del XXI secolo.