Il saggio sviluppa delle riflessioni sociologiche circa i profondi cambiamenti che investono le dimensioni sociali dell’agire e l’elaborazione riflessiva delle esperienze della nostra vita, tentando di dare una risposta alla questione della gestione delle contraddizioni che caratterizzano i tratti inconciliabili dell’esistenza umana. Gli scenari di analisi sono quelli della nostra società attuale, la “società del rischio”, della “modernità fluida”, del post 11 settembre, del mondo sempre più interdipendente cresciuto nel contagioso entusiasmo del dinamismo economico e tecnologico, di un mondo glocally, la cui tensione generata dalla globalizzazione ha prodotto effetti sia sulla libertà che sulla sicurezza. Le sfere sociali e individuali sono sempre più distanti, e la loro distanza cresce nella disaffezione dell’inautenticità delle situazioni in cui l’individuo è costretto a vivere nei suoi spazi di socialità, siano essi il lavoro, la famiglia, la politica. Un’inautenticità della pluralizzazione che alberga in una società in cui l’individuo, messo di fronte all’incertezza di scegliere (di essere, di agire, di appartenere) tra molte opportunità, si trova a ridurre la complessità delle decisioni attraverso il conformarsi alle soluzioni socialmente determinate, che si presentano come più facili e più sicure. Ma anche più lontane dalle reali e soggettive aspirazioni, potenzialità, volontà. In questo scenario di rischi e di incertezze, ci chiediamo se la costruzione dell’identità dell’uomo avvenga con modelli che appartengono al passato, generando distorsioni nella delimitazione dei confini che riconoscono il “chi sono, dove sono, come questioni ontologiche di definizione dell’identità, lasciando spazio – per sostituzione – a risposte quali: chi non sono, dove non voglio essere, di cosa non voglio far parte. Non un processo di differenziazione, quanto risposte di negazione come strategie di presunta o illusoria emancipazione dai confini dell’identità. Proporsi di non voler essere o non voler fare come tutti gli altri comporta non tanto la conquista di un’identità libera e dai contenuti autonomi, quanto il pervenimento ad un’identità inautentica in quanto costruita per contrapposizione, per opposizione. Queste risposte non negano l’identità come costruzione “long life” ma che esplicitano condizioni di crescente inautenticità di appartenenze e di relazioni, contrapposte alla naturale definizione dell’identità, che prende forma rispetto al progetto di ciò che si vuol essere, in oscillazione tra passato e futuro, tra ciò che vogliamo accettare o negare, in uno scenario socio-culturale di relazioni, valori, simboli e modelli che riferiscono al “chi voglio essere” come interrogativo di fondo. Ma in una società in cui non si riconoscono i tradizionali riferimenti sociali, religiosi, istituzionali, c’è la certezza della perdita delle rassicurazioni identitarie che il mondo delle relazioni faccia-a-faccia offriva, ma soprattutto il rischio che l’individuo non definisca sé stesso, o che venga definito da situazioni nelle quali non ha libera scelta, ed è coinvolto in dimensioni in cui i principi che regolano le esperienze che vive sono frantumati. Così, la crescente inautenticità è un rischio per la costruzione dell’identità soggettiva se e in quanto conduce o all’assolutizzazione di modelli illusori imposti dall’esterno o verso la spersonalizzazione delle caratteristiche di appartenenza civile
FERRANTE L (2004). COMPLESSE TRANSIZIONI. RIFLESSIONI SULL'IDENTITA' INAUTENTICA. PALERMO : ILA PALMA.
COMPLESSE TRANSIZIONI. RIFLESSIONI SULL'IDENTITA' INAUTENTICA
FERRANTE, Lorenzo
2004-01-01
Abstract
Il saggio sviluppa delle riflessioni sociologiche circa i profondi cambiamenti che investono le dimensioni sociali dell’agire e l’elaborazione riflessiva delle esperienze della nostra vita, tentando di dare una risposta alla questione della gestione delle contraddizioni che caratterizzano i tratti inconciliabili dell’esistenza umana. Gli scenari di analisi sono quelli della nostra società attuale, la “società del rischio”, della “modernità fluida”, del post 11 settembre, del mondo sempre più interdipendente cresciuto nel contagioso entusiasmo del dinamismo economico e tecnologico, di un mondo glocally, la cui tensione generata dalla globalizzazione ha prodotto effetti sia sulla libertà che sulla sicurezza. Le sfere sociali e individuali sono sempre più distanti, e la loro distanza cresce nella disaffezione dell’inautenticità delle situazioni in cui l’individuo è costretto a vivere nei suoi spazi di socialità, siano essi il lavoro, la famiglia, la politica. Un’inautenticità della pluralizzazione che alberga in una società in cui l’individuo, messo di fronte all’incertezza di scegliere (di essere, di agire, di appartenere) tra molte opportunità, si trova a ridurre la complessità delle decisioni attraverso il conformarsi alle soluzioni socialmente determinate, che si presentano come più facili e più sicure. Ma anche più lontane dalle reali e soggettive aspirazioni, potenzialità, volontà. In questo scenario di rischi e di incertezze, ci chiediamo se la costruzione dell’identità dell’uomo avvenga con modelli che appartengono al passato, generando distorsioni nella delimitazione dei confini che riconoscono il “chi sono, dove sono, come questioni ontologiche di definizione dell’identità, lasciando spazio – per sostituzione – a risposte quali: chi non sono, dove non voglio essere, di cosa non voglio far parte. Non un processo di differenziazione, quanto risposte di negazione come strategie di presunta o illusoria emancipazione dai confini dell’identità. Proporsi di non voler essere o non voler fare come tutti gli altri comporta non tanto la conquista di un’identità libera e dai contenuti autonomi, quanto il pervenimento ad un’identità inautentica in quanto costruita per contrapposizione, per opposizione. Queste risposte non negano l’identità come costruzione “long life” ma che esplicitano condizioni di crescente inautenticità di appartenenze e di relazioni, contrapposte alla naturale definizione dell’identità, che prende forma rispetto al progetto di ciò che si vuol essere, in oscillazione tra passato e futuro, tra ciò che vogliamo accettare o negare, in uno scenario socio-culturale di relazioni, valori, simboli e modelli che riferiscono al “chi voglio essere” come interrogativo di fondo. Ma in una società in cui non si riconoscono i tradizionali riferimenti sociali, religiosi, istituzionali, c’è la certezza della perdita delle rassicurazioni identitarie che il mondo delle relazioni faccia-a-faccia offriva, ma soprattutto il rischio che l’individuo non definisca sé stesso, o che venga definito da situazioni nelle quali non ha libera scelta, ed è coinvolto in dimensioni in cui i principi che regolano le esperienze che vive sono frantumati. Così, la crescente inautenticità è un rischio per la costruzione dell’identità soggettiva se e in quanto conduce o all’assolutizzazione di modelli illusori imposti dall’esterno o verso la spersonalizzazione delle caratteristiche di appartenenza civileI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.