Le concrete esigenze imprenditoriali consistenti nel bisogno di strutturare le società in centri decisionali che siano in grado di compiere scelte operative tempestive e dimostrare, all’occorrenza, specializzazione nell’esercizio di funzioni strategiche, nonché le relative attenzioni ad esse recentemente dedicate da parte del legislatore, ma anche di Autori e giurisprudenza, si pongono a fondamento della scelta di trattare della delega di poteri, quale tipica modalità di organizzazione della gestione pluripersonale delle società in epoca odierna, e delle responsabilità derivanti dal suo esercizio. Si da atto dell’incisività del contributo apportato dalla riforma organica delle società di capitali (d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) alla disciplina del tema, tanto sotto il profilo di una precisa e peculiare spartizione di funzioni tra i componenti del consiglio di amministrazione societario a seguito del rilascio di deleghe gestorie (art. 2381 c.c.), quanto dal punto di vista della valorizzazione di un nuovo regime di responsabilità imperniato sulla differenziazione del ruolo dell’amministratore delegato rispetto a quello del consigliere delegante (art. 2392 c.c.). Ci si sofferma, nello specifico, sul percorso all’esito del quale il novum legislativo ha consentito di qualificare la diarchia consiglio di amministrazione-organi delegati (ovvero la triade consiglio di amministrazione-amministratore delegato-comitato esecutivo nelle società di maggiori dimensioni), quale consueta forma di articolazione delle funzioni amministrative, mutando alle radici il ruolo del c.d.a. inteso nella sua collegialità rispetto al modo in cui era tradizionalmente concepito, con la conseguenza che il day to day running, la gestione diretta e quotidiana delle società, transita adesso nelle mani dei soli organi delegati, con conseguente deferimento dei compiti di controllo e della valutazione nel merito di quella stessa gestione operativa agli amministratori deleganti in consiglio. E si valorizza, ancora, l’introduzione, ad opera della riforma, della specificazione delle responsabilità individuali degli amministratori quale normale esito delle vicende di mala gestio – relegando la regola della responsabilità solidale alle sole ipotesi di omesso o negligente adempimento dei compiti di alta amministrazione e monitoraggio – come soluzione alla gracilità del dettato legislativo previgente che, propendendo per l’equiparazione del trattamento riservato agli amministratori privi di deleghe a quello riconosciuto ai consiglieri delegati, finiva con l’esporre tutti gli amministratori, indistintamente, al rischio indiscriminato di responsabilità per condotte connotate da irregolarità e negligenza. I profili di natura prettamente civilistica esposti, congiuntamente all’attenzione posta ad alcune implicazioni peculiari dell’istituto della delega gestoria, quali il dovere di informazione endoconsiliare, o il parametro da adottare per la valutazione della diligenza degli amministratori, si accostano, infine, alla trattazione delle conseguenze di rilievo penale che si spiegano a seguito della commissione di fatti illeciti da parte dei membri del c.d.a. – soprattutto per ciò che concerne la posizione di garanzia che il consigliere senza delega è chiamato a rivestire, e la conseguente responsabilità penale ove non impedisca atti o comportamenti pregiudizievoli che aveva l’obbligo giuridico di impedire ex art. 40 c.p. –; ed alla esposizione di cenni comparatistici sul sistema di articolazione dell’organo amministrativo nel contesto societario di common law, accompagnata da spunti di riflessione, dall’approccio più pragmatico, frutto di indagini e studi effettuati sul campo, in grado di dare evidenza dello spaccato quotidiano dei consigli di amministrazione, in specie britannici e statunitensi.

Reina, . (2015). Deleghe di poteri e responsabilità.

Deleghe di poteri e responsabilità

REINA, Chiara
2015-03-05

Abstract

Le concrete esigenze imprenditoriali consistenti nel bisogno di strutturare le società in centri decisionali che siano in grado di compiere scelte operative tempestive e dimostrare, all’occorrenza, specializzazione nell’esercizio di funzioni strategiche, nonché le relative attenzioni ad esse recentemente dedicate da parte del legislatore, ma anche di Autori e giurisprudenza, si pongono a fondamento della scelta di trattare della delega di poteri, quale tipica modalità di organizzazione della gestione pluripersonale delle società in epoca odierna, e delle responsabilità derivanti dal suo esercizio. Si da atto dell’incisività del contributo apportato dalla riforma organica delle società di capitali (d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) alla disciplina del tema, tanto sotto il profilo di una precisa e peculiare spartizione di funzioni tra i componenti del consiglio di amministrazione societario a seguito del rilascio di deleghe gestorie (art. 2381 c.c.), quanto dal punto di vista della valorizzazione di un nuovo regime di responsabilità imperniato sulla differenziazione del ruolo dell’amministratore delegato rispetto a quello del consigliere delegante (art. 2392 c.c.). Ci si sofferma, nello specifico, sul percorso all’esito del quale il novum legislativo ha consentito di qualificare la diarchia consiglio di amministrazione-organi delegati (ovvero la triade consiglio di amministrazione-amministratore delegato-comitato esecutivo nelle società di maggiori dimensioni), quale consueta forma di articolazione delle funzioni amministrative, mutando alle radici il ruolo del c.d.a. inteso nella sua collegialità rispetto al modo in cui era tradizionalmente concepito, con la conseguenza che il day to day running, la gestione diretta e quotidiana delle società, transita adesso nelle mani dei soli organi delegati, con conseguente deferimento dei compiti di controllo e della valutazione nel merito di quella stessa gestione operativa agli amministratori deleganti in consiglio. E si valorizza, ancora, l’introduzione, ad opera della riforma, della specificazione delle responsabilità individuali degli amministratori quale normale esito delle vicende di mala gestio – relegando la regola della responsabilità solidale alle sole ipotesi di omesso o negligente adempimento dei compiti di alta amministrazione e monitoraggio – come soluzione alla gracilità del dettato legislativo previgente che, propendendo per l’equiparazione del trattamento riservato agli amministratori privi di deleghe a quello riconosciuto ai consiglieri delegati, finiva con l’esporre tutti gli amministratori, indistintamente, al rischio indiscriminato di responsabilità per condotte connotate da irregolarità e negligenza. I profili di natura prettamente civilistica esposti, congiuntamente all’attenzione posta ad alcune implicazioni peculiari dell’istituto della delega gestoria, quali il dovere di informazione endoconsiliare, o il parametro da adottare per la valutazione della diligenza degli amministratori, si accostano, infine, alla trattazione delle conseguenze di rilievo penale che si spiegano a seguito della commissione di fatti illeciti da parte dei membri del c.d.a. – soprattutto per ciò che concerne la posizione di garanzia che il consigliere senza delega è chiamato a rivestire, e la conseguente responsabilità penale ove non impedisca atti o comportamenti pregiudizievoli che aveva l’obbligo giuridico di impedire ex art. 40 c.p. –; ed alla esposizione di cenni comparatistici sul sistema di articolazione dell’organo amministrativo nel contesto societario di common law, accompagnata da spunti di riflessione, dall’approccio più pragmatico, frutto di indagini e studi effettuati sul campo, in grado di dare evidenza dello spaccato quotidiano dei consigli di amministrazione, in specie britannici e statunitensi.
5-mar-2015
Delega di poteri – Responsabilità gestorie – Amministratore delegato – Comitato esecutivo – Consiglio di amministrazione
Reina, . (2015). Deleghe di poteri e responsabilità.
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