Il presente contributo prende lo spunto da un recente intreccio giurisprudenziale concernente alcuni profili del diritto amministrativo che, per quanto differenti, risultano vieppiù permeabili l’uno rispetto all’altro: stiamo parlando del principio della consensualità e della concorsualità dell’agire amministrativo . Quest’ultimo, com’è noto, costituisce il principio faro dell’attuazione delle direttive in materia di appalti pubblici, dal quale scaturiscono, attraverso un processo per così dire di “gemmazione”, ulteriori regole che accompagnano il procedimento di aggiudicazione e la fase prodromica alla stessa. Una gemmazione che, nel nostro caso, deriva dal punto di contatto tra normativa ad evidenza pubblica e normativa procedimentale - rectius (come si vedrà) dal rapporto della regola della concorsualità con i principi dell''azione amministrativa - preso in considerazione dall’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (d’ora in poi Codice dei Contratti), il quale dispone che “per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni” . Siffatta disposizione, per quanto a nostro avviso non venga sconfessata da quella contenuta nell’art. 1, comma 1-bis, legge n. 241 del 1990 (“la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”), non elimina la necessità di un suo inquadramento sistematico nel più ampio contesto dei principi del diritto comunitario rilevanti per l’azione amministrativa degli Stati membri, in quanto direttamente applicabili e in astratto prevalenti mercé il metaprincipio della primazia del diritto comunitario . Nell’approfondire la questione in oggetto si impongono da subito alcune precisazioni di carattere preliminare. In primo luogo non occorre dilungarsi oltremodo sulla scelta di campo in favore della valenza (ormai) prescrittiva dei principi che governano l’azione amministrativa intesa nel suo complesso: basta in tal senso soffermarsi sull’accento posto in dottrina sulla diretta prescrittività di tali principi in quanto essi non costituiscono solo un limite o un criterio (cd. norma regolatrice dell’esercizio del potere) ma divengono ora una vera e propria fonte (cd. norma attributiva del potere) a prescindere, peraltro, da una loro copertura costituzionale o legislativa . Di talché in presenza di un conflitto di tali principi-fonte si pone la necessità di operare mediante un giudizio di bilanciamento (o di contemperamento) improntato al criterio della ragionevolezza. In secondo luogo, si può avvertire sempre meno, nel nostro ordinamento, la biforcazione del principio della consensualità nel senso cioè che esso risulta in grado di abbracciare nel suo seno sia il profilo relativo alla interazione dei soggetti pubblici e privati (la cui sede naturale è da rinvenirsi nell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241); sia quello relativo alla interazione tra soli soggetti pubblici (artt. 14 e più esplicitamente 15 della legge n. 241 del 1990). La linea di tendenza infatti unifica le istanze della partecipazione e del coordinamento in unico contesto di riferimento dando luogo a combinazioni originali e cangianti .

Impastato, I. (2010). Il principio consensuale prevale sul principio concorrenziale: anzi no!. GIUSTAMM.IT, 10(10).

Il principio consensuale prevale sul principio concorrenziale: anzi no!

IMPASTATO, Ignazio
2010-01-01

Abstract

Il presente contributo prende lo spunto da un recente intreccio giurisprudenziale concernente alcuni profili del diritto amministrativo che, per quanto differenti, risultano vieppiù permeabili l’uno rispetto all’altro: stiamo parlando del principio della consensualità e della concorsualità dell’agire amministrativo . Quest’ultimo, com’è noto, costituisce il principio faro dell’attuazione delle direttive in materia di appalti pubblici, dal quale scaturiscono, attraverso un processo per così dire di “gemmazione”, ulteriori regole che accompagnano il procedimento di aggiudicazione e la fase prodromica alla stessa. Una gemmazione che, nel nostro caso, deriva dal punto di contatto tra normativa ad evidenza pubblica e normativa procedimentale - rectius (come si vedrà) dal rapporto della regola della concorsualità con i principi dell''azione amministrativa - preso in considerazione dall’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (d’ora in poi Codice dei Contratti), il quale dispone che “per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni” . Siffatta disposizione, per quanto a nostro avviso non venga sconfessata da quella contenuta nell’art. 1, comma 1-bis, legge n. 241 del 1990 (“la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”), non elimina la necessità di un suo inquadramento sistematico nel più ampio contesto dei principi del diritto comunitario rilevanti per l’azione amministrativa degli Stati membri, in quanto direttamente applicabili e in astratto prevalenti mercé il metaprincipio della primazia del diritto comunitario . Nell’approfondire la questione in oggetto si impongono da subito alcune precisazioni di carattere preliminare. In primo luogo non occorre dilungarsi oltremodo sulla scelta di campo in favore della valenza (ormai) prescrittiva dei principi che governano l’azione amministrativa intesa nel suo complesso: basta in tal senso soffermarsi sull’accento posto in dottrina sulla diretta prescrittività di tali principi in quanto essi non costituiscono solo un limite o un criterio (cd. norma regolatrice dell’esercizio del potere) ma divengono ora una vera e propria fonte (cd. norma attributiva del potere) a prescindere, peraltro, da una loro copertura costituzionale o legislativa . Di talché in presenza di un conflitto di tali principi-fonte si pone la necessità di operare mediante un giudizio di bilanciamento (o di contemperamento) improntato al criterio della ragionevolezza. In secondo luogo, si può avvertire sempre meno, nel nostro ordinamento, la biforcazione del principio della consensualità nel senso cioè che esso risulta in grado di abbracciare nel suo seno sia il profilo relativo alla interazione dei soggetti pubblici e privati (la cui sede naturale è da rinvenirsi nell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241); sia quello relativo alla interazione tra soli soggetti pubblici (artt. 14 e più esplicitamente 15 della legge n. 241 del 1990). La linea di tendenza infatti unifica le istanze della partecipazione e del coordinamento in unico contesto di riferimento dando luogo a combinazioni originali e cangianti .
2010
Settore IUS/10 - Diritto Amministrativo
Impastato, I. (2010). Il principio consensuale prevale sul principio concorrenziale: anzi no!. GIUSTAMM.IT, 10(10).
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