EMMA VITALE (2007). L’arredo liturgico mediobizantino in Sicilia. Nota su un aspetto della ricristianizzazione in età normanna. In: CARRA R.M., VITALE E. A CURA DI. La cristianizzazione in Italia fra tardoantico altomedioevo. vol. II, p. 1343-1352, PALERMO:Carlo Saladino Editore, ISBN: 978-88-95346-08-3 Un gruppo di sculture di arredo architettonico conservate nei Musei siracusani “Paolo Orsi” e di Palazzo Bellomo presentano una serie di problemi di carattere storico ed interpretativo ancora non adeguatamente messi a fuoco nella loro complessità ed interezza, anche per via della scarsa attenzione a lungo tributata ai secoli della Tarda Antichità e del Medioevo siciliani, tradizionalmente offuscati dalle vestigia di epoca classica. Si tratta di pilastrini di iconostasi, di plutei, di un certo numero di colonnine monolitiche e di capitelli a stampella, in stato di conservazione più o meno buono. Il materiale è sia il marmo, sia il calcare locale. I pezzi, tutti decontestualizzati, provengono da rinvenimenti fortuiti nell’area urbana di Siracusa, da recuperi sottomarini, da riutilizzi in costruzioni più recenti. Giuseppe Agnello, che per primo ne curò la pubblicazione oltre cinquant’anni fa, ne attribuì la produzione ad ’“età bizantina” ((VI-IX secolo) evidenziandone il ruolo implicito di uniche testimonianze superstiti di quel ricco patrimonio architettonico senz’altro ipotizzabile per Siracusa capitale bizantina, ma inesorabilmente scomparso senza lasciare traccia alcuna. L’autorevolezza dello studioso non ha mancato di condizionare tutta la critica successiva, anche in considerazione di almeno tre fattori: 1) le dimensioni e la ricchezza dell’apparato decorativo, che ne rivelano l’originaria pertinenza ad edifici di rilievo; 2) l’impiego, nella maggior parte dei casi, di marmo importato; 3) il rinvenimento in aree urbane distanti dai pochi edifici di culto di età bizantina giunti fino a noi. Non si può certamente negare il ruolo di prestigio svolto dall’antica città siciliana non soltanto nei tre secoli successivi alla riconquista giustinianea, ma soprattutto con il trasferimento a Siracusa della corte di Costante II e con la costituzione del thema di Sicilia. Oggi, tuttavia, le conoscenze più vaste ed articolate raggiunte nel campo delle produzioni artistiche del Mediterraneo orientale nelle età proto, medio- e deuterobizantina da una parte, e i progressi compiuti dalla ricerca storiografica e dall’indagine archeologica sui secoli dell’altomedioevo siciliano dall’altra, sembrano – a nostro avviso - rendere meno “obbligatorio” riferire questi manufatti ai tre secoli del predominio politico di Costantinopoli, e comunque a un momento anteriore alla presa del potere da parte dell’Islam. Gli studi più recenti sugli arredi liturgici della Grecia e dell’Asia Minore hanno evidenziato la fioritura di una ricca produzione di manufatti che ebbero ampia circolazione in tutto il Mediterraneo fra la fine del IX e il XII secolo, e che presentano numerosi punti di contatto con i marmi siracusani sia dal punto di vista iconografico, che per la resa stilistica. Ipotizzare, d’altra parte, un contatto fra la Sicilia e l’area egeo-costantinopolitana nei secoli IX-XII implicherebbe ammettere l’esistenza, in piena età islamica, di una committenza cristiana - laica o ecclesiastica - attiva e di alto livello, in grado di finanziare e di imporre la realizzazione di edifici di culto monumentali (come indica la qualità delle sculture) e dunque l’occupazione di parte del tessuto urbano (e suburbano?) con la creazione o il potenziamento dello “spazio cristiano” della città. Nello specifico: un segno profondo e visibile della fede cristiana nel paesaggio urbano della Siracusa islamica. E anche se la continuità dei rapporti culturali fra la Sicilia araba e Costantinopoli, in cui giocarono un ruolo fondamentale i monasteri greci, è ormai un dato acquisito della ricerca storiografica, allo stato attuale l’evidenza archeologica relativa ai livelli di età islamica non è ancora in grado di fornire nessun dato certo a favore della continuità d’uso, né tantomeno, della costruzione di nuovi edifici di culto. Ci chiediamo, pertanto, se questa ripresa di tematiche bizantine non andrebbe meglio riferita all’età normanna, nel quadro di quell’opera di nuova cristianizzazione dell’Isola perseguita dai nuovi conquistatori. Ricristianizzazione che, come certa storiografia più recente sul Medioevo siciliano tende a rivalutare, sin dai tempi di Ruggero I incentivò la fondazione di monasteri greci in Sicilia e favorì l’insediamento di greci provenienti dalla Calabria, facendo perno sul legame mai del tutto interrotto con Bisanzio neppure nei secoli della dominazione musulmana grazie all’azione del clero rimasto nel territorio, sia pure sotto forme poco appariscenti. In questo contesto, riteniamo dunque che una revisione più approfondita di molto materiale, in passato definito sbrigativamente “bizantino”, non possa più essere rimandata oggi, quando l’archeologia e la storiografia stanno faticosamente cercando di meglio mettere a fuoco i molteplici, e ancora problematici, aspetti del Medioevo Siciliano.

VITALE, E. (2007). L’arredo liturgico mediobizantino in Sicilia. Nota su un aspetto della ricristianizzazione in età normanna.. In La cristianizzazione in Italia fra tardoantico e altomedioevo. Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (pp.1343-1352). PALERMO : Carlo Saladino editore.

L’arredo liturgico mediobizantino in Sicilia. Nota su un aspetto della ricristianizzazione in età normanna.

VITALE, Emma
2007-01-01

Abstract

EMMA VITALE (2007). L’arredo liturgico mediobizantino in Sicilia. Nota su un aspetto della ricristianizzazione in età normanna. In: CARRA R.M., VITALE E. A CURA DI. La cristianizzazione in Italia fra tardoantico altomedioevo. vol. II, p. 1343-1352, PALERMO:Carlo Saladino Editore, ISBN: 978-88-95346-08-3 Un gruppo di sculture di arredo architettonico conservate nei Musei siracusani “Paolo Orsi” e di Palazzo Bellomo presentano una serie di problemi di carattere storico ed interpretativo ancora non adeguatamente messi a fuoco nella loro complessità ed interezza, anche per via della scarsa attenzione a lungo tributata ai secoli della Tarda Antichità e del Medioevo siciliani, tradizionalmente offuscati dalle vestigia di epoca classica. Si tratta di pilastrini di iconostasi, di plutei, di un certo numero di colonnine monolitiche e di capitelli a stampella, in stato di conservazione più o meno buono. Il materiale è sia il marmo, sia il calcare locale. I pezzi, tutti decontestualizzati, provengono da rinvenimenti fortuiti nell’area urbana di Siracusa, da recuperi sottomarini, da riutilizzi in costruzioni più recenti. Giuseppe Agnello, che per primo ne curò la pubblicazione oltre cinquant’anni fa, ne attribuì la produzione ad ’“età bizantina” ((VI-IX secolo) evidenziandone il ruolo implicito di uniche testimonianze superstiti di quel ricco patrimonio architettonico senz’altro ipotizzabile per Siracusa capitale bizantina, ma inesorabilmente scomparso senza lasciare traccia alcuna. L’autorevolezza dello studioso non ha mancato di condizionare tutta la critica successiva, anche in considerazione di almeno tre fattori: 1) le dimensioni e la ricchezza dell’apparato decorativo, che ne rivelano l’originaria pertinenza ad edifici di rilievo; 2) l’impiego, nella maggior parte dei casi, di marmo importato; 3) il rinvenimento in aree urbane distanti dai pochi edifici di culto di età bizantina giunti fino a noi. Non si può certamente negare il ruolo di prestigio svolto dall’antica città siciliana non soltanto nei tre secoli successivi alla riconquista giustinianea, ma soprattutto con il trasferimento a Siracusa della corte di Costante II e con la costituzione del thema di Sicilia. Oggi, tuttavia, le conoscenze più vaste ed articolate raggiunte nel campo delle produzioni artistiche del Mediterraneo orientale nelle età proto, medio- e deuterobizantina da una parte, e i progressi compiuti dalla ricerca storiografica e dall’indagine archeologica sui secoli dell’altomedioevo siciliano dall’altra, sembrano – a nostro avviso - rendere meno “obbligatorio” riferire questi manufatti ai tre secoli del predominio politico di Costantinopoli, e comunque a un momento anteriore alla presa del potere da parte dell’Islam. Gli studi più recenti sugli arredi liturgici della Grecia e dell’Asia Minore hanno evidenziato la fioritura di una ricca produzione di manufatti che ebbero ampia circolazione in tutto il Mediterraneo fra la fine del IX e il XII secolo, e che presentano numerosi punti di contatto con i marmi siracusani sia dal punto di vista iconografico, che per la resa stilistica. Ipotizzare, d’altra parte, un contatto fra la Sicilia e l’area egeo-costantinopolitana nei secoli IX-XII implicherebbe ammettere l’esistenza, in piena età islamica, di una committenza cristiana - laica o ecclesiastica - attiva e di alto livello, in grado di finanziare e di imporre la realizzazione di edifici di culto monumentali (come indica la qualità delle sculture) e dunque l’occupazione di parte del tessuto urbano (e suburbano?) con la creazione o il potenziamento dello “spazio cristiano” della città. Nello specifico: un segno profondo e visibile della fede cristiana nel paesaggio urbano della Siracusa islamica. E anche se la continuità dei rapporti culturali fra la Sicilia araba e Costantinopoli, in cui giocarono un ruolo fondamentale i monasteri greci, è ormai un dato acquisito della ricerca storiografica, allo stato attuale l’evidenza archeologica relativa ai livelli di età islamica non è ancora in grado di fornire nessun dato certo a favore della continuità d’uso, né tantomeno, della costruzione di nuovi edifici di culto. Ci chiediamo, pertanto, se questa ripresa di tematiche bizantine non andrebbe meglio riferita all’età normanna, nel quadro di quell’opera di nuova cristianizzazione dell’Isola perseguita dai nuovi conquistatori. Ricristianizzazione che, come certa storiografia più recente sul Medioevo siciliano tende a rivalutare, sin dai tempi di Ruggero I incentivò la fondazione di monasteri greci in Sicilia e favorì l’insediamento di greci provenienti dalla Calabria, facendo perno sul legame mai del tutto interrotto con Bisanzio neppure nei secoli della dominazione musulmana grazie all’azione del clero rimasto nel territorio, sia pure sotto forme poco appariscenti. In questo contesto, riteniamo dunque che una revisione più approfondita di molto materiale, in passato definito sbrigativamente “bizantino”, non possa più essere rimandata oggi, quando l’archeologia e la storiografia stanno faticosamente cercando di meglio mettere a fuoco i molteplici, e ancora problematici, aspetti del Medioevo Siciliano.
La cristianizzazione in Italia fra tardoantico e altomedioevo. Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana
Agrigento
20-25 novembre 2004
2007
VITALE, E. (2007). L’arredo liturgico mediobizantino in Sicilia. Nota su un aspetto della ricristianizzazione in età normanna.. In La cristianizzazione in Italia fra tardoantico e altomedioevo. Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (pp.1343-1352). PALERMO : Carlo Saladino editore.
Proceedings (atti dei congressi)
VITALE, E
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