Il contributo espone l'excursus che ha portato la città di Palermo a contenere una delle maggiori concentrazioni di architettura neo-medievale in Italia e con datazioni molto precoci a livello nazionale. Difatti si parte dalla considerazione che da decenni veniva preso come esemplare particolarmente rappresentativo i cosiddetti Quattro Pizzi all'Arenella, realizzati dall'architetto Carlo Giachery tra il 1840 e il 1844. Tramite documentazione fornita da fonti primarie, a stampa o manoscritte, si è dimostra come invece quella fosse una delle ultime realizzazioni che sfruttarono le numerose precedenti esperienze assai significative, in cui però la critica locale non riusciva a riconoscere del tutto quel carattere innovativo, e in parte implicitamente rivoluzionario, che possedeva, essa piuttosto preferiva soffermarsi su fattori puramente estetici o su innovazioni tecnico-pratiche. Di conseguenza la conclusione è che la straordinaria vivacità rimaneva però confinata nell'alveo dei pochi illuminati artefici e committenti.
Palazzotto, P. (2004). Teoria e prassi dell’architettura neogotica a Palermo nella prima metà del XIX secolo. In Gioacchino Di Marzo e la Critica d’Arte nell’Ottocento in Italia (pp.225-237). PALERMO : Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Palermo.
Teoria e prassi dell’architettura neogotica a Palermo nella prima metà del XIX secolo
PALAZZOTTO, Pierfrancesco
2004-01-01
Abstract
Il contributo espone l'excursus che ha portato la città di Palermo a contenere una delle maggiori concentrazioni di architettura neo-medievale in Italia e con datazioni molto precoci a livello nazionale. Difatti si parte dalla considerazione che da decenni veniva preso come esemplare particolarmente rappresentativo i cosiddetti Quattro Pizzi all'Arenella, realizzati dall'architetto Carlo Giachery tra il 1840 e il 1844. Tramite documentazione fornita da fonti primarie, a stampa o manoscritte, si è dimostra come invece quella fosse una delle ultime realizzazioni che sfruttarono le numerose precedenti esperienze assai significative, in cui però la critica locale non riusciva a riconoscere del tutto quel carattere innovativo, e in parte implicitamente rivoluzionario, che possedeva, essa piuttosto preferiva soffermarsi su fattori puramente estetici o su innovazioni tecnico-pratiche. Di conseguenza la conclusione è che la straordinaria vivacità rimaneva però confinata nell'alveo dei pochi illuminati artefici e committenti.File | Dimensione | Formato | |
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