Studiare l’uomo e la varietà dei suoi comportamenti, tuttavia ogni volta coordinati nella relativa coerenza delle diverse società e culture, non limitandosi (etnocentricamente) a notare somiglianze o a registrare diversità, magari raccontandone aneddoticamente le peculiarità salienti, ma costruendo una strumentazione adeguata a dare finalmente all’antropologia legittimità scientifica, secondo un’accezione di “scientifico” non più retrivamente positivistica: è questo il progetto ambizioso dell’antropologia semiotico-strutturale, seguìto qui, soprattutto, nell’impostazione dei suoi due principali esponenti, Lévi-Strauss e Lotman. È dunque di tale strumentazione che in questo volume si dà particolarmente conto: rivisitando criticamente le basi teoriche della semiotica della cultura, ripercorrendo la vicenda di concetti e nozioni, interrogandosi sulle ragioni storico-sociali che hanno consentito l’emergere di certi problemi e di certi indirizzi di ricerca. Quale esito ha avuto quell’ambizioso progetto? È opportuno riconsiderarlo, magari rimettendo in questione alcuni strumenti utilizzati, rimanipolando nozioni? Concepito in un’ottica interdisciplinare che non rinuncia a inseguire gli interconnessi itinerari che hanno indotto l’antropologia a confrontarsi con questioni originariamente poste in linguistica, in logica e perfino in fisica, biologia e cibernetica, questo volume invita tuttavia il lettore a tener salda la bussola. Il titolo ironico lo mette sull’avviso di quanto la prefazione già esplicitamente dichiara: si tratta di un’introduzione che spesso si fa extraduzione, e non perde di vista le vie d’uscita che è pure opportuno additare. Infine: è utile all’antropologia una teoria semiotica della cultura? Certamente, a condizione di ripensare non poche questioni centrali, compreso il modo stesso di impostare il rapporto tra semiosi e cultura, che va ben oltre quanto lascia intendere il tradizionale punto di vista della comunicazione. Così nell’ultima parte del volume l’autrice esplicita più sistematicamente le proprie posizioni e rivisita a suo modo autori e teorie, facendo dialogicamente incontrare ottiche più o meno distanti ¬¬– Marx e Peirce, per esempio, e ancora Prieto e Bachtin – per ricavare da tutto ciò illuminanti suggestioni per una teoria semiotica più condivisibile e in grado di meglio orientare l’antropologo nel territorio complicato dei comportamenti umani.

MICELI S (2005). In nome del segno. Introduzione alla semiotica della cultura. PALERMO : Sellerio.

In nome del segno. Introduzione alla semiotica della cultura

MICELI, Silvana
2005-01-01

Abstract

Studiare l’uomo e la varietà dei suoi comportamenti, tuttavia ogni volta coordinati nella relativa coerenza delle diverse società e culture, non limitandosi (etnocentricamente) a notare somiglianze o a registrare diversità, magari raccontandone aneddoticamente le peculiarità salienti, ma costruendo una strumentazione adeguata a dare finalmente all’antropologia legittimità scientifica, secondo un’accezione di “scientifico” non più retrivamente positivistica: è questo il progetto ambizioso dell’antropologia semiotico-strutturale, seguìto qui, soprattutto, nell’impostazione dei suoi due principali esponenti, Lévi-Strauss e Lotman. È dunque di tale strumentazione che in questo volume si dà particolarmente conto: rivisitando criticamente le basi teoriche della semiotica della cultura, ripercorrendo la vicenda di concetti e nozioni, interrogandosi sulle ragioni storico-sociali che hanno consentito l’emergere di certi problemi e di certi indirizzi di ricerca. Quale esito ha avuto quell’ambizioso progetto? È opportuno riconsiderarlo, magari rimettendo in questione alcuni strumenti utilizzati, rimanipolando nozioni? Concepito in un’ottica interdisciplinare che non rinuncia a inseguire gli interconnessi itinerari che hanno indotto l’antropologia a confrontarsi con questioni originariamente poste in linguistica, in logica e perfino in fisica, biologia e cibernetica, questo volume invita tuttavia il lettore a tener salda la bussola. Il titolo ironico lo mette sull’avviso di quanto la prefazione già esplicitamente dichiara: si tratta di un’introduzione che spesso si fa extraduzione, e non perde di vista le vie d’uscita che è pure opportuno additare. Infine: è utile all’antropologia una teoria semiotica della cultura? Certamente, a condizione di ripensare non poche questioni centrali, compreso il modo stesso di impostare il rapporto tra semiosi e cultura, che va ben oltre quanto lascia intendere il tradizionale punto di vista della comunicazione. Così nell’ultima parte del volume l’autrice esplicita più sistematicamente le proprie posizioni e rivisita a suo modo autori e teorie, facendo dialogicamente incontrare ottiche più o meno distanti ¬¬– Marx e Peirce, per esempio, e ancora Prieto e Bachtin – per ricavare da tutto ciò illuminanti suggestioni per una teoria semiotica più condivisibile e in grado di meglio orientare l’antropologo nel territorio complicato dei comportamenti umani.
2005
88-389-2053-2
MICELI S (2005). In nome del segno. Introduzione alla semiotica della cultura. PALERMO : Sellerio.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10447/2290
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact