Il volume si incentra su alcuni profili e problematiche tutt’ora aperti intorno all’istituto – di carattere generale – dell’accordo tra privato e pubblica amministrazione (si tratta, come è noto, delle disposizioni introdotte dall’art.11 della legge n.241 del 1990 e s.m.i.) inteso a sostituire il provvedimento amministrativo ovvero a determinarne il contenuto discrezionale; tema, che da un lato, rappresenta l’approdo di dibattiti antichi ed accesi su temi fondamentali del diritto pubblico, suscitando grandi speranze da parte di alcuni, e da parte di altri un ragionato scetticismo. In buona sostanza l’istituto dell’accordo può essere ricondotto al genus del contratto di diritto pubblico o ad oggetto pubblico, per tale intendendosi, in modo volutamente generico, un contratto nel quale la rilevanza di elementi e profili pubblicistici non si limita alla disciplina del procedimento (detto di evidenza pubblica) preordinato alla sua stipulazione, ma incide anche sui contenuti e sulla disciplina di svolgimento del rapporto sostanziale. Attraverso una comparazione dialettica delle pronunce del giudice ordinario, amministrativo, comunitario e costituzionale, l’autore sviluppa le considerazioni critiche su tre tematiche: la cessione volontaria (ex art. 45 D.P.R. n.327/01); le convenzioni urbanistiche e le concessioni di pubblico servizio. In relazione alla “cessione volontaria”, l’istituto dell’accordo risulta quasi totalmente inapplicabile alla fattispecie; sicché il volere “ad ogni costo” riportare l’uno all’altro istituto impone gravi forzature e pone una serie di problemi senza risolverne alcuno. Per quanto concerne la casistica in materia di convenzioni urbanistiche, si è posto in luce l’opzione netta e senza riserve del giudice amministrativo (fornito in materia di giurisdizione esclusiva) per un’applicazione quanto più possibile estesa delle norme e degli strumenti di tutela previsti dalla normativa civilistica ad onta del baroccheggiante rinvio dell’art.11, co.2 l.n. 241/1990 ai soli “principi” del codice civile. In materia di concessioni di pubblico servizio, si è proposta la soluzione secondo cui il ricordato art.11 appare direttamente applicabile alle convenzioni accessive a provvedimenti unilaterali di concessione del servizio, qualificabili senza eccessive difficoltà come accordi integrativi; laddove per le concessioni costituenti, in base alle discipline legislative dei settori, momento genetico esclusivo del rapporto concessorio appare più corretto (in assenza di un rapporto di integrazione o sostituzione con qualsiasi provvedimento amministrativo concessorio previsto dalla legge) ammettere solo la possibilità di un’applicazione della normativa sugli accordi in via analogica, se ed in quanto ne ricorrano i presupposti. L’autore pone in luce poi che, di fatto, il solo precetto che possa ritenersi applicabile e suscettibile di apportare una modifica alla disciplina tradizionale dell’istituto risulta essere sulla facoltà di recesso con indennizzo della pubblica amministrazione (solo) per sopravvenuti motivi d’interesse pubblico. L’autore perviene alla conclusione che quando il rapporto concessorio abbia origine esclusivamente dalla convenzione di concessione debba applicarsi (in via analogica) la normativa del recesso (ex art.11, co.4 della l.n.241/1990), negandosi perciò tale facoltà al di fuori dell’ipotesi di motivi d’interesse pubblico sopravvenuto, mentre nel caso in cui la convenzione acceda ad un provvedimento concessorio (come è ormai raro nel caso di servizi pubblici, ma più frequente in quello, per molti aspetti analogo, della concessione di beni pubblici) debba trovare applicazione in via diretta la disposizione sulla revoca (possibile anche per mutata valutazione dell’interesse pubblico originario) dettata dall’art.21-quinquies, l.n.241/1990 come novellato dalla legge n.40/2007. Uno degli aspetti più significativi del lavoro è quello di avere esaminato e risolto negativamente il problema della costituzionalità della previsione della normativa in argomento nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche ogni controversia relativa all’esecuzione degli accordi; rilevando in proposito che una siffatta normativa non soltanto viola l’art.103 della Costituzione nella misura in cui questo esplicitamente impone che la giurisdizione esclusiva sia attribuita dal legislatore ordinario con riferimento a “materie determinate”, ma soprattutto risulta manifestamente irragionevole.
PENSABENE LIONTI, S. (2007). Gli accordi con la pubblica amministrazione nell'esperienza del diritto vivente. TORINO : Giappichelli.
Gli accordi con la pubblica amministrazione nell'esperienza del diritto vivente
PENSABENE LIONTI, Salvatore
2007-01-01
Abstract
Il volume si incentra su alcuni profili e problematiche tutt’ora aperti intorno all’istituto – di carattere generale – dell’accordo tra privato e pubblica amministrazione (si tratta, come è noto, delle disposizioni introdotte dall’art.11 della legge n.241 del 1990 e s.m.i.) inteso a sostituire il provvedimento amministrativo ovvero a determinarne il contenuto discrezionale; tema, che da un lato, rappresenta l’approdo di dibattiti antichi ed accesi su temi fondamentali del diritto pubblico, suscitando grandi speranze da parte di alcuni, e da parte di altri un ragionato scetticismo. In buona sostanza l’istituto dell’accordo può essere ricondotto al genus del contratto di diritto pubblico o ad oggetto pubblico, per tale intendendosi, in modo volutamente generico, un contratto nel quale la rilevanza di elementi e profili pubblicistici non si limita alla disciplina del procedimento (detto di evidenza pubblica) preordinato alla sua stipulazione, ma incide anche sui contenuti e sulla disciplina di svolgimento del rapporto sostanziale. Attraverso una comparazione dialettica delle pronunce del giudice ordinario, amministrativo, comunitario e costituzionale, l’autore sviluppa le considerazioni critiche su tre tematiche: la cessione volontaria (ex art. 45 D.P.R. n.327/01); le convenzioni urbanistiche e le concessioni di pubblico servizio. In relazione alla “cessione volontaria”, l’istituto dell’accordo risulta quasi totalmente inapplicabile alla fattispecie; sicché il volere “ad ogni costo” riportare l’uno all’altro istituto impone gravi forzature e pone una serie di problemi senza risolverne alcuno. Per quanto concerne la casistica in materia di convenzioni urbanistiche, si è posto in luce l’opzione netta e senza riserve del giudice amministrativo (fornito in materia di giurisdizione esclusiva) per un’applicazione quanto più possibile estesa delle norme e degli strumenti di tutela previsti dalla normativa civilistica ad onta del baroccheggiante rinvio dell’art.11, co.2 l.n. 241/1990 ai soli “principi” del codice civile. In materia di concessioni di pubblico servizio, si è proposta la soluzione secondo cui il ricordato art.11 appare direttamente applicabile alle convenzioni accessive a provvedimenti unilaterali di concessione del servizio, qualificabili senza eccessive difficoltà come accordi integrativi; laddove per le concessioni costituenti, in base alle discipline legislative dei settori, momento genetico esclusivo del rapporto concessorio appare più corretto (in assenza di un rapporto di integrazione o sostituzione con qualsiasi provvedimento amministrativo concessorio previsto dalla legge) ammettere solo la possibilità di un’applicazione della normativa sugli accordi in via analogica, se ed in quanto ne ricorrano i presupposti. L’autore pone in luce poi che, di fatto, il solo precetto che possa ritenersi applicabile e suscettibile di apportare una modifica alla disciplina tradizionale dell’istituto risulta essere sulla facoltà di recesso con indennizzo della pubblica amministrazione (solo) per sopravvenuti motivi d’interesse pubblico. L’autore perviene alla conclusione che quando il rapporto concessorio abbia origine esclusivamente dalla convenzione di concessione debba applicarsi (in via analogica) la normativa del recesso (ex art.11, co.4 della l.n.241/1990), negandosi perciò tale facoltà al di fuori dell’ipotesi di motivi d’interesse pubblico sopravvenuto, mentre nel caso in cui la convenzione acceda ad un provvedimento concessorio (come è ormai raro nel caso di servizi pubblici, ma più frequente in quello, per molti aspetti analogo, della concessione di beni pubblici) debba trovare applicazione in via diretta la disposizione sulla revoca (possibile anche per mutata valutazione dell’interesse pubblico originario) dettata dall’art.21-quinquies, l.n.241/1990 come novellato dalla legge n.40/2007. Uno degli aspetti più significativi del lavoro è quello di avere esaminato e risolto negativamente il problema della costituzionalità della previsione della normativa in argomento nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche ogni controversia relativa all’esecuzione degli accordi; rilevando in proposito che una siffatta normativa non soltanto viola l’art.103 della Costituzione nella misura in cui questo esplicitamente impone che la giurisdizione esclusiva sia attribuita dal legislatore ordinario con riferimento a “materie determinate”, ma soprattutto risulta manifestamente irragionevole.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.