Nel lavoro si analizzano alcuni eventi in grado di illuminare dall’osservatorio siciliano il tema della politica occidentale di Atene. L’arco di tempo preso in esame è compreso tra il 491 a.C., tradizionalmente assegnato all’inizio della signoria di Gelone a Gela, e il 407/6 a.C. circa, anno nel quale avrebbe avuto termine la vicenda di Ermocrate. Si tratta di un periodo di poco meno di un secolo durante il quale Siracusa e Atene vivono profonde trasformazioni e sconvolgenti cambiamenti. La città siceliota, infatti, è protagonista di un progetto di longue durée, destinato a trasformare l’assetto politico della Sicilia greca da una realtà fatta di poleis ad uno stato territoriale, sottoposto alla giurisdizione di Siracusa. Atene, dal canto suo, dopo la vittoria sul Persiano era destinata a diventare capitale di un impero tentacolare con interessi proiettati verso Oriente e verso Occidente. Un potere egemonico che l’avrebbe portata allo scontro inevitabile con Sparta e al definitivo declino. Siracusa e Atene, destinate a scontrarsi più volte, sono in realtà due città molto simili, tanto da far supporre che quella homoiotropia, da Tucidide indicata come uno dei motivi che avevano favorito la vittoria di Siracusa su Atene nello scorcio del V secolo a.C., affondi le sue radici più lontane nei primi decenni del V secolo, nel momento in cui significativamente entrambe le poleis stanno iniziando a costruire il loro futuro di città votate all’impero. Una homoiotropia di cui si può forse cogliere una larvata presenza già in Erodoto. Potrebbero esserne una riprova: 1) i contatti tra il tiranno di Siracusa, Ierone, vincitore di Cuma e continuatore della politica tirrenica avviata da Ippocrate e Gelone, e Temistocle, vincitore di Salamina ma anche fautore di progetti di espansione ateniesi in Occidente, di cui parla la tradizione antica; 2) le testimonianze archeologiche che indicano un rallentamento nettissimo delle importazioni attiche in Etruria, soprattutto dopo il 480 a.C., e invece un aumento sensibile della circolazione della ceramica attica in Campania, in Sicilia e nell’area adriatica. La fine della tirannide in Sicilia, a metà degli anni ’60 del V secolo, la ritrovata libertà e autonomia, il recupero della ‘democrazia’, oltre a lasciare ampi spazi di movimento al risveglio dei Siculi, rischiava di dar vita ad un pericoloso frazionismo, che vanificava la cooperazione, particolarmente fattiva e creativa nel periodo tirannico, creava una situazione nuova che avrebbe richiamato l’interesse e anche l’interesse di potenze espansionistiche straniere. Era in primo luogo Siracusa a trarre maggiori vantaggi da questa convulsa situazione politica. Sconfitta e fortemente ridimensionata la potenza akragantina e ormai allo sbando il movimento Siculo, la città corinzia poteva recuperare l’egemonia sulle comunità e le terre dei Siculi in direzione della chora di Agrigento, assoggettando tutte le comunità sicule, imponendo dei tributi e dando vita ad un programma di potenziamento della flotta e delle truppe di terra, con l’intenzione di sottomettere a poco a poco tutta la Sicilia, Dal canto suo Atene, dopo l’ostracismo di Cimone, nel 461 a.C., era entrata in contrasto con Sparta e la lega Peloponnesiaca, e alleandosi con Argo, i Tessali e con Megara aveva creato una situazione di altissima tensione in tutta la Grecia centrale e soprattutto con Corinto e Aigina. Una situazione di tal genere rende poco credibile un interesse di tipo militare della città Attica verso l’Occidente. Saranno la pace di Callia e quella di poco successiva dei Trent’anni, a costituire la chiava di volta della politica occidentale di Atene, che a partire da questo momento non si limiterà a rendere sempre più attiva la sua presenza commerciale, a danno soprattutto di Corinto, ma darà vita anche ad importanti scelte politiche e militari, quali i trattati di symmachia con Regio e Leontini, presumibilmente nel 433/2, e con Segesta nel 418. Con ciò erano create le premesse dei due interventi militari in Sicilia, che avrebbero visto Atene soccombere di fronte alla reazione di Siracusa e alle arti politiche e diplomatiche di Ermocrate. In questo modo l’Occidente entrava prepotentemente nella guerra epocale tra Atene e Sparta. Un Occidente che, nella tradizione storiografica, appare come una realtà sempre incombente. Lo è per Sparta, nel momento in cui chiede ai suoi alleati di costruire navi e tenersi pronti. È costantemente nei pensieri di Atene, che aspira alle risorse dell’Occidente e teme che esse possano rafforzare gli avversari. È invece l’Occidente a guardare con minore attenzione alla madrepatria greca. Un filo rosso sembra infatti legare tutta la storia siciliana compresa tra la tirannide di Gelone e il momento di Ermocrate: il senso di appartenenza alla Grecità d’Occidente, precocemente sentita come altra. Già Gelone aveva impresso al nazionalismo siciliano un’impronta particolare, rivendicando l’autonomia siciliana in rapporto alla madrepatria greca, ponendo l’accento sulle differenze politiche tra Greci di Sicilia e Greci della penisola. Un ulteriore passo avanti si sarebbe realizzato circa mezzo secolo dopo, quando a Gela Ermocrate avrebbe dato vita ad un nuovo tentativo di coalizione pansiciliana ancora una volta tendente a sventare interferenze e ingerenze da parte della Grecità peninsulare. Questa volta però, accanto alla coscienza di una sicilianità che va oltre i confini delle singole poleis, si aggiungeva, più marcatamente che nell’età dei Dinomenidi, l’affermazione del ruolo egemonico di Siracusa. Da qui alla nascita dello stato territoriale, anticipatore dei regni ellenistici, voluto da Dionisio, complessa e, per certi aspetti, rivoluzionaria, personalità di statista, il passo sarebbe stato breve. Significativamente, segno dei tempi nuovi e delle grandi trasformazioni subite dal mondo greco, a Dionisio I di Siracusa guarderà una parte dell’Hellas come al possibile salvatore della Grecità. E questa volta non come subalterno delle potenze egemoni peninsulari, ma come protagonista assoluto. Proprio quel Dionisio a cui Ermocrate, sfruttando il pericolo punico e in parte ingigantendolo, aveva aperto le porte della tirannide.

ANELLO P (2007). La Sicilia da Gelone ad Ermocrate. In Atene e l'Occidente: i grandi temi (pp.211-238). ATENE : Scuola Archeologica Italiana.

La Sicilia da Gelone ad Ermocrate

ANELLO, Pietrina
2007-01-01

Abstract

Nel lavoro si analizzano alcuni eventi in grado di illuminare dall’osservatorio siciliano il tema della politica occidentale di Atene. L’arco di tempo preso in esame è compreso tra il 491 a.C., tradizionalmente assegnato all’inizio della signoria di Gelone a Gela, e il 407/6 a.C. circa, anno nel quale avrebbe avuto termine la vicenda di Ermocrate. Si tratta di un periodo di poco meno di un secolo durante il quale Siracusa e Atene vivono profonde trasformazioni e sconvolgenti cambiamenti. La città siceliota, infatti, è protagonista di un progetto di longue durée, destinato a trasformare l’assetto politico della Sicilia greca da una realtà fatta di poleis ad uno stato territoriale, sottoposto alla giurisdizione di Siracusa. Atene, dal canto suo, dopo la vittoria sul Persiano era destinata a diventare capitale di un impero tentacolare con interessi proiettati verso Oriente e verso Occidente. Un potere egemonico che l’avrebbe portata allo scontro inevitabile con Sparta e al definitivo declino. Siracusa e Atene, destinate a scontrarsi più volte, sono in realtà due città molto simili, tanto da far supporre che quella homoiotropia, da Tucidide indicata come uno dei motivi che avevano favorito la vittoria di Siracusa su Atene nello scorcio del V secolo a.C., affondi le sue radici più lontane nei primi decenni del V secolo, nel momento in cui significativamente entrambe le poleis stanno iniziando a costruire il loro futuro di città votate all’impero. Una homoiotropia di cui si può forse cogliere una larvata presenza già in Erodoto. Potrebbero esserne una riprova: 1) i contatti tra il tiranno di Siracusa, Ierone, vincitore di Cuma e continuatore della politica tirrenica avviata da Ippocrate e Gelone, e Temistocle, vincitore di Salamina ma anche fautore di progetti di espansione ateniesi in Occidente, di cui parla la tradizione antica; 2) le testimonianze archeologiche che indicano un rallentamento nettissimo delle importazioni attiche in Etruria, soprattutto dopo il 480 a.C., e invece un aumento sensibile della circolazione della ceramica attica in Campania, in Sicilia e nell’area adriatica. La fine della tirannide in Sicilia, a metà degli anni ’60 del V secolo, la ritrovata libertà e autonomia, il recupero della ‘democrazia’, oltre a lasciare ampi spazi di movimento al risveglio dei Siculi, rischiava di dar vita ad un pericoloso frazionismo, che vanificava la cooperazione, particolarmente fattiva e creativa nel periodo tirannico, creava una situazione nuova che avrebbe richiamato l’interesse e anche l’interesse di potenze espansionistiche straniere. Era in primo luogo Siracusa a trarre maggiori vantaggi da questa convulsa situazione politica. Sconfitta e fortemente ridimensionata la potenza akragantina e ormai allo sbando il movimento Siculo, la città corinzia poteva recuperare l’egemonia sulle comunità e le terre dei Siculi in direzione della chora di Agrigento, assoggettando tutte le comunità sicule, imponendo dei tributi e dando vita ad un programma di potenziamento della flotta e delle truppe di terra, con l’intenzione di sottomettere a poco a poco tutta la Sicilia, Dal canto suo Atene, dopo l’ostracismo di Cimone, nel 461 a.C., era entrata in contrasto con Sparta e la lega Peloponnesiaca, e alleandosi con Argo, i Tessali e con Megara aveva creato una situazione di altissima tensione in tutta la Grecia centrale e soprattutto con Corinto e Aigina. Una situazione di tal genere rende poco credibile un interesse di tipo militare della città Attica verso l’Occidente. Saranno la pace di Callia e quella di poco successiva dei Trent’anni, a costituire la chiava di volta della politica occidentale di Atene, che a partire da questo momento non si limiterà a rendere sempre più attiva la sua presenza commerciale, a danno soprattutto di Corinto, ma darà vita anche ad importanti scelte politiche e militari, quali i trattati di symmachia con Regio e Leontini, presumibilmente nel 433/2, e con Segesta nel 418. Con ciò erano create le premesse dei due interventi militari in Sicilia, che avrebbero visto Atene soccombere di fronte alla reazione di Siracusa e alle arti politiche e diplomatiche di Ermocrate. In questo modo l’Occidente entrava prepotentemente nella guerra epocale tra Atene e Sparta. Un Occidente che, nella tradizione storiografica, appare come una realtà sempre incombente. Lo è per Sparta, nel momento in cui chiede ai suoi alleati di costruire navi e tenersi pronti. È costantemente nei pensieri di Atene, che aspira alle risorse dell’Occidente e teme che esse possano rafforzare gli avversari. È invece l’Occidente a guardare con minore attenzione alla madrepatria greca. Un filo rosso sembra infatti legare tutta la storia siciliana compresa tra la tirannide di Gelone e il momento di Ermocrate: il senso di appartenenza alla Grecità d’Occidente, precocemente sentita come altra. Già Gelone aveva impresso al nazionalismo siciliano un’impronta particolare, rivendicando l’autonomia siciliana in rapporto alla madrepatria greca, ponendo l’accento sulle differenze politiche tra Greci di Sicilia e Greci della penisola. Un ulteriore passo avanti si sarebbe realizzato circa mezzo secolo dopo, quando a Gela Ermocrate avrebbe dato vita ad un nuovo tentativo di coalizione pansiciliana ancora una volta tendente a sventare interferenze e ingerenze da parte della Grecità peninsulare. Questa volta però, accanto alla coscienza di una sicilianità che va oltre i confini delle singole poleis, si aggiungeva, più marcatamente che nell’età dei Dinomenidi, l’affermazione del ruolo egemonico di Siracusa. Da qui alla nascita dello stato territoriale, anticipatore dei regni ellenistici, voluto da Dionisio, complessa e, per certi aspetti, rivoluzionaria, personalità di statista, il passo sarebbe stato breve. Significativamente, segno dei tempi nuovi e delle grandi trasformazioni subite dal mondo greco, a Dionisio I di Siracusa guarderà una parte dell’Hellas come al possibile salvatore della Grecità. E questa volta non come subalterno delle potenze egemoni peninsulari, ma come protagonista assoluto. Proprio quel Dionisio a cui Ermocrate, sfruttando il pericolo punico e in parte ingigantendolo, aveva aperto le porte della tirannide.
Atene e l'Occidente: i grandi temi
Atene
25-27 maggio 2006
2007
a cura di Emanuele Greco e Mario Lombardo
ANELLO P (2007). La Sicilia da Gelone ad Ermocrate. In Atene e l'Occidente: i grandi temi (pp.211-238). ATENE : Scuola Archeologica Italiana.
Proceedings (atti dei congressi)
ANELLO P
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