Dinanzi alla storia di Roma in età tardomedievale, dalla metà del Duecento in avanti, gli storici si sono interrogati sul suo grado di originalità, e in particolare sulla congruenza della sua evoluzione politica e istituzionale con quella di altri sistemi politici italiani, comunali o monarchici. Il problema delle aristocrazie si colloca all’interno di questo quadro. Questo contributo prova ad accertare fino a che punto gli schemi e i linguaggi adoperati, in ambito comunale o monarchico, per identificare il ceto superiore privilegiato venissero assunti all’interno della realtà romana, quanto venissero manipolati, e su quali altri parametri una nuova comparazione può essere impostata. L’indubbia specificità istituzionale della città, specie dopo la fine del libero comune alla fine del Trecento, sembra attribuire alle sue élites una caratterizzazione molto forte (da un lato il baronato, dall’altro una nobiltà municipale poco omogenea e molto condizionata dalla costruzione dello stato pontificio): se però si rinuncia a considerare quelli “comunale” e “monarchico” come modelli operativi, il caso romano rientra a pieno titolo in uno spazio - italiano e europeo – di processi di costruzione aristocratica sui quali la maturazione tardomedievale della complessità degli stati esercita un condizionamento decisivo.
MINEO, E. (2006). Nobiltà romana e nobiltà italiana, 1300-1500. Parallelismi e contrasti. In La nobiltà romana nel Medio Evo. A cura di Sandro Carocci (pp.43-70). ROMA : Ecole Française de Rome.
Nobiltà romana e nobiltà italiana, 1300-1500. Parallelismi e contrasti
MINEO, Ennio
2006-01-01
Abstract
Dinanzi alla storia di Roma in età tardomedievale, dalla metà del Duecento in avanti, gli storici si sono interrogati sul suo grado di originalità, e in particolare sulla congruenza della sua evoluzione politica e istituzionale con quella di altri sistemi politici italiani, comunali o monarchici. Il problema delle aristocrazie si colloca all’interno di questo quadro. Questo contributo prova ad accertare fino a che punto gli schemi e i linguaggi adoperati, in ambito comunale o monarchico, per identificare il ceto superiore privilegiato venissero assunti all’interno della realtà romana, quanto venissero manipolati, e su quali altri parametri una nuova comparazione può essere impostata. L’indubbia specificità istituzionale della città, specie dopo la fine del libero comune alla fine del Trecento, sembra attribuire alle sue élites una caratterizzazione molto forte (da un lato il baronato, dall’altro una nobiltà municipale poco omogenea e molto condizionata dalla costruzione dello stato pontificio): se però si rinuncia a considerare quelli “comunale” e “monarchico” come modelli operativi, il caso romano rientra a pieno titolo in uno spazio - italiano e europeo – di processi di costruzione aristocratica sui quali la maturazione tardomedievale della complessità degli stati esercita un condizionamento decisivo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.