The stratigraphical and sedimentological study of uppermost Triassic-lowermost Jurassic sections belonging to the Panormide platform in Sicily, has provided an original dataset that allow to put forward some new considerations on the complex evolution of this paleogeographic domain across the T/J boundary. Three main sectors have been investigated in detail along a northern Sicily W-E transect from the San Vito Lo Capo Peninsula, via the Palermo Mountains, to the Madonie Mountains. In the westernmost sector, at Monte Sparagio (San Vito Lo Capo Peninsula), the microfacies analysis has allowed to place the T/J boundary across a thick undifferentiated succession made of Upper Triassic-Lower Jurassic peritidal cycles, on the base of the last occurrence of Triasina hantkeni and the appearance of oligotypic facies with Thaumatoporella parvovesiculifera and Aeolisaccus. The transition appears fully conformable without any record of possible variations of the sedimentary regime (e.g. sea level fall, tectonic deformations) besides the faunal turnover. In this section evidence of a sea-level lowering are recognized well below the T/J boundary, roughly in the middle part of the Triasina zone, thus of the Rhaetian. This event is suggested by the presence of a particularly thick red paleosol that covers a karstified surface, laterally correlated with a structure that is interpreted as a paleosinkhole. Moreover an huge system of paleokarstic caves develops downward from this surface. The caves are filled up by collapsed breccias to form, in some parts “breccia pipes”. The breccia elements clearly derive from the peritidal host rock and are surrounded by polychrome silty matrices that rendered this breccia of great interest for ornamental purposes. The uplift of the platform can be estimated at about 130 m, a value that is difficult to explain only in terms of eustatic variation if we consider the estimated values (about 50 m) provided by Hallam (2001). So a tectonic forcing has to be considered possibly induced by the adjacent rifting of the Alpine Tethys. The Triassic cycles in this area show extensive phenomena of stratabound dissolution that clearly predate the cavern dissolution as indicated by the involvement of the latter in the collapse breccias that fills the paleocaves. Three main types of stratabound dissolution have been recognized: vug, moldic and “spongy-like”. The study of this type of dissolution is of particular interest for the diagenetic formation of the secondary porosity in carbonate reservoirs so it has been one of the main topic of the PhD. The morphological comparisons of the spongy-like cavities with recent similar dissolution patterns in modern carbonate platforms, coupled to the geochemical data, supports the influence of a mixing water lens for the formation of the spongy-like cavities but also for the vug and moldic stratabound porosity. The model put forward implies the presence of a fresh water supply in the area and an interaction between the high-frequency and low-amplitude sea-level fluctuations, responsible of the peritidal ciclicity, and the textural patterns of the subtidal facies. During the lowstand phases (and the subsequent formation of the Terra Rossa paleosols) a fresh-water supply, provided by adjacent exposed lands and/or by rainwaters, interacts with the phreatic marine lens giving rise to a thin mixing water lens floating on the phreatic marine zone and stationing in the subtidal member of the cycle. The strong textural control exerted by the bioturbation, by the fossil content or by the absence of both in a specific subtidal member is fundamental in determining the resulting solution patterns. In other words, when the mixing zone was stationed on the bioturbated mud, where a differential porosity and permeability existed, than dissolution preferentially assumed the spongy shape. In the presence of abundant mollusc shells, the dissolution operated by the mixing waters preferentially created biomoldic porosity, whilst without a strong macrotextural control a vuggy porosity could develop. In the adjacent study areas (Palermo and Madonie Mountains) the boundary between Triassic and Jurassic sediments is discontinuous. A drowning unconformity characterizes the marginal sector of the platform in which the reef complex is overlain by Pliensbachian pelagic limestones belonging to the “Rosso Ammonitico”. These data are indicative of a short subaerial exposure of the platform, during Rhaetian, and of a tectonic activity, along the platform margin, during Hettangian-Sinemurian times. These type of deformations are related to the rifting stages in the adjacent Alpine Tethys. The presence of a huge volume of slope dolomitized deposits (Fanusi and Quacella Formations Auct.), in the adjacent Imerese Basin account for a conversion of the reef complex, edging the platform, to a slope zone repeatedly affected by submarine collapses. This is also supported by the presence of sediment pockets (patches) of different facies and ages (however Early Jurassic) that drapes the reefs as epi-escarpment deposits.

Lo studio sedimentologico e stratigrafico di alcune sezioni del Triassico Superiore-Giurassico Inferiore del dominio Panormide (Sicilia), ha contribuito all’elaborazione di un dataset che consente di avanzare nuove considerazioni sulla complessa evoluzione di questo dominio paleogeografico in prossimità del limite T/J. Sono stati studiati in dettaglio tre principali settori lungo la porzione nord-occidentale della Sicilia, dai Monti di San Vito alle Madonie, attraverso i Monti di Palermo. Nel settore più occidentale presso Monte Sparagio (penisola di Capo San Vito), l’analisi delle microfacies ha consentito di posizionare il limite T/J all’interno di una spessa successione di cicli peritidali del Triassico Superiore-Giurassico Inferiore, sulla base della scomparsa di Triasina hantkeni e della comparsa di associazioni oligotipiche a Thaumapoporella parvovesiculifera e Aeolisaccus. Il passaggio appare continuo, non si evidenziano infatti discontinuità legate alla tettonica o alle variazioni del livello del mare. Evidenze di un abbassamento del livello del mare lungo questa sezione, sono state riconosciute ben al di sotto del limite T/J, all’interno della biozona a Triasina del Retico. Questo evento è evidenziato dalla presenza di uno spesso paleosuolo che ricopre una superfice carsificata correlabile lateralmente con una struttura interpretabile come una paleodolina. Inoltre, al sotto di questa superfice, si sviluppa un ampio sistema di grandi cavità paleocarsiche. Le cavità sono colmate da brecce da collasso formando, in alcuni casi, delle strutture tipo “breccia pipes”. Gli elementi della breccia derivano dall’host rock peritidale e sono circondate da una matrice siltosa policroma che rende questa breccia di particolare interesse ornamentale. L’emersione stimata della piattaforma è di circa 130 m, un valore che difficilmente può essere spiegato in termini di una variazione eustatica se si considera che il valore stimato da Hallam (2001) per la variazione Retica del l.m. è di circa 50 m. E’ quindi da considerare una possibile componente tettonica connessa al contemporaneo rifting della adiacente Tetide Alpina. I cicli triassici presenti in quest’area mostrano estesi fenomeni di dissoluzione stratale che chiaramente predatano la porosità “cavernus” come indicato dalla presenza, fra le brecce da collasso, di clasti derivanti da questi orizzonti. Tre diversi tipi di dissoluzione stratale sono stati riconosciuti: vug, biomoldic e “spongy-like”. Lo studio di questo tipo di dissoluzione risulta di particolare interesse per la formazione di porosità secondaria nei reservoirs carbonatici ed ha quindi costituito uno degli argomenti più approfonditi nello studio di dottorato. La comparazione morfologica delle cavità spony-like con simili strutture da dissoluzione presenti nelle piattaforme carbonatiche attuali, insieme ai dati geochimici, supporta l’influenza di una lente di acque di mixing per la formazione sia delle cavità spongy che della porosità vug e biomoldic. Il modello messo a punto implica la presenza di un apporto di acque dolci e di un’interazione tra le variazioni ad alta frequenza del livello del mare, responsabili della ciclicità peritidale e la tessitura delle facies subtidali. Durante le fasi di lowstand (con la conseguente formazione dei paleosuoli) un apporto di acque dolci, da una terra emersa vicina o dalle precipitazioni, interagisce con la lente freatica marina creando una lente di acque di mixing che staziona nei membri subtidali dei cicli. Il forte controllo tessiturale, dettato dalla bioturbazione, dal contenuto fossilifero o dall’assenza di entrambi, nelle facies subtidali risulta fondamentale nella determinazione della porosità risultante. In altre parole, quando la lente di mixing staziona in corrispondenza delle facies bioturbate, nelle quali si è creata una disomogeneità tessiturale fra sedimento originario e il riempimento delle cavità da bioturbazione, la dissoluzione risultante assume l’aspetto del pattern spongy. Nel caso della presenza di abbondanti gusci di bivalvi, la dissoluzione ad opera di acque di mixing crea una porosità di tipo biomoldic, mentre in assenza di un controllo tessiturale si sviluppa una porosità vug. Nelle aree di studio adiacenti (Monti di Palermo e Madonie) il limite tra i terreni triassici e giurassici è discontinuo. I depositi di scogliera del Norico-Retico presentano alcune cavità colmate da silt meteorici di età retica che indicano una breve fase di esposizione del margine di piattaforma seguita da un successivo annegamento. L’intensa frammentazione tettonica dimostrata da altri autori nel settore di Billiemi durante l’Hettangiano è responsabile della conversione del margine della piattaforma a scarpata. Si determina in questo modo una superfice di discontinuità che mette a contatto i depositi di scogliera con lembi discontinui di calcari bioclastici a brachiopodi del Pliensbachiano e/o con depositi pelagici ad ammoniti del Toarciano. La presenza di grandi volumi di depositi di scarpata dolomitizzati (Fm. Fanusi e Quacella Auct., nell’adiacente bacino Imerese, è qui interpretata come il risultato di ripetuti crolli da una scarpata a controllo tettonico impostatasi lungo il margine della piattaforma durante l’Hettangiano ed il Sinemuriano Questa ipotesi è anche supportata dalla presenza di sedimenti di differente facies ed età (tuttavia sempre del Giurassico Inferiore) che drappeggiano la scogliera come depositi di episcarpata.

Todaro, S.EVOLUZIONE DIAGENETICA DELLE SUCCESSIONI PANORMIDI DEL LIMITE TRIASSICO/GIURASSICO.

EVOLUZIONE DIAGENETICA DELLE SUCCESSIONI PANORMIDI DEL LIMITE TRIASSICO/GIURASSICO

TODARO, Simona

Abstract

The stratigraphical and sedimentological study of uppermost Triassic-lowermost Jurassic sections belonging to the Panormide platform in Sicily, has provided an original dataset that allow to put forward some new considerations on the complex evolution of this paleogeographic domain across the T/J boundary. Three main sectors have been investigated in detail along a northern Sicily W-E transect from the San Vito Lo Capo Peninsula, via the Palermo Mountains, to the Madonie Mountains. In the westernmost sector, at Monte Sparagio (San Vito Lo Capo Peninsula), the microfacies analysis has allowed to place the T/J boundary across a thick undifferentiated succession made of Upper Triassic-Lower Jurassic peritidal cycles, on the base of the last occurrence of Triasina hantkeni and the appearance of oligotypic facies with Thaumatoporella parvovesiculifera and Aeolisaccus. The transition appears fully conformable without any record of possible variations of the sedimentary regime (e.g. sea level fall, tectonic deformations) besides the faunal turnover. In this section evidence of a sea-level lowering are recognized well below the T/J boundary, roughly in the middle part of the Triasina zone, thus of the Rhaetian. This event is suggested by the presence of a particularly thick red paleosol that covers a karstified surface, laterally correlated with a structure that is interpreted as a paleosinkhole. Moreover an huge system of paleokarstic caves develops downward from this surface. The caves are filled up by collapsed breccias to form, in some parts “breccia pipes”. The breccia elements clearly derive from the peritidal host rock and are surrounded by polychrome silty matrices that rendered this breccia of great interest for ornamental purposes. The uplift of the platform can be estimated at about 130 m, a value that is difficult to explain only in terms of eustatic variation if we consider the estimated values (about 50 m) provided by Hallam (2001). So a tectonic forcing has to be considered possibly induced by the adjacent rifting of the Alpine Tethys. The Triassic cycles in this area show extensive phenomena of stratabound dissolution that clearly predate the cavern dissolution as indicated by the involvement of the latter in the collapse breccias that fills the paleocaves. Three main types of stratabound dissolution have been recognized: vug, moldic and “spongy-like”. The study of this type of dissolution is of particular interest for the diagenetic formation of the secondary porosity in carbonate reservoirs so it has been one of the main topic of the PhD. The morphological comparisons of the spongy-like cavities with recent similar dissolution patterns in modern carbonate platforms, coupled to the geochemical data, supports the influence of a mixing water lens for the formation of the spongy-like cavities but also for the vug and moldic stratabound porosity. The model put forward implies the presence of a fresh water supply in the area and an interaction between the high-frequency and low-amplitude sea-level fluctuations, responsible of the peritidal ciclicity, and the textural patterns of the subtidal facies. During the lowstand phases (and the subsequent formation of the Terra Rossa paleosols) a fresh-water supply, provided by adjacent exposed lands and/or by rainwaters, interacts with the phreatic marine lens giving rise to a thin mixing water lens floating on the phreatic marine zone and stationing in the subtidal member of the cycle. The strong textural control exerted by the bioturbation, by the fossil content or by the absence of both in a specific subtidal member is fundamental in determining the resulting solution patterns. In other words, when the mixing zone was stationed on the bioturbated mud, where a differential porosity and permeability existed, than dissolution preferentially assumed the spongy shape. In the presence of abundant mollusc shells, the dissolution operated by the mixing waters preferentially created biomoldic porosity, whilst without a strong macrotextural control a vuggy porosity could develop. In the adjacent study areas (Palermo and Madonie Mountains) the boundary between Triassic and Jurassic sediments is discontinuous. A drowning unconformity characterizes the marginal sector of the platform in which the reef complex is overlain by Pliensbachian pelagic limestones belonging to the “Rosso Ammonitico”. These data are indicative of a short subaerial exposure of the platform, during Rhaetian, and of a tectonic activity, along the platform margin, during Hettangian-Sinemurian times. These type of deformations are related to the rifting stages in the adjacent Alpine Tethys. The presence of a huge volume of slope dolomitized deposits (Fanusi and Quacella Formations Auct.), in the adjacent Imerese Basin account for a conversion of the reef complex, edging the platform, to a slope zone repeatedly affected by submarine collapses. This is also supported by the presence of sediment pockets (patches) of different facies and ages (however Early Jurassic) that drapes the reefs as epi-escarpment deposits.
Lo studio sedimentologico e stratigrafico di alcune sezioni del Triassico Superiore-Giurassico Inferiore del dominio Panormide (Sicilia), ha contribuito all’elaborazione di un dataset che consente di avanzare nuove considerazioni sulla complessa evoluzione di questo dominio paleogeografico in prossimità del limite T/J. Sono stati studiati in dettaglio tre principali settori lungo la porzione nord-occidentale della Sicilia, dai Monti di San Vito alle Madonie, attraverso i Monti di Palermo. Nel settore più occidentale presso Monte Sparagio (penisola di Capo San Vito), l’analisi delle microfacies ha consentito di posizionare il limite T/J all’interno di una spessa successione di cicli peritidali del Triassico Superiore-Giurassico Inferiore, sulla base della scomparsa di Triasina hantkeni e della comparsa di associazioni oligotipiche a Thaumapoporella parvovesiculifera e Aeolisaccus. Il passaggio appare continuo, non si evidenziano infatti discontinuità legate alla tettonica o alle variazioni del livello del mare. Evidenze di un abbassamento del livello del mare lungo questa sezione, sono state riconosciute ben al di sotto del limite T/J, all’interno della biozona a Triasina del Retico. Questo evento è evidenziato dalla presenza di uno spesso paleosuolo che ricopre una superfice carsificata correlabile lateralmente con una struttura interpretabile come una paleodolina. Inoltre, al sotto di questa superfice, si sviluppa un ampio sistema di grandi cavità paleocarsiche. Le cavità sono colmate da brecce da collasso formando, in alcuni casi, delle strutture tipo “breccia pipes”. Gli elementi della breccia derivano dall’host rock peritidale e sono circondate da una matrice siltosa policroma che rende questa breccia di particolare interesse ornamentale. L’emersione stimata della piattaforma è di circa 130 m, un valore che difficilmente può essere spiegato in termini di una variazione eustatica se si considera che il valore stimato da Hallam (2001) per la variazione Retica del l.m. è di circa 50 m. E’ quindi da considerare una possibile componente tettonica connessa al contemporaneo rifting della adiacente Tetide Alpina. I cicli triassici presenti in quest’area mostrano estesi fenomeni di dissoluzione stratale che chiaramente predatano la porosità “cavernus” come indicato dalla presenza, fra le brecce da collasso, di clasti derivanti da questi orizzonti. Tre diversi tipi di dissoluzione stratale sono stati riconosciuti: vug, biomoldic e “spongy-like”. Lo studio di questo tipo di dissoluzione risulta di particolare interesse per la formazione di porosità secondaria nei reservoirs carbonatici ed ha quindi costituito uno degli argomenti più approfonditi nello studio di dottorato. La comparazione morfologica delle cavità spony-like con simili strutture da dissoluzione presenti nelle piattaforme carbonatiche attuali, insieme ai dati geochimici, supporta l’influenza di una lente di acque di mixing per la formazione sia delle cavità spongy che della porosità vug e biomoldic. Il modello messo a punto implica la presenza di un apporto di acque dolci e di un’interazione tra le variazioni ad alta frequenza del livello del mare, responsabili della ciclicità peritidale e la tessitura delle facies subtidali. Durante le fasi di lowstand (con la conseguente formazione dei paleosuoli) un apporto di acque dolci, da una terra emersa vicina o dalle precipitazioni, interagisce con la lente freatica marina creando una lente di acque di mixing che staziona nei membri subtidali dei cicli. Il forte controllo tessiturale, dettato dalla bioturbazione, dal contenuto fossilifero o dall’assenza di entrambi, nelle facies subtidali risulta fondamentale nella determinazione della porosità risultante. In altre parole, quando la lente di mixing staziona in corrispondenza delle facies bioturbate, nelle quali si è creata una disomogeneità tessiturale fra sedimento originario e il riempimento delle cavità da bioturbazione, la dissoluzione risultante assume l’aspetto del pattern spongy. Nel caso della presenza di abbondanti gusci di bivalvi, la dissoluzione ad opera di acque di mixing crea una porosità di tipo biomoldic, mentre in assenza di un controllo tessiturale si sviluppa una porosità vug. Nelle aree di studio adiacenti (Monti di Palermo e Madonie) il limite tra i terreni triassici e giurassici è discontinuo. I depositi di scogliera del Norico-Retico presentano alcune cavità colmate da silt meteorici di età retica che indicano una breve fase di esposizione del margine di piattaforma seguita da un successivo annegamento. L’intensa frammentazione tettonica dimostrata da altri autori nel settore di Billiemi durante l’Hettangiano è responsabile della conversione del margine della piattaforma a scarpata. Si determina in questo modo una superfice di discontinuità che mette a contatto i depositi di scogliera con lembi discontinui di calcari bioclastici a brachiopodi del Pliensbachiano e/o con depositi pelagici ad ammoniti del Toarciano. La presenza di grandi volumi di depositi di scarpata dolomitizzati (Fm. Fanusi e Quacella Auct., nell’adiacente bacino Imerese, è qui interpretata come il risultato di ripetuti crolli da una scarpata a controllo tettonico impostatasi lungo il margine della piattaforma durante l’Hettangiano ed il Sinemuriano Questa ipotesi è anche supportata dalla presenza di sedimenti di differente facies ed età (tuttavia sempre del Giurassico Inferiore) che drappeggiano la scogliera come depositi di episcarpata.
DIAGENESI, PANORMIDE, LIMITE TRIASSICO/GIURASSICO, DISSOLUZIONE, SICILIA
Todaro, S.EVOLUZIONE DIAGENETICA DELLE SUCCESSIONI PANORMIDI DEL LIMITE TRIASSICO/GIURASSICO.
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