È impossibile comprendere la specificità delle attuali politiche europee di controllo delle migrazioni, senza confrontarsi con il grande tema dei luoghi di confinamento, in cui centinaia di migliaia di persone vengono oggi costrette semplicemente perché sprovviste di un regolare documento di soggiorno. Che si tratti di centri di detenzione istituzionali e militarizzati o di zone di concentramento informali, oppure nate spontaneamente, i luoghi qui analizzati sono tutti espressione del medesimo tentativo di governo della mobilità dei migranti, che ormai da diversi anni l’Unione europea sta praticando. Le radici dell’attuale sistema europeo di separazione di alcuni “corpi” dal resto della popolazione affondano in una storia lontana, che risale almeno alle origini dello stato-nazione e alle sue pratiche di confinamento del territorio, della cittadinanza e della stessa mobilità delle persone. Queste pratiche, nel corso della storia hanno prodotto gli istituti del “grande internamento” a cavallo tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, i campi per non belligeranti nelle colonie dei vari imperi, i lager nazisti e i Kz sovietici della metà del XX secolo. Tra queste forme di confinamento e quelle oggi riservate ai migranti è importante cogliere non solo le innegabili analogie, ma anche e soprattutto le differenze che le caratterizzano. Dallo studio dei “centri di detenzione” e delle “zone di concentramento” inchiestati a Malta, in Slovenia, a Lampedusa, in Francia e in Grecia, emerge un modello di confinamento pieno di contraddizioni, e dalle caratteristiche assolutamente nuove e in continua evoluzione, in cui un ruolo fondamentale assumono le scelte e i desideri di chi vede imbrigliata, ma non annullata, la propria mobilità all’interno di “percorsi confinati” e “campi di forza” che si sostituiscono alla vecchia immobilità senza via di fuga dei campi del passato.

Sciurba, A. (2009). Campi di forza. Percorsi confinati di migranti in Europa. Verona : ombre corte.

Campi di forza. Percorsi confinati di migranti in Europa

SCIURBA, Alessandra
2009-01-01

Abstract

È impossibile comprendere la specificità delle attuali politiche europee di controllo delle migrazioni, senza confrontarsi con il grande tema dei luoghi di confinamento, in cui centinaia di migliaia di persone vengono oggi costrette semplicemente perché sprovviste di un regolare documento di soggiorno. Che si tratti di centri di detenzione istituzionali e militarizzati o di zone di concentramento informali, oppure nate spontaneamente, i luoghi qui analizzati sono tutti espressione del medesimo tentativo di governo della mobilità dei migranti, che ormai da diversi anni l’Unione europea sta praticando. Le radici dell’attuale sistema europeo di separazione di alcuni “corpi” dal resto della popolazione affondano in una storia lontana, che risale almeno alle origini dello stato-nazione e alle sue pratiche di confinamento del territorio, della cittadinanza e della stessa mobilità delle persone. Queste pratiche, nel corso della storia hanno prodotto gli istituti del “grande internamento” a cavallo tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, i campi per non belligeranti nelle colonie dei vari imperi, i lager nazisti e i Kz sovietici della metà del XX secolo. Tra queste forme di confinamento e quelle oggi riservate ai migranti è importante cogliere non solo le innegabili analogie, ma anche e soprattutto le differenze che le caratterizzano. Dallo studio dei “centri di detenzione” e delle “zone di concentramento” inchiestati a Malta, in Slovenia, a Lampedusa, in Francia e in Grecia, emerge un modello di confinamento pieno di contraddizioni, e dalle caratteristiche assolutamente nuove e in continua evoluzione, in cui un ruolo fondamentale assumono le scelte e i desideri di chi vede imbrigliata, ma non annullata, la propria mobilità all’interno di “percorsi confinati” e “campi di forza” che si sostituiscono alla vecchia immobilità senza via di fuga dei campi del passato.
2009
978-88-95366-42-5
Sciurba, A. (2009). Campi di forza. Percorsi confinati di migranti in Europa. Verona : ombre corte.
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