La libertà associativa è certamente un diritto fondamentale per la migliore realizzazione degli interessi assistenziali, professionali, politici o anche solo conviviali di ogni cittadino, ma quali sono i suoi limiti e quale il difficile equilibrio tra gli interessi e gli scopi associativi e quelli dell’ordinamento giuridico generale: si è tentato in questo lavoro di dare qualche risposta attraverso l’analisi dell’esperienza giuridica romana, in primo luogo mirando ad una revisione dell’indirizzo dottrinale tradizionale che limita al solo periodo tardo-repubblicano la partecipazione dei collegia alla lotta politico-costituzionale. Seguendo, inoltre, alcuni possibili percorsi di circolazione dei principi elaborati nella materia associativa dal diritto romano, medievale e moderno, si è cercato di delineare gli elementi essenziali per un modello di responsabilità criminale dei collegia in grado di fare apprezzare la rilevanza autonoma delle condotte illecite riferibili ai collegia, nel loro complesso, rispetto ai comportamenti illeciti riferibili ai singoli sodales. Premessi, inoltre, brevi cenni alle problematiche connesse al noto principio «societas delinquere non potest», riferibile più in generale a tutti gli enti collettivi, all’esito della ricerca, si è proposto il conio di un ‘nuovo’ brocardo, collegium delinquere potest, come possibile sintetica e specifica rappresentazione (rispetto alle societates) della capacità a delinquere dei collegia romani adversus rem publicam, in relazione al mutevole contenuto che tale ultima locuzione (e quella connessa di utilitas civitatis) assume nel corso dell’esperienza storico-costituzionale romana.
Minasola Castrenze (2021). I collegia nell’antica Roma: sulle tracce di quella libertà associativa quae pactionem atque coniurationem aduersus rem publicam fecit. Roma : Aracne Editore.
I collegia nell’antica Roma: sulle tracce di quella libertà associativa quae pactionem atque coniurationem aduersus rem publicam fecit
Minasola Castrenze
2021-12-01
Abstract
La libertà associativa è certamente un diritto fondamentale per la migliore realizzazione degli interessi assistenziali, professionali, politici o anche solo conviviali di ogni cittadino, ma quali sono i suoi limiti e quale il difficile equilibrio tra gli interessi e gli scopi associativi e quelli dell’ordinamento giuridico generale: si è tentato in questo lavoro di dare qualche risposta attraverso l’analisi dell’esperienza giuridica romana, in primo luogo mirando ad una revisione dell’indirizzo dottrinale tradizionale che limita al solo periodo tardo-repubblicano la partecipazione dei collegia alla lotta politico-costituzionale. Seguendo, inoltre, alcuni possibili percorsi di circolazione dei principi elaborati nella materia associativa dal diritto romano, medievale e moderno, si è cercato di delineare gli elementi essenziali per un modello di responsabilità criminale dei collegia in grado di fare apprezzare la rilevanza autonoma delle condotte illecite riferibili ai collegia, nel loro complesso, rispetto ai comportamenti illeciti riferibili ai singoli sodales. Premessi, inoltre, brevi cenni alle problematiche connesse al noto principio «societas delinquere non potest», riferibile più in generale a tutti gli enti collettivi, all’esito della ricerca, si è proposto il conio di un ‘nuovo’ brocardo, collegium delinquere potest, come possibile sintetica e specifica rappresentazione (rispetto alle societates) della capacità a delinquere dei collegia romani adversus rem publicam, in relazione al mutevole contenuto che tale ultima locuzione (e quella connessa di utilitas civitatis) assume nel corso dell’esperienza storico-costituzionale romana.File | Dimensione | Formato | |
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