È nella dialettica tra codice classico e codice moderno, espressa dal confronto a distanza tra John Summerson e Bruno Zevi, che si può leggere l’opera di Giuseppe Samonà: quel “parlare architettura”, attraverso cui è possibile leggere le radici classiche che accompagnano costantemente la sua produzione. Nella tesi si vuole verificare in che modo Samonà raccoglie la sfida moderna, mantenendo però, di fondo, la propria identità ottocentesca, attraverso lo studio della sua produzione architettonica industriale; in particolare, l’idea che anche la costruzione industriale possa esprimere un carattere monumentale trova la sua applicazione nel progetto della centrale di Trapani, del 1962, ultima di tre impianti termoelettrici, ad Augusta (SR), a Termini Imerese (PA) e a Trapani, realizzati per la Società Generale Elettrica della Sicilia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta. A distanza di più di cinquant’anni, dopo la demolizione della seconda, si pone la questione del restauro e del riuso di questi manufatti che hanno perso la loro funzione produttiva e, come a Trapani, anche gran parte della loro consistenza fisica. A tal fine, si produce un corpus di disegni derivanti dall’attività critica di analisi e rilettura delle fonti. Si tratta di un lavoro che può essere definito, in senso lato, di “anastilosi” della centrale di Termini Imerese e di Trapani, l’una demolita e l’altra ormai ridotta alla sola struttura, per mezzo del processo compositivo del disegno, che mira a ricomporne i frammenti e restituire il processo progettuale che ha condotto all’opera finita. Il disegno è qui utilizzato come una speciale modalità di rilievo di un’opera non più esistente, una sorta di meta-disegno che superi la nozione di strumento di conoscenza dell’opera e diventi un pensiero esso stesso, luogo nel quale la forma appare, nella sua essenza più pura e durevole. La necessità del progetto sulla centrale di Trapani, infine, attraversa, dal punto di vista teorico, l’ambito del recupero del patrimonio industriale, e la fa assurgere, in questo modo, a monumento della tecnica. La ricerca si inserisce così all’interno del dibattito contemporaneo sulle aree dismesse. Il progetto, strumento costante di verifica delle ipotesi della prima parte, si carica della volontà di definire un nuovo ciclo di vita per un manufatto emblematico nella produzione di Samonà e in relazione ai valori espressi dal tessuto urbano contemporaneo.
Zaffora, F.Codice classico e linguaggio moderno. Le centrali termoelettriche di Giuseppe Samonà.
Codice classico e linguaggio moderno. Le centrali termoelettriche di Giuseppe Samonà
ZAFFORA, Flavia
Abstract
È nella dialettica tra codice classico e codice moderno, espressa dal confronto a distanza tra John Summerson e Bruno Zevi, che si può leggere l’opera di Giuseppe Samonà: quel “parlare architettura”, attraverso cui è possibile leggere le radici classiche che accompagnano costantemente la sua produzione. Nella tesi si vuole verificare in che modo Samonà raccoglie la sfida moderna, mantenendo però, di fondo, la propria identità ottocentesca, attraverso lo studio della sua produzione architettonica industriale; in particolare, l’idea che anche la costruzione industriale possa esprimere un carattere monumentale trova la sua applicazione nel progetto della centrale di Trapani, del 1962, ultima di tre impianti termoelettrici, ad Augusta (SR), a Termini Imerese (PA) e a Trapani, realizzati per la Società Generale Elettrica della Sicilia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta. A distanza di più di cinquant’anni, dopo la demolizione della seconda, si pone la questione del restauro e del riuso di questi manufatti che hanno perso la loro funzione produttiva e, come a Trapani, anche gran parte della loro consistenza fisica. A tal fine, si produce un corpus di disegni derivanti dall’attività critica di analisi e rilettura delle fonti. Si tratta di un lavoro che può essere definito, in senso lato, di “anastilosi” della centrale di Termini Imerese e di Trapani, l’una demolita e l’altra ormai ridotta alla sola struttura, per mezzo del processo compositivo del disegno, che mira a ricomporne i frammenti e restituire il processo progettuale che ha condotto all’opera finita. Il disegno è qui utilizzato come una speciale modalità di rilievo di un’opera non più esistente, una sorta di meta-disegno che superi la nozione di strumento di conoscenza dell’opera e diventi un pensiero esso stesso, luogo nel quale la forma appare, nella sua essenza più pura e durevole. La necessità del progetto sulla centrale di Trapani, infine, attraversa, dal punto di vista teorico, l’ambito del recupero del patrimonio industriale, e la fa assurgere, in questo modo, a monumento della tecnica. La ricerca si inserisce così all’interno del dibattito contemporaneo sulle aree dismesse. Il progetto, strumento costante di verifica delle ipotesi della prima parte, si carica della volontà di definire un nuovo ciclo di vita per un manufatto emblematico nella produzione di Samonà e in relazione ai valori espressi dal tessuto urbano contemporaneo.File | Dimensione | Formato | |
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