Le rappresentazioni del tempo e dello spazio variamente declinate nella storia dall’homo religiosus si riflettono e si esibiscono con particolare evidenza – oltre che nelle credenze, nei miti, nell’organizzazione dei sistemi sociali, ecc. – nelle cerimonie che sostanziano le feste religiose tradizionali, tanto a livello della loro organizzazione calendariale quanto a quello della articolazione degli specifici iter rituali e dei relativi contenuti simbolici. Le feste, infatti, agite in tempi e spazi definiti, da un lato disgiungono, perimetrando e connotando ritualmente, dunque significando, segmenti astratti dal continuum spazio-temporale, dall’altro ribadiscono sensi e ritmi esistenziali periodicamente esibendo la continuità della vita cosmica e sociale e proponendo un’irrinunziabile immagine – più o meno marcatamente ideale – dell’esserci del mondo e della società. Nella realtà delle società arcaiche, antiche e tradizionali, segnate dalla precarietà, ragione principale di permanente angoscia era l’incertezza della persistenza/ritorno del tempo, ossia della stessa vita umana, animale e vegetale. Seguendo le procedure proprie del pensiero religioso, per garantire e assicurare che lo spazio-tempo continuasse a esserci, era pertanto necessario da un lato simularne ritualmente e simbolicamente – ossia per l’homo religiosus realmente –, ripetendole, la sua morte e la sua rinascita, dall’altro ribadire, segnatamente attraverso procedure offertorie, l’assoluta dipendenza dell’ordine del cosmo e della vita dalla volontà divina. Pertanto non v’è né potrebbe esservi nessun rituale festivo di carattere calendariale che non sia correlato a precise scadenze dei processi produttivi e non contenga momenti offertori agli dèi/santi: siano essi di carattere corporale (pellegrinaggi, flagellazioni, gare, lotte, prove ginniche, ecc.), alimentare (sacrifici, orge, banchetti, ecc.), patrimoniale (dazioni di monili, denaro, ecc.). Quanto ancora oggi persiste delle traduzioni rituali di questo antico sistema ideologico emerge chiaramente nelle “feste popolari tradizionali”, particolarmente in quelle riferibili ai cicli stagionali e alle principali scadenze del calendario agricolo e pastorale: gli equinozi e i solstizi, la semina, il germoglio e la mietitura delle messi, la vendemmia e la fermentazione del vino, la transumanza, la tosatura, il parto delle greggi, ecc. Così può dirsi per la Sicilia. Guardando, infatti, all’organizzazione spazio-temporale e ai contenuti simbolici (azioni, parole, elementi materiali, ecc.) delle feste che scandiscono il tempo delle comunità isolane, con maggiore evidenza oggi di quelle delle aree interne e periferiche, si può osservare come i principali eventi rituali siano connessi alle scadenze dei tradizionali cicli ergologici agro-pastorali e siano sostanziati da riferimenti simbolici alle relative forme della produzione.

Buttitta, I. (2013). Feste e simboli rituali. In G. Ruffino (a cura di), Lingue e culture in Sicilia, vol. II (pp. 1044-1097). Palermo : Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani.

Feste e simboli rituali

BUTTITTA, Ignazio
2013-01-01

Abstract

Le rappresentazioni del tempo e dello spazio variamente declinate nella storia dall’homo religiosus si riflettono e si esibiscono con particolare evidenza – oltre che nelle credenze, nei miti, nell’organizzazione dei sistemi sociali, ecc. – nelle cerimonie che sostanziano le feste religiose tradizionali, tanto a livello della loro organizzazione calendariale quanto a quello della articolazione degli specifici iter rituali e dei relativi contenuti simbolici. Le feste, infatti, agite in tempi e spazi definiti, da un lato disgiungono, perimetrando e connotando ritualmente, dunque significando, segmenti astratti dal continuum spazio-temporale, dall’altro ribadiscono sensi e ritmi esistenziali periodicamente esibendo la continuità della vita cosmica e sociale e proponendo un’irrinunziabile immagine – più o meno marcatamente ideale – dell’esserci del mondo e della società. Nella realtà delle società arcaiche, antiche e tradizionali, segnate dalla precarietà, ragione principale di permanente angoscia era l’incertezza della persistenza/ritorno del tempo, ossia della stessa vita umana, animale e vegetale. Seguendo le procedure proprie del pensiero religioso, per garantire e assicurare che lo spazio-tempo continuasse a esserci, era pertanto necessario da un lato simularne ritualmente e simbolicamente – ossia per l’homo religiosus realmente –, ripetendole, la sua morte e la sua rinascita, dall’altro ribadire, segnatamente attraverso procedure offertorie, l’assoluta dipendenza dell’ordine del cosmo e della vita dalla volontà divina. Pertanto non v’è né potrebbe esservi nessun rituale festivo di carattere calendariale che non sia correlato a precise scadenze dei processi produttivi e non contenga momenti offertori agli dèi/santi: siano essi di carattere corporale (pellegrinaggi, flagellazioni, gare, lotte, prove ginniche, ecc.), alimentare (sacrifici, orge, banchetti, ecc.), patrimoniale (dazioni di monili, denaro, ecc.). Quanto ancora oggi persiste delle traduzioni rituali di questo antico sistema ideologico emerge chiaramente nelle “feste popolari tradizionali”, particolarmente in quelle riferibili ai cicli stagionali e alle principali scadenze del calendario agricolo e pastorale: gli equinozi e i solstizi, la semina, il germoglio e la mietitura delle messi, la vendemmia e la fermentazione del vino, la transumanza, la tosatura, il parto delle greggi, ecc. Così può dirsi per la Sicilia. Guardando, infatti, all’organizzazione spazio-temporale e ai contenuti simbolici (azioni, parole, elementi materiali, ecc.) delle feste che scandiscono il tempo delle comunità isolane, con maggiore evidenza oggi di quelle delle aree interne e periferiche, si può osservare come i principali eventi rituali siano connessi alle scadenze dei tradizionali cicli ergologici agro-pastorali e siano sostanziati da riferimenti simbolici alle relative forme della produzione.
2013
Settore M-DEA/01 - Discipline Demoetnoantropologiche
Buttitta, I. (2013). Feste e simboli rituali. In G. Ruffino (a cura di), Lingue e culture in Sicilia, vol. II (pp. 1044-1097). Palermo : Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani.
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