Nella prefazione alla terza edizione, pubblicata nel 2000, alla Sua introduzione allo studio del diritto inglese l’Autore esprimeva un punto di vista risoluto e chiaro, consistente nella necessità della conoscenza del diritto inglese allo scopo di accrescere il dialogo tra i giuristi europei. E questo perché il riferimento al common law implica il rinvio a strutture di pensiero, a categorie giuridiche, a modelli normativi che comunque rappresentano esperienze originali e rilevanti nel continente europeo e possono orientare delicate scelte di politica del diritto in ambito comunitario: a tal proposito Giovanni Criscuoli ricordava come nel dibattito circa i possibili criteri di redazione dei testi di legge fosse impossibile ignorare la “tecnica analitico-descrittiva collaudata oltre Manica” contrapposta al “sintetismo continentale”. Anche nel campo dell’interpretazione, notava l’Autore, il ricorso, tipico dei giuristi inglesi, al metodo ermeneutico “scalare”, alternativo a quello “globale” tipico degli altri paesi europei, dà luogo ad un orientamento degno di essere esplorato non solo in sé ma anche in forma comparativa con altri ordinamenti. La prospettiva di studio del diritto inglese acquistava così, agli occhi dell’Autore, una funzione composita, al tempo stesso di accesso ad un ordinamento antico, peculiare ed ispiratore dei principali istituti di democrazia liberale circolanti nel mondo intero e di misura e di giudizio degli altri diritti europei e dello stesso diritto comunitario: gli uni e l’altro non possono in fondo comprendersi se non attraverso il meccanismo proprio della comparazione, che procede per analogie e differenze. Di entrambe è certamente ricco, in misura variabile, il diritto inglese. Ed in questo Giovanni Criscuoli fermamente credeva, da europeista convinto: che nulla potesse offendere maggiormente la sensibilità dei comparatisti, ed in ultima analisi degli stessi giuristi inglesi, che perpetuare o favorire l’isolamento del common law dal tessuto culturale del resto d’Europa. Al soddisfacimento di queste esigenze l’Introduzione allo studio del diritto inglese dichiaratamente tendeva, con atteggiamento arioso, moderno, lontano da convenzioni o luoghi comuni, congiungendo lembi di distanza tra diritto inglese e diritto continentale senza mai nascondere, però, la profondità delle rispettive impronte storiche. Il disegno dell’opera era di genuina matrice comunitaria, diretto a vincere lo scetticismo di chi concepisce l’originalità dei tratti distintivi dei singoli ordinamenti europei come barriera rispetto alla comunicazione con gli altri e non come punto di diramazione di un progetto di possibile armonia nel rispetto, ed a dispetto, delle differenze. Le odierne, deludenti vicende politiche inglesi, che allontanano quel paese dall’Unione Europea, potrebbero indurre a considerare come destinata all’eclissi la solare stagione di scambi interordinamentali che ha animato l’opera del Maestro. Ma a questo scoramento non si può cedere, dovendosi continuare a credere che il dialogo giuridico europeo sia un processo inarrestabile ed insensibile alle diverse pulsioni politiche: in questo senso il volume, per non tradire la prospettiva dell’originario Autore, mantiene inalterata la propria visione europeista, nell’auspicio che essa non cada nell’oblio o sia sopraffatta dagli eventi avversi. La finezza dell’animo politico di Giovanni Criscuoli, la Sua incancellabile concezione liberale, il Suo vibrante amore per le libertà individuali trovano nell’opera in questione il compendio maturo, avvincente, esemplare, resistente nel suo impianto al logorio del tempo ed al succedersi di contesti normativi. Ma questi ultimi vanno considerati e recepiti a protezione della ammirevole trama dell’opera, per non recarle l’ingiusto torto dell’obsolescenza causata solo dal fatto nuovo e ad onta dell’immortalità dell’idea che ne era stata genitrice. Questa limitata necessità di rispettoso assorbimento dei precipitati giuridici del tempo successivo all’ultima edizione dell’Introduzione, volta alla sua sopravvivenza ad eventi che aggiornano la realtà ma non sono capaci di compromettere lo spirito con cui l’opera fu concepita, giustifica questa nuova edizione aggiornata rivista e resa attuale, ove necessario. Ora, in questa conciliazione tra utilità dell’aggiornamento e inderogabile intangibilità dell’architettura del lavoro risiede il mandato affidato a chi intraprende, per tributo alla figura del Maestro e fedeltà al Suo valore, il compito di curarne una nuova edizione ad oltre dieci anni dalla scomparsa. Al peso nel cuore per essa si accompagna un desiderio, auspicabilmente non illusorio, che Egli, in contemplazione di questo evento, non lo avrebbe ostacolato o scoraggiato. Da ciò si trae forza e speranza che non vada a vuoto il tentativo di preservare l’opera grazie ad innesti informativi che non ne alterino la struttura di pensiero o ne modifichino l’afflato originario (è il caso dell’arricchimento del già fitto paragrafo descrittivo del conflitto tra giurisdizioni di common law ed equity nel diciassettesimo secolo). Il tentativo viene condotto anche attraverso l’inserimento di un nuovo capitolo, destinato ad assorbire quello sulla struttura dell’ordinamento giudiziario inglese, che viene dedicato non solo alla descrizione degli importanti mutamenti intervenuti nel nuovo millennio ma anche alla individuazione di nuovi assetti istituzionali, politici, culturali che hanno portato al gruppo di riforme del tessuto costituzionale inglese e dei poteri dello stato, nonché, negli anni precedenti, della professione forense. In questa scia viaggiano le nuove pagine dedicate alla novella Supreme Court La convinzione che ha suggerito questo passo è stata che, esattamente ottocento anni dopo la promulgazione della Magna Carta (cui è dedicato un paragrafo additivo), i mutamenti non possono essere semplice oggetto di esposizione, ma di essi vadano colti i riflessi sulla generale conformazione dell’ordinamento giuridico inglese e sulla permanenza dei suoi elementi costitutivi nei termini così accuratamente posti in luce da Giovanni Criscuoli. Si è cercato di consolidare il piano dei riferimenti alla natura sostanzialmente costituzionale dell’ordinamento inglese, soffermandosi integrativamente sul fondamentale tema della rule of law. L’esigenza di non appesantire l’opera così arricchita, privandola corrispondentemente della vocazione didattica dal Maestro sempre coltivata, ha persuaso dell’opportunità di abbreviare i capitoli di più spiccato carattere storiografico, quali quelli aventi ad oggetto i repertori giudiziari ed i books of authority, determinando, altresì, l’estinzione delle appendici   e di alleggerire e semplificare le parti più minuziosamente destinate al raffronto tra istituti romanisti e di common law , al solo fine di valorizzare la ragionata conclusione di fondo che tende ad escludere sovrapposizioni tra i due ordinamenti. Ed infine, una netta scelta è stata imposta dal desiderio di conservare la originaria destinazione didattica che ha suggerito di rendere talvolta più diretto e conciso lo stile espositivo, onde facilitarne la piena fruizione studentesca, eliminando sovente la congiunta rappresentazione della medesima espressione in inglese ed italiano (preferendosi in generale quest’ultima lingua). Minori emendamenti sono poi occorsi quanto alla soppressione, sempre per ragioni di più facile apprendimento, delle prima frequenti partizioni in numeri o lettere di vari argomenti trattati nel medesimo paragrafo. Si è fiduciosi .naturalmente nella sicura impressione che il lettore troverà che a questo lavoro di snellimento non hanno minimamente corrisposto modificazioni contenutistiche o strutturali. Va, infine, detto che alcune recenti ricerche condotte su temi afferenti all'impianto dell'opera (precedente giudiziario, rapporti tra dottrina e giurisprudenza inglese, dimensione storica e dimensione giuridica del common law inglese, etc.) sono state inserite per affinità di materia all'interno dell'impianto complessivo Col mantenimento dell’architettura dell’Opera, delle sue partizioni, dello spirito informatore, dell’inimitabile stile espositivo, arguto e diretto, il curatore ha pensato potesse conciliarsi la responsabilità di affiancare il proprio punto di vista incrementale e coordinato, quale professato nel tempo (in materia di tecniche argomentative giudiziali, di assorbimento in un unico tessuto dei principii di diritto comune ed equitativi, etc.): e questo per testimoniare, nella trepidazione per il giudizio della comunità scientifica di riferimento, continuità ed armonia scolare.

Criscuoli, G., Serio, M. (2016). Nuova introduzione allo studio del diritto inglese. Le fonti. Giuffrè.

Nuova introduzione allo studio del diritto inglese. Le fonti

SERIO, Mario
2016-01-01

Abstract

Nella prefazione alla terza edizione, pubblicata nel 2000, alla Sua introduzione allo studio del diritto inglese l’Autore esprimeva un punto di vista risoluto e chiaro, consistente nella necessità della conoscenza del diritto inglese allo scopo di accrescere il dialogo tra i giuristi europei. E questo perché il riferimento al common law implica il rinvio a strutture di pensiero, a categorie giuridiche, a modelli normativi che comunque rappresentano esperienze originali e rilevanti nel continente europeo e possono orientare delicate scelte di politica del diritto in ambito comunitario: a tal proposito Giovanni Criscuoli ricordava come nel dibattito circa i possibili criteri di redazione dei testi di legge fosse impossibile ignorare la “tecnica analitico-descrittiva collaudata oltre Manica” contrapposta al “sintetismo continentale”. Anche nel campo dell’interpretazione, notava l’Autore, il ricorso, tipico dei giuristi inglesi, al metodo ermeneutico “scalare”, alternativo a quello “globale” tipico degli altri paesi europei, dà luogo ad un orientamento degno di essere esplorato non solo in sé ma anche in forma comparativa con altri ordinamenti. La prospettiva di studio del diritto inglese acquistava così, agli occhi dell’Autore, una funzione composita, al tempo stesso di accesso ad un ordinamento antico, peculiare ed ispiratore dei principali istituti di democrazia liberale circolanti nel mondo intero e di misura e di giudizio degli altri diritti europei e dello stesso diritto comunitario: gli uni e l’altro non possono in fondo comprendersi se non attraverso il meccanismo proprio della comparazione, che procede per analogie e differenze. Di entrambe è certamente ricco, in misura variabile, il diritto inglese. Ed in questo Giovanni Criscuoli fermamente credeva, da europeista convinto: che nulla potesse offendere maggiormente la sensibilità dei comparatisti, ed in ultima analisi degli stessi giuristi inglesi, che perpetuare o favorire l’isolamento del common law dal tessuto culturale del resto d’Europa. Al soddisfacimento di queste esigenze l’Introduzione allo studio del diritto inglese dichiaratamente tendeva, con atteggiamento arioso, moderno, lontano da convenzioni o luoghi comuni, congiungendo lembi di distanza tra diritto inglese e diritto continentale senza mai nascondere, però, la profondità delle rispettive impronte storiche. Il disegno dell’opera era di genuina matrice comunitaria, diretto a vincere lo scetticismo di chi concepisce l’originalità dei tratti distintivi dei singoli ordinamenti europei come barriera rispetto alla comunicazione con gli altri e non come punto di diramazione di un progetto di possibile armonia nel rispetto, ed a dispetto, delle differenze. Le odierne, deludenti vicende politiche inglesi, che allontanano quel paese dall’Unione Europea, potrebbero indurre a considerare come destinata all’eclissi la solare stagione di scambi interordinamentali che ha animato l’opera del Maestro. Ma a questo scoramento non si può cedere, dovendosi continuare a credere che il dialogo giuridico europeo sia un processo inarrestabile ed insensibile alle diverse pulsioni politiche: in questo senso il volume, per non tradire la prospettiva dell’originario Autore, mantiene inalterata la propria visione europeista, nell’auspicio che essa non cada nell’oblio o sia sopraffatta dagli eventi avversi. La finezza dell’animo politico di Giovanni Criscuoli, la Sua incancellabile concezione liberale, il Suo vibrante amore per le libertà individuali trovano nell’opera in questione il compendio maturo, avvincente, esemplare, resistente nel suo impianto al logorio del tempo ed al succedersi di contesti normativi. Ma questi ultimi vanno considerati e recepiti a protezione della ammirevole trama dell’opera, per non recarle l’ingiusto torto dell’obsolescenza causata solo dal fatto nuovo e ad onta dell’immortalità dell’idea che ne era stata genitrice. Questa limitata necessità di rispettoso assorbimento dei precipitati giuridici del tempo successivo all’ultima edizione dell’Introduzione, volta alla sua sopravvivenza ad eventi che aggiornano la realtà ma non sono capaci di compromettere lo spirito con cui l’opera fu concepita, giustifica questa nuova edizione aggiornata rivista e resa attuale, ove necessario. Ora, in questa conciliazione tra utilità dell’aggiornamento e inderogabile intangibilità dell’architettura del lavoro risiede il mandato affidato a chi intraprende, per tributo alla figura del Maestro e fedeltà al Suo valore, il compito di curarne una nuova edizione ad oltre dieci anni dalla scomparsa. Al peso nel cuore per essa si accompagna un desiderio, auspicabilmente non illusorio, che Egli, in contemplazione di questo evento, non lo avrebbe ostacolato o scoraggiato. Da ciò si trae forza e speranza che non vada a vuoto il tentativo di preservare l’opera grazie ad innesti informativi che non ne alterino la struttura di pensiero o ne modifichino l’afflato originario (è il caso dell’arricchimento del già fitto paragrafo descrittivo del conflitto tra giurisdizioni di common law ed equity nel diciassettesimo secolo). Il tentativo viene condotto anche attraverso l’inserimento di un nuovo capitolo, destinato ad assorbire quello sulla struttura dell’ordinamento giudiziario inglese, che viene dedicato non solo alla descrizione degli importanti mutamenti intervenuti nel nuovo millennio ma anche alla individuazione di nuovi assetti istituzionali, politici, culturali che hanno portato al gruppo di riforme del tessuto costituzionale inglese e dei poteri dello stato, nonché, negli anni precedenti, della professione forense. In questa scia viaggiano le nuove pagine dedicate alla novella Supreme Court La convinzione che ha suggerito questo passo è stata che, esattamente ottocento anni dopo la promulgazione della Magna Carta (cui è dedicato un paragrafo additivo), i mutamenti non possono essere semplice oggetto di esposizione, ma di essi vadano colti i riflessi sulla generale conformazione dell’ordinamento giuridico inglese e sulla permanenza dei suoi elementi costitutivi nei termini così accuratamente posti in luce da Giovanni Criscuoli. Si è cercato di consolidare il piano dei riferimenti alla natura sostanzialmente costituzionale dell’ordinamento inglese, soffermandosi integrativamente sul fondamentale tema della rule of law. L’esigenza di non appesantire l’opera così arricchita, privandola corrispondentemente della vocazione didattica dal Maestro sempre coltivata, ha persuaso dell’opportunità di abbreviare i capitoli di più spiccato carattere storiografico, quali quelli aventi ad oggetto i repertori giudiziari ed i books of authority, determinando, altresì, l’estinzione delle appendici   e di alleggerire e semplificare le parti più minuziosamente destinate al raffronto tra istituti romanisti e di common law , al solo fine di valorizzare la ragionata conclusione di fondo che tende ad escludere sovrapposizioni tra i due ordinamenti. Ed infine, una netta scelta è stata imposta dal desiderio di conservare la originaria destinazione didattica che ha suggerito di rendere talvolta più diretto e conciso lo stile espositivo, onde facilitarne la piena fruizione studentesca, eliminando sovente la congiunta rappresentazione della medesima espressione in inglese ed italiano (preferendosi in generale quest’ultima lingua). Minori emendamenti sono poi occorsi quanto alla soppressione, sempre per ragioni di più facile apprendimento, delle prima frequenti partizioni in numeri o lettere di vari argomenti trattati nel medesimo paragrafo. Si è fiduciosi .naturalmente nella sicura impressione che il lettore troverà che a questo lavoro di snellimento non hanno minimamente corrisposto modificazioni contenutistiche o strutturali. Va, infine, detto che alcune recenti ricerche condotte su temi afferenti all'impianto dell'opera (precedente giudiziario, rapporti tra dottrina e giurisprudenza inglese, dimensione storica e dimensione giuridica del common law inglese, etc.) sono state inserite per affinità di materia all'interno dell'impianto complessivo Col mantenimento dell’architettura dell’Opera, delle sue partizioni, dello spirito informatore, dell’inimitabile stile espositivo, arguto e diretto, il curatore ha pensato potesse conciliarsi la responsabilità di affiancare il proprio punto di vista incrementale e coordinato, quale professato nel tempo (in materia di tecniche argomentative giudiziali, di assorbimento in un unico tessuto dei principii di diritto comune ed equitativi, etc.): e questo per testimoniare, nella trepidazione per il giudizio della comunità scientifica di riferimento, continuità ed armonia scolare.
2016
Settore IUS/02 - Diritto Privato Comparato
9788814203916
Criscuoli, G., Serio, M. (2016). Nuova introduzione allo studio del diritto inglese. Le fonti. Giuffrè.
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