L’ingresso delle implicazioni ambientali all’interno delle logiche e delle programmazioni economiche è avvenuto quando si è compreso appieno che le risorse ambientali, pur essendo riproducibili nella loro essenza fondamentale, non seguono il concetto di riproducibilità tipico, invece, dei processi industriali, interessando cioè non una singola generazione, ma bensì più individui e più generazioni. Proprio tale considerazione è contenuta all’interno della definizione di sviluppo sostenibile che la Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo ha elaborato nel 1987 (cfr. Rapporto Brundtland), specificando che i processi di sviluppo e di crescita attuali non dovevano compromettere le capacità di crescita e benessere delle generazioni future. Partendo da tale definizione iniziale, la comunità scientifica, ha via via proposto ulteriori definizioni di sviluppo sostenibile che ne hanno ampliato il significato. Nel 1991 la World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, ha introdotto il concetto di “peso” dell’attività umana sull’ambiente e sull’equilibrio degli ecosistemi. Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives), riprendendo la definizione del 1991, ha proposto una visione dello sviluppo sostenibile come qual percorso di crescita che fornisce elementi sociali, ambientali ed economici a tutti gli individui senza intaccare sia l’ambienta naturale che il sistema urbano e sociale. Nel 2001, l’UNESCO, ha proposto un interessante paragone tra la diversità culturale e la biodiversità come elementi fondamentali, il primo per l’umanità ed il secondo per la natura (cfr. Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). Con il tempo sono stati quindi messi a regime diversi strumenti statistici di rilevazione e di misurazione del dato che adesso costituiscono lo strumento fondamentale tramite il quale è possibile valutare sia l’impatto dell’attività economica sull’ambiente e sia l’efficacia delle politiche pubbliche nel tutelare le risorse naturali e quindi, esplicitare se il processo intrapreso dal sistema economico fosse di sola crescita o di sviluppo sostenibile.. Soprattutto in questo particolare ambito, anche sulla spinta di diversi disegni di legge presentati nelle due ultime legislature (DDL Giovanelli, DDL Turroni e DDL Specchia), si è cercato i realizzare un sistema di contabilità ambientale che, oltre a prevedere una “batteria” di indicatori fisici capaci di rappresentare la situazione ambientale, fossero anche capaci di fornire un indicazione sull’efficacia delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche proprio nelle azioni di salvaguardia e tutela del loro patrimonio ambientale. Il lavoro che si intende proporre mira ad effettuare una breve analisi sui diversi modelli di contabilità ambientali presenti e sulle fonti statistiche su cui essi si basano, per passare alla presentazione di tre modelli di contabilità ambientale che possono essere considerati, dai policy maker degli enti locali, come validi strumenti di misurazione della performance ambientale delle proprie amministrazioni. I tre modelli a cui si è fatto, e si farà, riferimento sono: il Metodo CLEAR, applicato da molte amministrazioni comunali del Centro Nord, e due nuovi modelli che sono stati elaborati durante un recente TTI, Tavolo Tecnico Interagenziale, promosso dalla sezione “Contabilità e Bilancio Ambientale” dell’APAT a cui hanno partecipato anche alcune ARPA regionali. In questa maniera si cercherà di sottolineare come il problema dello sviluppo sostenibile può essere visto sia dal punto di vista globale, quindi prendendo in considerazione ampi territori, sia da un punto di vista locale, con riferimento quindi alla dimensione comunale, perché proprio attraverso un monitoraggio costante delle politiche ambientali esercitate in ogni comune si potrà cercare di raggiunge obiettivi di crescita del benessere senza compromettere la stabilità degli ecosistemi e le possibilità delle generazioni future.

Corso, D. (2008). Indicatori e metodi per la valutazione delle politiche territoriali: le statistiche sull’ambiente e la contabilità ambientale come strumenti per lo sviluppo sostenibile. In Il Battito d'ali di una farfalla. Beni comuni e cambiamenti climatici (pp.275-296). Palermo : Fotograf.

Indicatori e metodi per la valutazione delle politiche territoriali: le statistiche sull’ambiente e la contabilità ambientale come strumenti per lo sviluppo sostenibile

CORSO, Dario
2008-01-01

Abstract

L’ingresso delle implicazioni ambientali all’interno delle logiche e delle programmazioni economiche è avvenuto quando si è compreso appieno che le risorse ambientali, pur essendo riproducibili nella loro essenza fondamentale, non seguono il concetto di riproducibilità tipico, invece, dei processi industriali, interessando cioè non una singola generazione, ma bensì più individui e più generazioni. Proprio tale considerazione è contenuta all’interno della definizione di sviluppo sostenibile che la Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo ha elaborato nel 1987 (cfr. Rapporto Brundtland), specificando che i processi di sviluppo e di crescita attuali non dovevano compromettere le capacità di crescita e benessere delle generazioni future. Partendo da tale definizione iniziale, la comunità scientifica, ha via via proposto ulteriori definizioni di sviluppo sostenibile che ne hanno ampliato il significato. Nel 1991 la World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, ha introdotto il concetto di “peso” dell’attività umana sull’ambiente e sull’equilibrio degli ecosistemi. Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives), riprendendo la definizione del 1991, ha proposto una visione dello sviluppo sostenibile come qual percorso di crescita che fornisce elementi sociali, ambientali ed economici a tutti gli individui senza intaccare sia l’ambienta naturale che il sistema urbano e sociale. Nel 2001, l’UNESCO, ha proposto un interessante paragone tra la diversità culturale e la biodiversità come elementi fondamentali, il primo per l’umanità ed il secondo per la natura (cfr. Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). Con il tempo sono stati quindi messi a regime diversi strumenti statistici di rilevazione e di misurazione del dato che adesso costituiscono lo strumento fondamentale tramite il quale è possibile valutare sia l’impatto dell’attività economica sull’ambiente e sia l’efficacia delle politiche pubbliche nel tutelare le risorse naturali e quindi, esplicitare se il processo intrapreso dal sistema economico fosse di sola crescita o di sviluppo sostenibile.. Soprattutto in questo particolare ambito, anche sulla spinta di diversi disegni di legge presentati nelle due ultime legislature (DDL Giovanelli, DDL Turroni e DDL Specchia), si è cercato i realizzare un sistema di contabilità ambientale che, oltre a prevedere una “batteria” di indicatori fisici capaci di rappresentare la situazione ambientale, fossero anche capaci di fornire un indicazione sull’efficacia delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche proprio nelle azioni di salvaguardia e tutela del loro patrimonio ambientale. Il lavoro che si intende proporre mira ad effettuare una breve analisi sui diversi modelli di contabilità ambientali presenti e sulle fonti statistiche su cui essi si basano, per passare alla presentazione di tre modelli di contabilità ambientale che possono essere considerati, dai policy maker degli enti locali, come validi strumenti di misurazione della performance ambientale delle proprie amministrazioni. I tre modelli a cui si è fatto, e si farà, riferimento sono: il Metodo CLEAR, applicato da molte amministrazioni comunali del Centro Nord, e due nuovi modelli che sono stati elaborati durante un recente TTI, Tavolo Tecnico Interagenziale, promosso dalla sezione “Contabilità e Bilancio Ambientale” dell’APAT a cui hanno partecipato anche alcune ARPA regionali. In questa maniera si cercherà di sottolineare come il problema dello sviluppo sostenibile può essere visto sia dal punto di vista globale, quindi prendendo in considerazione ampi territori, sia da un punto di vista locale, con riferimento quindi alla dimensione comunale, perché proprio attraverso un monitoraggio costante delle politiche ambientali esercitate in ogni comune si potrà cercare di raggiunge obiettivi di crescita del benessere senza compromettere la stabilità degli ecosistemi e le possibilità delle generazioni future.
Settore SECS-S/02 - Statistica Per La Ricerca Sperimentale E Tecnologica
2008
Di fronte a un bivio. Beni comuni e cambiamenti climatici
Palermo
28,29 settembre 2007
2008
22
Corso, D. (2008). Indicatori e metodi per la valutazione delle politiche territoriali: le statistiche sull’ambiente e la contabilità ambientale come strumenti per lo sviluppo sostenibile. In Il Battito d'ali di una farfalla. Beni comuni e cambiamenti climatici (pp.275-296). Palermo : Fotograf.
Proceedings (atti dei congressi)
Corso, D
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10447/59300
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