Mai come negli ultimi decenni il volto della Giustizia è apparso così contrassegnato da rugosità e increspature che ne hanno evidenziato il suo lento stato di senescenza e deterioramento. Agli occhi della collettività ha, ormai, assunto l’aspetto di intollerabile luogo d’inefficienza e sono tutti in grado di riconoscerne il suo male maggiore, radicato nell’estenuante lentezza dei suoi riti. Invero, il tempo è un elemento imprescindibile della qualità del processo sotto una duplice prospettiva: “occorre tempo per decidere, ma occorre altresì decidere in tempo”, e il tempo fissato per la decisione giudiziaria è un tempo dalla necessaria ragionevole durata. Il perseguimento di questa durata ragionevole è, dunque, l’unico modo in cui, in un ordinamento liberale e democratico, può essere posto il tema dell’efficienza della giustizia e la sua capacità di preservare gli essenziali diritti della persona. Ma quanto tale carattere trova effettiva realizzazione nella prassi applicativa dei sistemi giudiziari europei e quanto è, invece, ancora necessario fare per raggiungerne la sua piena attuazione? Partendo dall’endiadi del principio di ragionevole durata del processo, in un’ottica di tutela sovranazionale, la ricerca si pone l’obiettivo di analizzare il caso italiano di fronte al grave problema dei tempi processuali, preoccupandosi di mettere in mostra il contrasto qualitativo tra i rimedi normativi interni, ancora prevalentemente ancorati all’obsoleta seppur rivisitata legge Pinto, e gli ottimi risultati ottenuti dalla recente esperienza empirica del Tribunale di Torino, ben più conciliante con l’ambito sviluppo di una comune e condivisa “Cultura europea della Giurisdizione”.

Virzi', M.CULTURA DELLA RAGIONEVOLEZZA DEI TEMPI PROCESSUALI, GARANZIE CEDU E RIMEDI INTERNI:IL CASO ITALIANO TRA ESPERIENZE E PROSPETTIVE DI RIFORMA.

CULTURA DELLA RAGIONEVOLEZZA DEI TEMPI PROCESSUALI, GARANZIE CEDU E RIMEDI INTERNI:IL CASO ITALIANO TRA ESPERIENZE E PROSPETTIVE DI RIFORMA

VIRZI', Mariella

Abstract

Mai come negli ultimi decenni il volto della Giustizia è apparso così contrassegnato da rugosità e increspature che ne hanno evidenziato il suo lento stato di senescenza e deterioramento. Agli occhi della collettività ha, ormai, assunto l’aspetto di intollerabile luogo d’inefficienza e sono tutti in grado di riconoscerne il suo male maggiore, radicato nell’estenuante lentezza dei suoi riti. Invero, il tempo è un elemento imprescindibile della qualità del processo sotto una duplice prospettiva: “occorre tempo per decidere, ma occorre altresì decidere in tempo”, e il tempo fissato per la decisione giudiziaria è un tempo dalla necessaria ragionevole durata. Il perseguimento di questa durata ragionevole è, dunque, l’unico modo in cui, in un ordinamento liberale e democratico, può essere posto il tema dell’efficienza della giustizia e la sua capacità di preservare gli essenziali diritti della persona. Ma quanto tale carattere trova effettiva realizzazione nella prassi applicativa dei sistemi giudiziari europei e quanto è, invece, ancora necessario fare per raggiungerne la sua piena attuazione? Partendo dall’endiadi del principio di ragionevole durata del processo, in un’ottica di tutela sovranazionale, la ricerca si pone l’obiettivo di analizzare il caso italiano di fronte al grave problema dei tempi processuali, preoccupandosi di mettere in mostra il contrasto qualitativo tra i rimedi normativi interni, ancora prevalentemente ancorati all’obsoleta seppur rivisitata legge Pinto, e gli ottimi risultati ottenuti dalla recente esperienza empirica del Tribunale di Torino, ben più conciliante con l’ambito sviluppo di una comune e condivisa “Cultura europea della Giurisdizione”.
RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO;GARANZIE CEDU;LEGGE PINTO; TRIBUNALE DI TORINO;
Virzi', M.CULTURA DELLA RAGIONEVOLEZZA DEI TEMPI PROCESSUALI, GARANZIE CEDU E RIMEDI INTERNI:IL CASO ITALIANO TRA ESPERIENZE E PROSPETTIVE DI RIFORMA.
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