Uno degli aspetti più controversi del culto della dea Cibele (Magna Mater Idaea) a Roma sono i suoi sacerdoti, i cosiddetti galli, famigerati per il rito che li legava eternamente alla dea: la (auto)castrazione. Numerose fonti letterarie (Lucilio, Sat., 7.280; Plinio, NH, 35.165; Marziale, Epigr., 3.81; Giovenale, Sat., 6.514) raccontano che l’evirazione veniva effettuata per mezzo della samia testa, la “terracotta di Samo” (presumibilmente in cocci taglienti) che, secondo quanto riportato da Plinio il Vecchio, era l’unico strumento in grado di prevenire “ulteriori” spiacevoli conseguenze alla menomazione autoinflitta. Tale convinzione sarebbe da ricondurre a specifiche proprietà attribuite dalla tradizione medica post-aristotelica a questa “terra di Samo”, spesso utilizzata per favorire la rapida rimarginazione di ferite e la guarigione da infezioni. Il presente studio si prefigge, in prima istanza, di analizzare il collegamento tra la samia testa e i riti cruenti dei galli, a partire dalle testimonianze letterarie. Alla luce dei passi sopra citati, si potrebbe ipotizzare che il nesso culturale (prima ancora che materiale) tra la “terracotta di Samo” e gli eunuchi di Cibele nella letteratura romana risalga già al III secolo a. C., come suggerirebbero due passi tratti da altrettante commedie plautine: Menecmi, 178 e Bacchidi, 199-202. In entrambi i contesti, il primo e più chiaro riferimento è alla fragilità della terracotta di Samo. Tanto le fonti scritte quanto quelle archeologiche, infatti, testimoniano come la ceramica samia fosse normalmente di scarso valore e principalmente destinata ad un uso quotidiano (Cic., Pro Mur., 75.10; Val. Max., 7.5.1.4). Nei due passi di Plauto qui menzionati la fragilità della ceramica samia è posta in relazione a due meretrici, rispettivamente Erozia e Bacchide. Si è ipotizzato che tale collegamento sottenda un doppio senso relativo non solo allo “scarso valore” tanto della terracotta di Samo quanto delle prostitute, ma anche alla loro comune provenienza geografica, dato che, sin dall’opera di Menandro, la “Samia” era, nel linguaggio comico, la prostituta per eccellenza. In questo studio, tuttavia, ci si chiede se non sia possibile proporre un’ulteriore chiave di lettura dei due passi, cioè se non possano questi nascondere anche un velato riferimento alla castrazione dei seguaci di Cibele. In seconda istanza, l’analisi di queste evidenze letterarie apre la strada a spunti di riflessione di natura prettamente archeologica. Ci si chiede, infatti, quale produzione ceramica possa essere identificata come samia testa e per quale ragione questa venga spesso associata all’atto dell’amputatio virilitatis presumibilmente praticato dai galli. Dovendo, infatti, escludere la cosiddetta terra sigillata – “samian ware” nella categorizzazione anglosassone – in quanto prodotta in Italia solo a partire dal I sec. a.C., è interessante indagare se autori come Plauto e Lucilio si riferissero ad un determinato tipo di testa o se, invece, si siano fatti meri portavoce di un modello letterario, cui solo successivamente si è cercato un riscontro nella realtà, a partire dall’opera enciclopedica di Plinio il Vecchio.

Salerno, Emilia (06-07 marzo 2025).La fragilità della virilità a Roma: i misteri della 'samia testa'.

La fragilità della virilità a Roma: i misteri della 'samia testa'

Salerno, Emilia

Abstract

Uno degli aspetti più controversi del culto della dea Cibele (Magna Mater Idaea) a Roma sono i suoi sacerdoti, i cosiddetti galli, famigerati per il rito che li legava eternamente alla dea: la (auto)castrazione. Numerose fonti letterarie (Lucilio, Sat., 7.280; Plinio, NH, 35.165; Marziale, Epigr., 3.81; Giovenale, Sat., 6.514) raccontano che l’evirazione veniva effettuata per mezzo della samia testa, la “terracotta di Samo” (presumibilmente in cocci taglienti) che, secondo quanto riportato da Plinio il Vecchio, era l’unico strumento in grado di prevenire “ulteriori” spiacevoli conseguenze alla menomazione autoinflitta. Tale convinzione sarebbe da ricondurre a specifiche proprietà attribuite dalla tradizione medica post-aristotelica a questa “terra di Samo”, spesso utilizzata per favorire la rapida rimarginazione di ferite e la guarigione da infezioni. Il presente studio si prefigge, in prima istanza, di analizzare il collegamento tra la samia testa e i riti cruenti dei galli, a partire dalle testimonianze letterarie. Alla luce dei passi sopra citati, si potrebbe ipotizzare che il nesso culturale (prima ancora che materiale) tra la “terracotta di Samo” e gli eunuchi di Cibele nella letteratura romana risalga già al III secolo a. C., come suggerirebbero due passi tratti da altrettante commedie plautine: Menecmi, 178 e Bacchidi, 199-202. In entrambi i contesti, il primo e più chiaro riferimento è alla fragilità della terracotta di Samo. Tanto le fonti scritte quanto quelle archeologiche, infatti, testimoniano come la ceramica samia fosse normalmente di scarso valore e principalmente destinata ad un uso quotidiano (Cic., Pro Mur., 75.10; Val. Max., 7.5.1.4). Nei due passi di Plauto qui menzionati la fragilità della ceramica samia è posta in relazione a due meretrici, rispettivamente Erozia e Bacchide. Si è ipotizzato che tale collegamento sottenda un doppio senso relativo non solo allo “scarso valore” tanto della terracotta di Samo quanto delle prostitute, ma anche alla loro comune provenienza geografica, dato che, sin dall’opera di Menandro, la “Samia” era, nel linguaggio comico, la prostituta per eccellenza. In questo studio, tuttavia, ci si chiede se non sia possibile proporre un’ulteriore chiave di lettura dei due passi, cioè se non possano questi nascondere anche un velato riferimento alla castrazione dei seguaci di Cibele. In seconda istanza, l’analisi di queste evidenze letterarie apre la strada a spunti di riflessione di natura prettamente archeologica. Ci si chiede, infatti, quale produzione ceramica possa essere identificata come samia testa e per quale ragione questa venga spesso associata all’atto dell’amputatio virilitatis presumibilmente praticato dai galli. Dovendo, infatti, escludere la cosiddetta terra sigillata – “samian ware” nella categorizzazione anglosassone – in quanto prodotta in Italia solo a partire dal I sec. a.C., è interessante indagare se autori come Plauto e Lucilio si riferissero ad un determinato tipo di testa o se, invece, si siano fatti meri portavoce di un modello letterario, cui solo successivamente si è cercato un riscontro nella realtà, a partire dall’opera enciclopedica di Plinio il Vecchio.
Samia testa; samian ware; terra sigillata; Galli; Cybele; castration
Salerno, Emilia (06-07 marzo 2025).La fragilità della virilità a Roma: i misteri della 'samia testa'.
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