Come già Platone intuì con il mito di Protagora, la tecnica è figlia della finitezza. C’è tecnica, infatti, lì dove c’è bisogno di migliorare; ma lo stesso bisogno di migliorare è segno che non c’è ancora compimento. Nel crescente darsi da fare della tecnologia per strappare alla vita la sua imperfezione si nasconde così uno strano paradosso: lo scopo della tecnica non può che essere il proprio togliersi. Solo lì dove non ci sarà più tecnica, infatti, potrà esserci quella pienezza a cui l’uomo, tramite la tecnica, aspira. Ne consegue che il progresso qualitativo e quantitativo della tecnologia, lungi dall’avvicinarci gradualmente a un ultimo limite che sarà finalmente superato, è cifra di un’approssimazione che non può far altro che spostarlo, scontandone per ciò stesso la costitutiva insuperabilità. I saggi raccolti nel presente volume assumono questa insuperabilità in chiave etica e antropologica, con particolare riferimento ai problemi che oggi derivano dal progresso della scienza, dalle applicazioni della tecnologia (soprattutto medica), e dai processi di globalizzazione, su scala mondiale, dello stile di vita occidentale. Il Leitmotiv che guida le riflessioni proposte è la figura del limite riconosciuto, intendendo con questa formula il punto precario in cui libertà e responsabilità si incontrano, sia a livello individuale sia a livello sociale, dando luogo a un agire che fa dell’aidòs, l’antico ritegno di fronte alla tentazione della hybris, la cifra paradigmatica di un’etica per la civiltà della tecnica.
Luciano Sesta (2022). Aidòs. Percorsi di etica del limite. Palermo : Unipa Press.
Aidòs. Percorsi di etica del limite
Luciano Sesta
2022-01-01
Abstract
Come già Platone intuì con il mito di Protagora, la tecnica è figlia della finitezza. C’è tecnica, infatti, lì dove c’è bisogno di migliorare; ma lo stesso bisogno di migliorare è segno che non c’è ancora compimento. Nel crescente darsi da fare della tecnologia per strappare alla vita la sua imperfezione si nasconde così uno strano paradosso: lo scopo della tecnica non può che essere il proprio togliersi. Solo lì dove non ci sarà più tecnica, infatti, potrà esserci quella pienezza a cui l’uomo, tramite la tecnica, aspira. Ne consegue che il progresso qualitativo e quantitativo della tecnologia, lungi dall’avvicinarci gradualmente a un ultimo limite che sarà finalmente superato, è cifra di un’approssimazione che non può far altro che spostarlo, scontandone per ciò stesso la costitutiva insuperabilità. I saggi raccolti nel presente volume assumono questa insuperabilità in chiave etica e antropologica, con particolare riferimento ai problemi che oggi derivano dal progresso della scienza, dalle applicazioni della tecnologia (soprattutto medica), e dai processi di globalizzazione, su scala mondiale, dello stile di vita occidentale. Il Leitmotiv che guida le riflessioni proposte è la figura del limite riconosciuto, intendendo con questa formula il punto precario in cui libertà e responsabilità si incontrano, sia a livello individuale sia a livello sociale, dando luogo a un agire che fa dell’aidòs, l’antico ritegno di fronte alla tentazione della hybris, la cifra paradigmatica di un’etica per la civiltà della tecnica.File | Dimensione | Formato | |
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