Oltre quarant’anni fa Margherita De Simone sistematizzava le ville barocche palermitane in un abaco di forme e schemi tipologici e poneva a matrice del ciclo la bagherese villa Branciforti. Lungamente gravata da pregiudizi linguistici, giudicata idiomatica e vernacolare perché al di fuori delle accreditate linee guida del barocco italiano, ad impedirne la messa in valore, come per tanti brani di architettura del Seicento siciliano, sono stati l’assenza di studi documentati e di adeguati codici interpretativi. Questi gli orizzonti teorici da cui ha mosso il saggio, dedicato ad una tra le più antiche e maggiori ville bagheresi, fondata negli anni sessanta del Seicento da Giuseppe Branciforti conte di Raccuja. Lo studio traccia la storia della fabbrica attraverso il supporto archivistico e ne rivela la natura polisemica: masseria trasformata in villa; villa ed anche castello, che diventerà palazzo baronale e matrice di un borgo. Borgo destinato a diventare città. «O CORTE A DIO», era il verso, tratto dell’Erminia tra i pastori del Tasso, con cui Giuseppe blandiva il visitatore e lo accoglieva nel suo complesso, rendendolo parte di una finzione di cui lo stesso Conte fu regista e attore: la villa non era refugium, ma luogo di otium e di negotium, satellite della corte palermitana e strumento retorico con cui attuare un ambizioso progetto di autopromozione politico-dinastica. La ricerca è sull’architettura ma anche sugli attori (committente ed eredi, maestranze, capomastri ed artisti artigiani) e sui modelli di carta e di pietra adottati in sede progettuale ed evocativi di status aristocratico. Il libro passa in rassegna le diverse età dell’architettura, soffermandosi sulla fase seicentesca e sulla riforma avviata un secolo dopo, a stagione delle ville inoltrata, che restituì centralità alla piccola corte attraverso un intervento condotto a scala architettonica e urbana. Solo il canto del cigno di una fabbrica che nei decenni successivi sarà destinata al degrado e da cui, negli anni sessanta del Novecento, avrà inizio il sacco barocco della piana
Montana, S. (2010). "O corte a Dio". Prime architetture barocche a Bagheria: villa Branciforti Butera. Bagheria, Palermo : Plumelia edizioni.
"O corte a Dio". Prime architetture barocche a Bagheria: villa Branciforti Butera
MONTANA, Sabina
2010-01-01
Abstract
Oltre quarant’anni fa Margherita De Simone sistematizzava le ville barocche palermitane in un abaco di forme e schemi tipologici e poneva a matrice del ciclo la bagherese villa Branciforti. Lungamente gravata da pregiudizi linguistici, giudicata idiomatica e vernacolare perché al di fuori delle accreditate linee guida del barocco italiano, ad impedirne la messa in valore, come per tanti brani di architettura del Seicento siciliano, sono stati l’assenza di studi documentati e di adeguati codici interpretativi. Questi gli orizzonti teorici da cui ha mosso il saggio, dedicato ad una tra le più antiche e maggiori ville bagheresi, fondata negli anni sessanta del Seicento da Giuseppe Branciforti conte di Raccuja. Lo studio traccia la storia della fabbrica attraverso il supporto archivistico e ne rivela la natura polisemica: masseria trasformata in villa; villa ed anche castello, che diventerà palazzo baronale e matrice di un borgo. Borgo destinato a diventare città. «O CORTE A DIO», era il verso, tratto dell’Erminia tra i pastori del Tasso, con cui Giuseppe blandiva il visitatore e lo accoglieva nel suo complesso, rendendolo parte di una finzione di cui lo stesso Conte fu regista e attore: la villa non era refugium, ma luogo di otium e di negotium, satellite della corte palermitana e strumento retorico con cui attuare un ambizioso progetto di autopromozione politico-dinastica. La ricerca è sull’architettura ma anche sugli attori (committente ed eredi, maestranze, capomastri ed artisti artigiani) e sui modelli di carta e di pietra adottati in sede progettuale ed evocativi di status aristocratico. Il libro passa in rassegna le diverse età dell’architettura, soffermandosi sulla fase seicentesca e sulla riforma avviata un secolo dopo, a stagione delle ville inoltrata, che restituì centralità alla piccola corte attraverso un intervento condotto a scala architettonica e urbana. Solo il canto del cigno di una fabbrica che nei decenni successivi sarà destinata al degrado e da cui, negli anni sessanta del Novecento, avrà inizio il sacco barocco della pianaFile | Dimensione | Formato | |
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