Contrariamente a quanto avvenuto in Europa negli ultimi quindici anni in molti altri settori dove le reti infrastrutturali possono essere considerati come monopoli naturali e come tali storicamente di proprietà pubblica, il settore idrico in Italia è stato sostanzialmente immune dal processo di introduzione anche parziale di forme di competizione nel mercato fra operatori. Le ragioni di tale difficoltà sono certamente di tipo oggettivo, quali le caratteristiche tecniche ed economiche che rendono molto più difficile la competizione rispetto ad altri settori quali l’energia e le telecomunicazioni, l’elevato valore della rete infrastrutturale rispetto al valore delle risorsa, le implicazioni ambientali associate con l’utilizzo di una risorsa scarsa, ma anche di tipo soggettivo, e cioè il forte coinvolgimento degli enti locali nella gestione del servizio e la sostanziale avversione al suo trasferimento a soggetti privati o comunque terzi rispetto alle amministrazioni. La complessità della gestione del bene acqua è comunque ben presente nella legislazione comunitaria. Il primo considerato della direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia delle acque, recita «L’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale». La stessa direttiva, analizzata sinteticamente più avanti, recita altresì al considerato numero quindici «La fornitura idrica è un servizio di interesse generale, come indicato nella comunicazione della Commissione «I servizi di interesse generale in Europa»», Com (281), 1996. A livello comunitario le indicazioni che si stanno sviluppando vanno chiaramente in queste direzioni: «pieno rispetto del quadro comunitario di riferimento su appalti e concessioni se non viene pregiudicata la missione di interesse generale; garanzia di un sistema di regole chiaro e certo; forte attenzione al tema della qualità, della tutela degli utilizzatori e della accessibilità; massima trasparenza delle procedure adottate, con definizione ex ante delle eventuali modalità di compensazione per obblighi di servizio pubblico e di servizio universale; nuove formule di governance per includere i soggetti interessati all’assolvimento della missione del servizio. Il presente rapporto ha come scopo quello di dimostrare che l’applicazione di questi principi nel contesto italiano, nel rispetto della pubblicità e accessibilità della risorsa idrica e della proprietà pubblica delle reti, non deve necessariamente tradursi nella gestione pubblica dei servizi, ma che anzi l’introduzione di elementi di concorrenza possono coesistere con questo assetto e generare benefici per gli utenti. Fra gli elementi di criticità che impediscono lo sviluppo in Italia di un mercato di fornitura dei servizi efficiente e con livello tecnologico comparabile con quello dei Paesi più avanzati il rapporto ne identifica due di particolare importanza. Il primo è la necessità di istituire un sistema di regolazione e controllo indipendente e con forti competenze specifiche, all’interno del quale ridefinire un sistema tariffario efficiente che consenta, anche operando in difesa degli utenti del servizio, l’equa remunerazione del capitale di rischio e della capacità imprenditoriale dell’impresa. L’altro è la possibilità di innovare i meccanismi di finanziamento delle reti infrastrutturali, che permetta anche di ridurre la durata degli affidamenti ed una maggiore competizione nella fornitura dei servizi. In ogni caso qualunque proposta di riforma per essere credibile deve contenere una scelta coerente con il contesto legislativo europeo sulle modalità di finanziamento del sistema, cioè delle aliquote dei costi di investimento e gestione da porre a carico della fiscalità generale e delle tariffe individuali. Il rapporto, partendo da una analisi sulle specifiche caratteristiche della risorsa acqua e sulle modalità che ne regolano l’accesso, descrive successivamente il fabbisogno degli investimenti nelle reti infrastrutturali di settore in Italia, la situazione attuale del settore e le proposte legislative in itinere o presentate. Nei paragrafi finali sono descritte le innovazioni che in quest’ultimo argomento possono essere introdotte nelle modalità di finanziamento degli investimenti e si avanzano alcune proposte la cui introduzione potrebbe contribuire a creare condizioni favorevoli all’auspicabile sviluppo del settore in termini di efficienza economica ed efficacia nella fornitura del servizio. In appendice è infine sviluppato un confronto con altre realtà europee sui sistemi di regolazione e sulle modalità di finanziamento degli investimenti.

Mazzola, M.R. (2010). Le infrastrutture idriche: finanziamento, regolazione e mercato. In P.M. Manacorda (a cura di), I nodi delle reti: Infrastrutture, mercato e interesse pubblico (pp. 215-323). Firenze : Passigli Editori.

Le infrastrutture idriche: finanziamento, regolazione e mercato

MAZZOLA, Mario Rosario
2010-01-01

Abstract

Contrariamente a quanto avvenuto in Europa negli ultimi quindici anni in molti altri settori dove le reti infrastrutturali possono essere considerati come monopoli naturali e come tali storicamente di proprietà pubblica, il settore idrico in Italia è stato sostanzialmente immune dal processo di introduzione anche parziale di forme di competizione nel mercato fra operatori. Le ragioni di tale difficoltà sono certamente di tipo oggettivo, quali le caratteristiche tecniche ed economiche che rendono molto più difficile la competizione rispetto ad altri settori quali l’energia e le telecomunicazioni, l’elevato valore della rete infrastrutturale rispetto al valore delle risorsa, le implicazioni ambientali associate con l’utilizzo di una risorsa scarsa, ma anche di tipo soggettivo, e cioè il forte coinvolgimento degli enti locali nella gestione del servizio e la sostanziale avversione al suo trasferimento a soggetti privati o comunque terzi rispetto alle amministrazioni. La complessità della gestione del bene acqua è comunque ben presente nella legislazione comunitaria. Il primo considerato della direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia delle acque, recita «L’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale». La stessa direttiva, analizzata sinteticamente più avanti, recita altresì al considerato numero quindici «La fornitura idrica è un servizio di interesse generale, come indicato nella comunicazione della Commissione «I servizi di interesse generale in Europa»», Com (281), 1996. A livello comunitario le indicazioni che si stanno sviluppando vanno chiaramente in queste direzioni: «pieno rispetto del quadro comunitario di riferimento su appalti e concessioni se non viene pregiudicata la missione di interesse generale; garanzia di un sistema di regole chiaro e certo; forte attenzione al tema della qualità, della tutela degli utilizzatori e della accessibilità; massima trasparenza delle procedure adottate, con definizione ex ante delle eventuali modalità di compensazione per obblighi di servizio pubblico e di servizio universale; nuove formule di governance per includere i soggetti interessati all’assolvimento della missione del servizio. Il presente rapporto ha come scopo quello di dimostrare che l’applicazione di questi principi nel contesto italiano, nel rispetto della pubblicità e accessibilità della risorsa idrica e della proprietà pubblica delle reti, non deve necessariamente tradursi nella gestione pubblica dei servizi, ma che anzi l’introduzione di elementi di concorrenza possono coesistere con questo assetto e generare benefici per gli utenti. Fra gli elementi di criticità che impediscono lo sviluppo in Italia di un mercato di fornitura dei servizi efficiente e con livello tecnologico comparabile con quello dei Paesi più avanzati il rapporto ne identifica due di particolare importanza. Il primo è la necessità di istituire un sistema di regolazione e controllo indipendente e con forti competenze specifiche, all’interno del quale ridefinire un sistema tariffario efficiente che consenta, anche operando in difesa degli utenti del servizio, l’equa remunerazione del capitale di rischio e della capacità imprenditoriale dell’impresa. L’altro è la possibilità di innovare i meccanismi di finanziamento delle reti infrastrutturali, che permetta anche di ridurre la durata degli affidamenti ed una maggiore competizione nella fornitura dei servizi. In ogni caso qualunque proposta di riforma per essere credibile deve contenere una scelta coerente con il contesto legislativo europeo sulle modalità di finanziamento del sistema, cioè delle aliquote dei costi di investimento e gestione da porre a carico della fiscalità generale e delle tariffe individuali. Il rapporto, partendo da una analisi sulle specifiche caratteristiche della risorsa acqua e sulle modalità che ne regolano l’accesso, descrive successivamente il fabbisogno degli investimenti nelle reti infrastrutturali di settore in Italia, la situazione attuale del settore e le proposte legislative in itinere o presentate. Nei paragrafi finali sono descritte le innovazioni che in quest’ultimo argomento possono essere introdotte nelle modalità di finanziamento degli investimenti e si avanzano alcune proposte la cui introduzione potrebbe contribuire a creare condizioni favorevoli all’auspicabile sviluppo del settore in termini di efficienza economica ed efficacia nella fornitura del servizio. In appendice è infine sviluppato un confronto con altre realtà europee sui sistemi di regolazione e sulle modalità di finanziamento degli investimenti.
2010
Mazzola, M.R. (2010). Le infrastrutture idriche: finanziamento, regolazione e mercato. In P.M. Manacorda (a cura di), I nodi delle reti: Infrastrutture, mercato e interesse pubblico (pp. 215-323). Firenze : Passigli Editori.
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