ARTE E ARCHITETTURA LIBERTY IN SICILIA Questa raccolta di volumi sul Liberty in Sicilia si propone di articolare l’itinerario conoscitivo delle stesso fenomeno (assurto a fenomeno corale) in sezioni utili a individuarne peculiarità in un più ampio raggio d’azione. È anche in virtù della formidabile compagine di imprese artigiane e di industrie (specializzate nella produzione d’oggetti d’uso o nella finitura decorativa delle architetture) attive in Sicilia in quei decenni che il locale modernismo, animato ad un tempo da aspirazioni internazionaliste e da una consapevole autostima (a sua volta nutrita dall’affiorante sicilianismo), assume connotazioni del tutto peculiari nel panorama del Liberty italiano. Mobilieri come Ahrens, Barraja, Dagnino, Ducrot, Forte, Giacomazzi, Li Vigni, Mucoli, Sardella, Sberna, Vinci, Wackerlin, maestri del ferro battuto o delle fusioni in metallo come Celeste, Luparello, Martorella, Prazio, Rutelli, stuccatori come i fratelli Li Vigni, fabbriche di stoviglie e suppellettili come la Ceramica Florio, vetrerie come la Ditta Caruso, stabilimenti di terrecotte artistiche come Vella, costruttori di apparecchi di illuminazione come Caraffa, e ancora cementisti, mosaicisti, vetrai, ebanisti, scalpellini e decoratori hanno dato un contributo non inferiore a quello dei progettisti e degli artisti alla formulazione di una specifica fisionomia del liberty isolano. Palermo, Catania, Caltagirone, Messina, Siracusa e le città degli Iblei rappresentano, pur con diversa portata culturale e qualità artistica, altrettanti poli del Liberty siciliano. Realtà fra loro estremamente diversificate, tanto da conferire al fenomeno valenza di molteplice movimento culturale e sociale con caratteristiche del tutto autonome da quello coevo nazionale. Fra la prima età del Liberty in Sicilia, interamente dominata fino allo scadere del primo biennio del XX secolo dalla figura di Ernesto Basile (Palermo 1857-1932), e la sua lunga ultima stagione, caratterizzata da epigoni (divenuti poi del tutto impermeabili al “nuovo”) e anonimi progettisti e decoratori, si svolgono i due decenni della fase di maggiore incidenza di questa tendenza stilistica nel processo di rinnovamento dei centri urbani siciliani (e in maniera più circoscritta anche di ambiti suburbani e rurali); è un periodo che vede come protagonisti lo stesso Basile, i migliori esponenti della sua “scuola” (sia quelli provenienti dalla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri ed Architetti dell’Ateneo di Palermo sia quelli del Corso Speciale di Architettura del Regio Istituto di Belle Arti, sempre di Palermo) e un novero di architetti, ingegneri e geometri, attivi in tutta la Sicilia, autonomi (rispetto ai codici basiliani) o solo occasionalmente impegnati ad operare in chiave Liberty (talvolta influenzati dai “modi” formali di Basile, talvolta ecletticamente ricettivi di altre tendenze continentali, prevalentemente d’oltralpe); fra questi ultimi emergono Vincenzo Alagna, Emanuele Arangi, Gaetano Avolio, Paolo Bonci, Filippo Cusano, Saro Cutrufelli, Francesco Donati Scibona, Michele La Cavera, Paolo Lanzerotti, Filippo La Porta, Fabio Majorana, Tommaso Malerba, Salvatore Mazzarella, Giuseppe Manzo, Salvatore Marascia, Giuseppe Nicolai, Giuseppe Piccione, Francesco Paolo Rivas, Achille Patricolo, Giovanni Pernice, Giovanni Tamburello, Nicolò Tripiciano, Gaetano Vinci, Antonio Zanca. Si trattò di un’eccezionale proliferazione di realizzazioni proprio nel campo della produzione edilizia (ancor più che nelle arti figurative), verificatasi in gran parte del territorio dell’isola. Il protrarsi decisamente fuori tempo massimo della fortuna di quest’esperienza ha la sua manifestazione più eclatante nelle derivazioni di provincia prevalentemente influenzate dalla “cellula” propulsiva dell’Arte Nuova palermitana attivata da Ernesto Basile (a meno di Messina, per la cui ricostruzione il filone della “maniera” di Basile dovette fare i conti con i nuovi equilibri nazionali delle forze finanziarie, e dell’area di Siracusa, orientata ad un ubertoso florealismo dovuto alla esemplare direzione, di orientamento boitiano, del piemontese Giovanni Fusero della locale Regia Scuola d’Arte Applicata all’Industria). Ma non bisogna dimenticare che in Sicilia continua ad operare con grande qualità, quantomeno fino alla prima guerra mondiale, un irriducibile filone tradizionalista, del tutto impermeabile alla linea estetica modernista (ma anche alle sue derive di “consumo”) e tuttavia portatore di specifici valori culturali; ne sono paladini Carlo Sada e i suoi bravi epigoni in area catanese e Giuseppe Damiani Almeyda con i suoi più validi allievi (fra cui Nicolò Mineo e Antonio Zanca) attivi a Palermo come del resto anche Francesco Paolo Palazzotto, una delle personalità più interessanti del tardo eclettismo italiano. È questa l’altra tendenza rispetto all’idea di Basile di coinvolgere artisti, progettisti e intellettuali in un’azione culturale collettiva tesa al raggiungimento di una “via latina” del programma di generale “riorganizzazione del visibile” propugnato dalla migliore cultura modernista internazionale. Un proposito che Basile, soprattutto a partire dal 1905, riesce a perseguire anche a livello regionale (e non solo) grazie alla presenza di significative figure della sua “scuola” nelle più dinamiche realtà urbane dell’isola: a Palermo con Ernesto Armò, Salvatore Benfratello, Enrico Calandra, Giuseppe Capitò, Salvatore Caronia Roberti, Giuseppe Di Giovanni, Salvatore Li Volsi Palmigiano, Antonio Lo Bianco, Giovan Battista Santangelo, Pietro Scibilia; a Catania con Francesco Fichera; a Messina con Camillo Autore e poi con Enrico Calandra (raggiunto successivamente da Giuseppe Samonà, anch’egli allievo di Basile ma della sua ultima stagione di docenza); a Caltagirone con Saverio Fragapane; a Licata con Filippo Re Grillo; a Trapani con Francesco La Grassa. Alcuni degli allievi di Basile operarono, con successo, anche in ambito continentale: Leonardo Paterna Baldizzi fu tra i primi a realizzare opere Liberty a Roma e a Napoli; sempre a Roma , oltre allo stesso Basile (che realizza significative architetture, fra cui l’ampliamento di Palazzo Montecitorio, la palazzina Vanoni, la villa di Rudinì e il Gran Cafè Faraglia), opera lungamente F. La Grassa; a Milano è attivo, per un periodo della sua carriera professionale, G. Di Giovanni; a Reggio Calabria e dintorni svolge parte della propria attività C. Autore; a Pisa si trasferisce per lungo tempo S. Benfratello quale cattedratico del locale Ateneo. Le migliori espressioni dell’arte e dell’architettura (e principalmente di quest’ultima) del periodo Liberty in Sicilia sono conseguenza di un dialogo a distanza con correnti internazionali (ma solo se ritenute affini) instaurato dall’alveo di una locale tradizione di ricerca del nuovo (ne è esemplificativa l’eredità dell’eclettismo sperimentale di Giovan Battista Filippo Basile, padre di Ernesto, e le sue ascendenze, fino a risalire al periodo neoclassico, con il fondatore della cultura architettonica d’età contemporanea in Sicilia, Giuseppe Venanzio Marvuglia). Allo stesso modo l’intera società siciliana della fase finale della Belle Èpoque e dei primi Anni Ruggenti si sente depositaria di solide tradizioni ottocentesche. Una consapevolezza, questa, che contraddistingue i pur diversi modi di operare: nel campo imprenditoriale, con l’ultima generazione dei Florio e dei Whitaker, e con i Chiaramonte Bordonaro, i D’Alì, i Favitta, i Lanza di Scalea, i Lombardo Gangitano, i Majorca di Francavilla, i Manganelli, i Sanderson, i Tasca, i Trabia, i Verderame, ma anche con nuovi imprenditori, come Amoroso, Averna, Biondo, Castellano, Ducrot, Favara, Finocchiaro, Orlando, Pecoraino, Rutelli, Sandron, Sangiorgi, Scaglia, Utveggio, Velis coscienti della propria appartenenza ad una classe sociale dalla quale la collettività si aspettava molto. Sono soprattutto i Florio con Ignazio e la consorte Franca Iacona di Notarbartolo, contessa di San Giuliano, (coppia dotata, oltre che di una incalcolabile fortuna, di opportuni fascino, buon gusto e physique du rôle) e con Vincenzo, fratello minore del primo (tombeur de femmes e prototipo dello sportman di quegli anni), a fare della modernità una propria cifra distintiva. I Florio perseguono, infatti, una precisa “politica dell’immagine” (da qui il legame con Basile, con il mobiliere Ducrot, con pittori come De Maria, Cortegiani, Gregorietti, e con scultori come Civiletti, Ximenes e Ugo); tutte le loro azioni sociali (da quelle mondane a quelle filantropiche, da quelle promozionali a quelle politiche), il loro apparire, il loro intessere rapporti economici ma anche “diplomatici” (come nel caso dei reali d’Inghilterra, di Russia e di Germania) riflettono l’ideale di porsi come modello di una nuova Sicilia che, non più semplice fornitrice di materie prime, si proponeva nel nuovo circuito delle aree emergenti (pur con il permanere di drammatiche sperequazioni e sacche di miseria) come esportatrice di prodotti finiti e, quindi, anche di nuovi modelli comportamentali. Relativamente ad un profilo intellettuale e scientifico, quelli fra il 1897 e il 1924 sono per la Sicilia gli anni degli scrittori Capuana, Pirandello, Ragusa Moleti, Rapisardi e Verga, degli storici dell’arte Di Marzo e Pitini, ma anche dei pensatori Gentile, Guastella, Orestano e Amato Pojero, dell’attore Musco e dell’attrice Menichelli, del matematico Guccia, dei geologi Gemmellaro, del botanico Borzì, dei medici Buccola, Cervello, Cirincione, Di Cristina, Durante, D’Urso, Facciolà, Fichera, Giuffrè e Tricomi; in ambito politico e sociale in questo periodo operano figure come Bonanno, Colajanni, Crispi, De Felice Giuffrida, Di Rudinì, Finocchiaro Aprile, Nasi, Paternò di Sessa e Sturzo. Fra gli artisti, pittori come Abate, Catti, Cercone, Cortegiani, De Gregorio, De Maria Bergler, Di Giovanni, Enea, Gregorietti, Liotta Cristaldi, Lentini, Leto, Lojacono, Mirabella, Reina, Spina, Tomaselli, Vetri, Vicari, e scultori come Balistreri, Civiletti, Costantino, Delisi, Gangeri, Garufi, Geraci, Moschetti, Nicolini, Ragusa, Rutelli, Trentacoste, Ugo e Ximenes traghettano felicemente, anche se con disomogenee intensità e motivazioni, le loro precedenti esperienze nell’alveo della tendenza modernista, senza tuttavia rimanerne coinvolti fino in fondo (a meno di un circoscritto periodo del nucleo sparuto del “cenacolo di Basile” formato da De Maria, Enea, Geraci, Gregorietti, Rutelli, Ugo e Ximenes). Altrimenti pittori come Corona, De Francisco, Rizzo, Terzi, Trombadori e scultori come Campini, D’Amore, Li Muli muovono solo i primi passi in ambito modernista per poi maturare significativi percorsi in altre direzioni della cultura artistica novecentesca. Alla compagine di intellettuali, artisti, imprenditori, statisti, scienziati e pensatori va aggiunta, infine, quella delle maestranze specializzate, che negli opifici e nelle miniere, così come nei cantieri edilizi e nelle botteghe artigiane dettero un contributo determinante allo sviluppo e alla fisionimia moderna della società siciliana di quel periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. Saranno proprio queste maestranze specializzate le prime vittime del crollo del sistema produttivo isolano (atterrato quasi improvvisamente a ridosso del primo conflitto mondiale e “finito” negli avanzati Anni Ruggenti). Ultimi a partire in massa (in ordine cronologico) i siciliani, o meglio le forze più vive della regione, andranno ad ingrossare quelle file degli emigranti italiani che con le loro “rimesse” contribuiranno inconsapevolmente alla ripresa economica delle aree emergenti del regno d’Italia; ma la nuova mappa dello sviluppo industriale nazionale non comprendeva più la loro terra natìa. Dopo di loro sarà la volta della classe imprenditoriale, la cui repentina devitalizzazione porterà alla liquidazione del potenziale produttivo e, in seconda battuta, alla decadenza del patrimonio architettonico e artistico ad essa legato. Anche in considerazione della débâcle, avviata nella tarda fase dell’età giolittiana, della propositività economica della Sicilia e quindi del conseguente declino della sua “società civile” era, dunque, inevitabile una considerevole dispersione dei “documenti” (nell’accezione più ampia del termine) relativi alla cultura modernista in Sicilia. Riproporne, oggi, in una mostra di itinerari possibili (basati sull’esistente) e di itinerari virtuali (basati sulla documentazione pervenutaci e su una selezione di “reperti” sopravvissuti), la lettura critica è forse solo un modesto omaggio ad un segmento particolarmente significativo della nostra storia. È in ogni caso, un doveroso “meccanismo” della conoscenza quello che è stato ordinato nelle sale espositive di Palazzo Ziino, nella speranza che anche questa mostra possa adempiere all’ingrato compito di ergersi al ruolo di sentinella delle testimonianze di un pezzo nevralgico della nostra storia e che ne possa riammagliare le migliori valenze in una rete di conoscenze tematiche. La mostra si compone di diverse sezioni, tese a documentare il momento storico e a rappresentare la molteplicità delle variabili del fenomeno e i diversi campi di applicazione del nuovo linguaggio. La Sezione storico documentaria comprende due settori intitolati, rispettivamente, Protagonisti e comprimari (composta da undici pannelli) e Architettura, arte e società (di ventuno pannelli). Il primo di questi due settori è ad apertura dell’intera mostra e documenta con riproduzioni di pitture, fotografie, e illustrazioni d’epoca (relative a pose da ritratto o a composizioni di gruppo o, ancora, a determinate occasioni) e con notizie biografiche, alcuni dei personaggi e degli eventi più significativi del periodo: committenti, architetti e ingegneri, imprenditori, pittori, scultori, decoratori, rappresentanti della vita politica e istituzionale, attori di teatro e del cinema, letterati, poeti, operai, minatori, artigiani e contadini, ma anche sportivi e persino proseliti di quelle attività sportive che, unitamente ai gran balli e alle manifestazioni mondane e sociali, rappresentarono il più articolato scenario collettivo della “civiltà” Belle Èpoque siciliana. La Sezione itinerari documenta, con percorsi a tema sviluppati in cinquanta pannelli fotografici, l’attuale patrimonio dell’architettura e delle arti decorative liberty nelle varie realtà territoriali dell’isola, risultato di una ricognizione condotta su basi scientifiche e volta ad individuare le principali variabili e i fenomeni caratterizzati da soluzioni di continuità culturali, ovvero sviluppi trainati da situazioni particolaristiche che ne sottolineano i caratteri di singolarità. I quattordici itinerari individuati riguardano, infine, un ventaglio di temi specifici dalla significativa ricaduta sul manifestarsi di alcune variabili del modernismo isolano. L’approfondimento del vissuto è affidato all’esposizione di parte degli arredi e degli oggetti d’arte applicata della Sezione arti decorative e industriali; questa si snoda solo in minima parte nelle tre sale dedicate alla Sezione Itinerari, mentre è in prevalenza ospitata nelle sale successive dedicate all’esposizione delle opere d’arte figurativa, proprio nel rispetto di quel principio di “unità delle arti” tanto caro ai modernisti. L’arredo, in quanto più originale contributo della Sicilia alla cultura modernista, ha un posto di particolare rilievo con il prevalere di mobili eseguiti dalle officine Ducrot di Palermo (in buona misura su disegni di E. Basile). È in questa seconda sequenza di sale che trova posto anche il settore Architettura, arte e società della Sezione storico documentaria. Esso, segmentato in sottosettori tematici, è relativo ad immagini di città e ad alcuni piani di ampliamento, ad architetture, ad arredi e singoli mobili, ad ambienti di lavoro, agli opifici, alla grafica per la propaganda (commerciale, politica, editoriale, ecc…), alla presenza del Liberty siciliano fuori dell’isola, alle esposizioni, agli eventi mondani e sportivi, ai luoghi del tempo libero e della formazione (sia di artisti, architetti e ingegneri sia delle maestranze addette al settore della decorazione architettonica), ai circoli culturali e alle manifestazioni di costume; una galleria di immagini d’epoca che illustra (con materiali d’archivio) la realtà siciliana di fine Ottocento e dei primi decenni del Novecento. Un ultimo sottosettore illustra, con una stringata selezione di opere, l’attività di alcuni dei più significativi artisti siciliani del periodo. Nelle stesse sale, nelle quali si sviluppa il settore Architettura, arte e società della Sezione storico documentaria, la Sezione arti figurative mostra con pezzi originali, alcuni dei quali inediti, la produzione pittorica (con acquarelli, tempere, oli e disegni di Alessandro Abate, Michele Catti, Vittorio Corona, Pietro De Francisco, Ettore De Maria Bergler, Luigi Di Giovanni, Michele Cortegiani, Salvatore Gregorietti, Totò Gregorietti, Rocco Lentini, Antonino Leto, Pasquale Liotta Cristaldi, Francesco Lojacono, Mario Mirabella, Gennaro Pardo, Lucrezia Piazza Giuffrè, Eleonora Ragusa Kiyohara, Calcedonio Reina, Pippo Rizzo, Rosario Spina, Onofrio Tomaselli, Francesco Trombadori, Paolo Vetri, Tommaso Vicari) e la produzione scultorea (con bronzi, terracotte, gessi e marmi di Benedetto Balistreri, Benedetto Civiletti, Archimede Campini, Benedetto D’Amore, Gaetano Geraci, Domenico Li Muli, Giovanni Nicolini, Mario Rutelli, Ettore Ximenes, Antonio Ugo); conservate in collezioni private o presso istituzioni pubbliche (tutte le opere in mostra provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna di Palermo non sono fra quelle abitualmente esposte al pubblico e provengono dai depositi del Complesso di Sant’Anna) queste pitture e sculture sono rappresentative delle diverse fasi delle arti figurative siciliane del periodo modernista; dall’impalpabile trasfigurarsi della tradizione (del vedutismo, del verismo, della ritrattistica, ecc…) in relazione all’affermarsi del nuovo gusto estetico, alla maturazione di una peculiare tendenza “Arte Nuova” (sempre possibilista nei confronti delle rispettive “provenienze” culturali), fino al superamento di quest’ultima, una volta terminata la sua parabola propositiva, o nella direzione di una revisione critica “di ritorno” (alla dimensione verista o classicista, ma sovente secondo una nuova impronta ieratica) o sviluppandone alcune componenti verso le nuove mete del sentire artistico internazionale. La Sezione editoria, che accompagna la precedente, illustra, con una circoscritta selezione di fascicoli, la circolazione in Sicilia della pubblicistica internazionale e nazionale specializzata di arte e architettura e l’attività editoriale isolana con l’esposizione di libri, riviste e giornali (fra le testate esposte: «L’Architettura pratica»; «L’Arte Decorativa Moderna»; «L’Architettura italiana»; «L’Edilizia Moderna»; «L’Illustrazione siciliana»; «L’Ora Illustrata»; «The smart set»; «Psiche»; «La Bohéme»; «La Sicile Illustrée»; «Rapiditas»; ecc.). La Sezione architettura, sviluppata nelle ultime due sale e, per continuità, contigua al settore Protagonisti e comprimari della Sezione storico documentaria (con i ritratti e le biografie), è dedicata all’esposizione dei disegni originali di alcuni dei principali protagonisti del liberty siciliano; si tratta di una ridotta selezione della produzione progettuale del periodo scelto ad illustrare il fenomeno e compresa tra il 1897 e il 1924 (con disegni di Ernesto Basile, Salvatore Benfratello, Salvatore Caronia Roberti, Francesco Fichera, Francesco La Grassa, Antonio Lo Bianco, Filippo Re Grillo, Pietro Scibilia, Antonio Zanca, ecc.). Quattordici itinerari tematici del liberty in Sicilia, di cui cinque insistono su Palermo e la sua provincia, elaborati nel corso del progetto di formazione post lauream “Beni culturali e sviluppo locale – valorizzazione dei beni culturali”, promosso e gestito dal Dipartimento di Storia e Progetto nell’Architettura dell’Università degli Studi di Palermo e finanziato con fondi della Comunità Europea dall’Assessorato Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione (Dipartimento Regionale Formazione Professionale) della Regione Siciliana, compongono parte cospicua delle sezioni in cui si articola questa mostra, la cui opportunità di realizzazione è maturata nell’ambito dello stesso progetto, ma che ha acquisito più ampio respiro dall’intesa sull’iniziativa fra lo stesso Dipartimento, la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo e il Settore Cultura del Comune di Palermo, nonché dalla collaborazione della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana.

Quartarone, C., Sessa, E., Mauro, E. (2008). Arte e architettura liberty in Sicilia.

Arte e architettura liberty in Sicilia

QUARTARONE, Carla;SESSA, Ettore;
2008-01-01

Abstract

ARTE E ARCHITETTURA LIBERTY IN SICILIA Questa raccolta di volumi sul Liberty in Sicilia si propone di articolare l’itinerario conoscitivo delle stesso fenomeno (assurto a fenomeno corale) in sezioni utili a individuarne peculiarità in un più ampio raggio d’azione. È anche in virtù della formidabile compagine di imprese artigiane e di industrie (specializzate nella produzione d’oggetti d’uso o nella finitura decorativa delle architetture) attive in Sicilia in quei decenni che il locale modernismo, animato ad un tempo da aspirazioni internazionaliste e da una consapevole autostima (a sua volta nutrita dall’affiorante sicilianismo), assume connotazioni del tutto peculiari nel panorama del Liberty italiano. Mobilieri come Ahrens, Barraja, Dagnino, Ducrot, Forte, Giacomazzi, Li Vigni, Mucoli, Sardella, Sberna, Vinci, Wackerlin, maestri del ferro battuto o delle fusioni in metallo come Celeste, Luparello, Martorella, Prazio, Rutelli, stuccatori come i fratelli Li Vigni, fabbriche di stoviglie e suppellettili come la Ceramica Florio, vetrerie come la Ditta Caruso, stabilimenti di terrecotte artistiche come Vella, costruttori di apparecchi di illuminazione come Caraffa, e ancora cementisti, mosaicisti, vetrai, ebanisti, scalpellini e decoratori hanno dato un contributo non inferiore a quello dei progettisti e degli artisti alla formulazione di una specifica fisionomia del liberty isolano. Palermo, Catania, Caltagirone, Messina, Siracusa e le città degli Iblei rappresentano, pur con diversa portata culturale e qualità artistica, altrettanti poli del Liberty siciliano. Realtà fra loro estremamente diversificate, tanto da conferire al fenomeno valenza di molteplice movimento culturale e sociale con caratteristiche del tutto autonome da quello coevo nazionale. Fra la prima età del Liberty in Sicilia, interamente dominata fino allo scadere del primo biennio del XX secolo dalla figura di Ernesto Basile (Palermo 1857-1932), e la sua lunga ultima stagione, caratterizzata da epigoni (divenuti poi del tutto impermeabili al “nuovo”) e anonimi progettisti e decoratori, si svolgono i due decenni della fase di maggiore incidenza di questa tendenza stilistica nel processo di rinnovamento dei centri urbani siciliani (e in maniera più circoscritta anche di ambiti suburbani e rurali); è un periodo che vede come protagonisti lo stesso Basile, i migliori esponenti della sua “scuola” (sia quelli provenienti dalla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri ed Architetti dell’Ateneo di Palermo sia quelli del Corso Speciale di Architettura del Regio Istituto di Belle Arti, sempre di Palermo) e un novero di architetti, ingegneri e geometri, attivi in tutta la Sicilia, autonomi (rispetto ai codici basiliani) o solo occasionalmente impegnati ad operare in chiave Liberty (talvolta influenzati dai “modi” formali di Basile, talvolta ecletticamente ricettivi di altre tendenze continentali, prevalentemente d’oltralpe); fra questi ultimi emergono Vincenzo Alagna, Emanuele Arangi, Gaetano Avolio, Paolo Bonci, Filippo Cusano, Saro Cutrufelli, Francesco Donati Scibona, Michele La Cavera, Paolo Lanzerotti, Filippo La Porta, Fabio Majorana, Tommaso Malerba, Salvatore Mazzarella, Giuseppe Manzo, Salvatore Marascia, Giuseppe Nicolai, Giuseppe Piccione, Francesco Paolo Rivas, Achille Patricolo, Giovanni Pernice, Giovanni Tamburello, Nicolò Tripiciano, Gaetano Vinci, Antonio Zanca. Si trattò di un’eccezionale proliferazione di realizzazioni proprio nel campo della produzione edilizia (ancor più che nelle arti figurative), verificatasi in gran parte del territorio dell’isola. Il protrarsi decisamente fuori tempo massimo della fortuna di quest’esperienza ha la sua manifestazione più eclatante nelle derivazioni di provincia prevalentemente influenzate dalla “cellula” propulsiva dell’Arte Nuova palermitana attivata da Ernesto Basile (a meno di Messina, per la cui ricostruzione il filone della “maniera” di Basile dovette fare i conti con i nuovi equilibri nazionali delle forze finanziarie, e dell’area di Siracusa, orientata ad un ubertoso florealismo dovuto alla esemplare direzione, di orientamento boitiano, del piemontese Giovanni Fusero della locale Regia Scuola d’Arte Applicata all’Industria). Ma non bisogna dimenticare che in Sicilia continua ad operare con grande qualità, quantomeno fino alla prima guerra mondiale, un irriducibile filone tradizionalista, del tutto impermeabile alla linea estetica modernista (ma anche alle sue derive di “consumo”) e tuttavia portatore di specifici valori culturali; ne sono paladini Carlo Sada e i suoi bravi epigoni in area catanese e Giuseppe Damiani Almeyda con i suoi più validi allievi (fra cui Nicolò Mineo e Antonio Zanca) attivi a Palermo come del resto anche Francesco Paolo Palazzotto, una delle personalità più interessanti del tardo eclettismo italiano. È questa l’altra tendenza rispetto all’idea di Basile di coinvolgere artisti, progettisti e intellettuali in un’azione culturale collettiva tesa al raggiungimento di una “via latina” del programma di generale “riorganizzazione del visibile” propugnato dalla migliore cultura modernista internazionale. Un proposito che Basile, soprattutto a partire dal 1905, riesce a perseguire anche a livello regionale (e non solo) grazie alla presenza di significative figure della sua “scuola” nelle più dinamiche realtà urbane dell’isola: a Palermo con Ernesto Armò, Salvatore Benfratello, Enrico Calandra, Giuseppe Capitò, Salvatore Caronia Roberti, Giuseppe Di Giovanni, Salvatore Li Volsi Palmigiano, Antonio Lo Bianco, Giovan Battista Santangelo, Pietro Scibilia; a Catania con Francesco Fichera; a Messina con Camillo Autore e poi con Enrico Calandra (raggiunto successivamente da Giuseppe Samonà, anch’egli allievo di Basile ma della sua ultima stagione di docenza); a Caltagirone con Saverio Fragapane; a Licata con Filippo Re Grillo; a Trapani con Francesco La Grassa. Alcuni degli allievi di Basile operarono, con successo, anche in ambito continentale: Leonardo Paterna Baldizzi fu tra i primi a realizzare opere Liberty a Roma e a Napoli; sempre a Roma , oltre allo stesso Basile (che realizza significative architetture, fra cui l’ampliamento di Palazzo Montecitorio, la palazzina Vanoni, la villa di Rudinì e il Gran Cafè Faraglia), opera lungamente F. La Grassa; a Milano è attivo, per un periodo della sua carriera professionale, G. Di Giovanni; a Reggio Calabria e dintorni svolge parte della propria attività C. Autore; a Pisa si trasferisce per lungo tempo S. Benfratello quale cattedratico del locale Ateneo. Le migliori espressioni dell’arte e dell’architettura (e principalmente di quest’ultima) del periodo Liberty in Sicilia sono conseguenza di un dialogo a distanza con correnti internazionali (ma solo se ritenute affini) instaurato dall’alveo di una locale tradizione di ricerca del nuovo (ne è esemplificativa l’eredità dell’eclettismo sperimentale di Giovan Battista Filippo Basile, padre di Ernesto, e le sue ascendenze, fino a risalire al periodo neoclassico, con il fondatore della cultura architettonica d’età contemporanea in Sicilia, Giuseppe Venanzio Marvuglia). Allo stesso modo l’intera società siciliana della fase finale della Belle Èpoque e dei primi Anni Ruggenti si sente depositaria di solide tradizioni ottocentesche. Una consapevolezza, questa, che contraddistingue i pur diversi modi di operare: nel campo imprenditoriale, con l’ultima generazione dei Florio e dei Whitaker, e con i Chiaramonte Bordonaro, i D’Alì, i Favitta, i Lanza di Scalea, i Lombardo Gangitano, i Majorca di Francavilla, i Manganelli, i Sanderson, i Tasca, i Trabia, i Verderame, ma anche con nuovi imprenditori, come Amoroso, Averna, Biondo, Castellano, Ducrot, Favara, Finocchiaro, Orlando, Pecoraino, Rutelli, Sandron, Sangiorgi, Scaglia, Utveggio, Velis coscienti della propria appartenenza ad una classe sociale dalla quale la collettività si aspettava molto. Sono soprattutto i Florio con Ignazio e la consorte Franca Iacona di Notarbartolo, contessa di San Giuliano, (coppia dotata, oltre che di una incalcolabile fortuna, di opportuni fascino, buon gusto e physique du rôle) e con Vincenzo, fratello minore del primo (tombeur de femmes e prototipo dello sportman di quegli anni), a fare della modernità una propria cifra distintiva. I Florio perseguono, infatti, una precisa “politica dell’immagine” (da qui il legame con Basile, con il mobiliere Ducrot, con pittori come De Maria, Cortegiani, Gregorietti, e con scultori come Civiletti, Ximenes e Ugo); tutte le loro azioni sociali (da quelle mondane a quelle filantropiche, da quelle promozionali a quelle politiche), il loro apparire, il loro intessere rapporti economici ma anche “diplomatici” (come nel caso dei reali d’Inghilterra, di Russia e di Germania) riflettono l’ideale di porsi come modello di una nuova Sicilia che, non più semplice fornitrice di materie prime, si proponeva nel nuovo circuito delle aree emergenti (pur con il permanere di drammatiche sperequazioni e sacche di miseria) come esportatrice di prodotti finiti e, quindi, anche di nuovi modelli comportamentali. Relativamente ad un profilo intellettuale e scientifico, quelli fra il 1897 e il 1924 sono per la Sicilia gli anni degli scrittori Capuana, Pirandello, Ragusa Moleti, Rapisardi e Verga, degli storici dell’arte Di Marzo e Pitini, ma anche dei pensatori Gentile, Guastella, Orestano e Amato Pojero, dell’attore Musco e dell’attrice Menichelli, del matematico Guccia, dei geologi Gemmellaro, del botanico Borzì, dei medici Buccola, Cervello, Cirincione, Di Cristina, Durante, D’Urso, Facciolà, Fichera, Giuffrè e Tricomi; in ambito politico e sociale in questo periodo operano figure come Bonanno, Colajanni, Crispi, De Felice Giuffrida, Di Rudinì, Finocchiaro Aprile, Nasi, Paternò di Sessa e Sturzo. Fra gli artisti, pittori come Abate, Catti, Cercone, Cortegiani, De Gregorio, De Maria Bergler, Di Giovanni, Enea, Gregorietti, Liotta Cristaldi, Lentini, Leto, Lojacono, Mirabella, Reina, Spina, Tomaselli, Vetri, Vicari, e scultori come Balistreri, Civiletti, Costantino, Delisi, Gangeri, Garufi, Geraci, Moschetti, Nicolini, Ragusa, Rutelli, Trentacoste, Ugo e Ximenes traghettano felicemente, anche se con disomogenee intensità e motivazioni, le loro precedenti esperienze nell’alveo della tendenza modernista, senza tuttavia rimanerne coinvolti fino in fondo (a meno di un circoscritto periodo del nucleo sparuto del “cenacolo di Basile” formato da De Maria, Enea, Geraci, Gregorietti, Rutelli, Ugo e Ximenes). Altrimenti pittori come Corona, De Francisco, Rizzo, Terzi, Trombadori e scultori come Campini, D’Amore, Li Muli muovono solo i primi passi in ambito modernista per poi maturare significativi percorsi in altre direzioni della cultura artistica novecentesca. Alla compagine di intellettuali, artisti, imprenditori, statisti, scienziati e pensatori va aggiunta, infine, quella delle maestranze specializzate, che negli opifici e nelle miniere, così come nei cantieri edilizi e nelle botteghe artigiane dettero un contributo determinante allo sviluppo e alla fisionimia moderna della società siciliana di quel periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. Saranno proprio queste maestranze specializzate le prime vittime del crollo del sistema produttivo isolano (atterrato quasi improvvisamente a ridosso del primo conflitto mondiale e “finito” negli avanzati Anni Ruggenti). Ultimi a partire in massa (in ordine cronologico) i siciliani, o meglio le forze più vive della regione, andranno ad ingrossare quelle file degli emigranti italiani che con le loro “rimesse” contribuiranno inconsapevolmente alla ripresa economica delle aree emergenti del regno d’Italia; ma la nuova mappa dello sviluppo industriale nazionale non comprendeva più la loro terra natìa. Dopo di loro sarà la volta della classe imprenditoriale, la cui repentina devitalizzazione porterà alla liquidazione del potenziale produttivo e, in seconda battuta, alla decadenza del patrimonio architettonico e artistico ad essa legato. Anche in considerazione della débâcle, avviata nella tarda fase dell’età giolittiana, della propositività economica della Sicilia e quindi del conseguente declino della sua “società civile” era, dunque, inevitabile una considerevole dispersione dei “documenti” (nell’accezione più ampia del termine) relativi alla cultura modernista in Sicilia. Riproporne, oggi, in una mostra di itinerari possibili (basati sull’esistente) e di itinerari virtuali (basati sulla documentazione pervenutaci e su una selezione di “reperti” sopravvissuti), la lettura critica è forse solo un modesto omaggio ad un segmento particolarmente significativo della nostra storia. È in ogni caso, un doveroso “meccanismo” della conoscenza quello che è stato ordinato nelle sale espositive di Palazzo Ziino, nella speranza che anche questa mostra possa adempiere all’ingrato compito di ergersi al ruolo di sentinella delle testimonianze di un pezzo nevralgico della nostra storia e che ne possa riammagliare le migliori valenze in una rete di conoscenze tematiche. La mostra si compone di diverse sezioni, tese a documentare il momento storico e a rappresentare la molteplicità delle variabili del fenomeno e i diversi campi di applicazione del nuovo linguaggio. La Sezione storico documentaria comprende due settori intitolati, rispettivamente, Protagonisti e comprimari (composta da undici pannelli) e Architettura, arte e società (di ventuno pannelli). Il primo di questi due settori è ad apertura dell’intera mostra e documenta con riproduzioni di pitture, fotografie, e illustrazioni d’epoca (relative a pose da ritratto o a composizioni di gruppo o, ancora, a determinate occasioni) e con notizie biografiche, alcuni dei personaggi e degli eventi più significativi del periodo: committenti, architetti e ingegneri, imprenditori, pittori, scultori, decoratori, rappresentanti della vita politica e istituzionale, attori di teatro e del cinema, letterati, poeti, operai, minatori, artigiani e contadini, ma anche sportivi e persino proseliti di quelle attività sportive che, unitamente ai gran balli e alle manifestazioni mondane e sociali, rappresentarono il più articolato scenario collettivo della “civiltà” Belle Èpoque siciliana. La Sezione itinerari documenta, con percorsi a tema sviluppati in cinquanta pannelli fotografici, l’attuale patrimonio dell’architettura e delle arti decorative liberty nelle varie realtà territoriali dell’isola, risultato di una ricognizione condotta su basi scientifiche e volta ad individuare le principali variabili e i fenomeni caratterizzati da soluzioni di continuità culturali, ovvero sviluppi trainati da situazioni particolaristiche che ne sottolineano i caratteri di singolarità. I quattordici itinerari individuati riguardano, infine, un ventaglio di temi specifici dalla significativa ricaduta sul manifestarsi di alcune variabili del modernismo isolano. L’approfondimento del vissuto è affidato all’esposizione di parte degli arredi e degli oggetti d’arte applicata della Sezione arti decorative e industriali; questa si snoda solo in minima parte nelle tre sale dedicate alla Sezione Itinerari, mentre è in prevalenza ospitata nelle sale successive dedicate all’esposizione delle opere d’arte figurativa, proprio nel rispetto di quel principio di “unità delle arti” tanto caro ai modernisti. L’arredo, in quanto più originale contributo della Sicilia alla cultura modernista, ha un posto di particolare rilievo con il prevalere di mobili eseguiti dalle officine Ducrot di Palermo (in buona misura su disegni di E. Basile). È in questa seconda sequenza di sale che trova posto anche il settore Architettura, arte e società della Sezione storico documentaria. Esso, segmentato in sottosettori tematici, è relativo ad immagini di città e ad alcuni piani di ampliamento, ad architetture, ad arredi e singoli mobili, ad ambienti di lavoro, agli opifici, alla grafica per la propaganda (commerciale, politica, editoriale, ecc…), alla presenza del Liberty siciliano fuori dell’isola, alle esposizioni, agli eventi mondani e sportivi, ai luoghi del tempo libero e della formazione (sia di artisti, architetti e ingegneri sia delle maestranze addette al settore della decorazione architettonica), ai circoli culturali e alle manifestazioni di costume; una galleria di immagini d’epoca che illustra (con materiali d’archivio) la realtà siciliana di fine Ottocento e dei primi decenni del Novecento. Un ultimo sottosettore illustra, con una stringata selezione di opere, l’attività di alcuni dei più significativi artisti siciliani del periodo. Nelle stesse sale, nelle quali si sviluppa il settore Architettura, arte e società della Sezione storico documentaria, la Sezione arti figurative mostra con pezzi originali, alcuni dei quali inediti, la produzione pittorica (con acquarelli, tempere, oli e disegni di Alessandro Abate, Michele Catti, Vittorio Corona, Pietro De Francisco, Ettore De Maria Bergler, Luigi Di Giovanni, Michele Cortegiani, Salvatore Gregorietti, Totò Gregorietti, Rocco Lentini, Antonino Leto, Pasquale Liotta Cristaldi, Francesco Lojacono, Mario Mirabella, Gennaro Pardo, Lucrezia Piazza Giuffrè, Eleonora Ragusa Kiyohara, Calcedonio Reina, Pippo Rizzo, Rosario Spina, Onofrio Tomaselli, Francesco Trombadori, Paolo Vetri, Tommaso Vicari) e la produzione scultorea (con bronzi, terracotte, gessi e marmi di Benedetto Balistreri, Benedetto Civiletti, Archimede Campini, Benedetto D’Amore, Gaetano Geraci, Domenico Li Muli, Giovanni Nicolini, Mario Rutelli, Ettore Ximenes, Antonio Ugo); conservate in collezioni private o presso istituzioni pubbliche (tutte le opere in mostra provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna di Palermo non sono fra quelle abitualmente esposte al pubblico e provengono dai depositi del Complesso di Sant’Anna) queste pitture e sculture sono rappresentative delle diverse fasi delle arti figurative siciliane del periodo modernista; dall’impalpabile trasfigurarsi della tradizione (del vedutismo, del verismo, della ritrattistica, ecc…) in relazione all’affermarsi del nuovo gusto estetico, alla maturazione di una peculiare tendenza “Arte Nuova” (sempre possibilista nei confronti delle rispettive “provenienze” culturali), fino al superamento di quest’ultima, una volta terminata la sua parabola propositiva, o nella direzione di una revisione critica “di ritorno” (alla dimensione verista o classicista, ma sovente secondo una nuova impronta ieratica) o sviluppandone alcune componenti verso le nuove mete del sentire artistico internazionale. La Sezione editoria, che accompagna la precedente, illustra, con una circoscritta selezione di fascicoli, la circolazione in Sicilia della pubblicistica internazionale e nazionale specializzata di arte e architettura e l’attività editoriale isolana con l’esposizione di libri, riviste e giornali (fra le testate esposte: «L’Architettura pratica»; «L’Arte Decorativa Moderna»; «L’Architettura italiana»; «L’Edilizia Moderna»; «L’Illustrazione siciliana»; «L’Ora Illustrata»; «The smart set»; «Psiche»; «La Bohéme»; «La Sicile Illustrée»; «Rapiditas»; ecc.). La Sezione architettura, sviluppata nelle ultime due sale e, per continuità, contigua al settore Protagonisti e comprimari della Sezione storico documentaria (con i ritratti e le biografie), è dedicata all’esposizione dei disegni originali di alcuni dei principali protagonisti del liberty siciliano; si tratta di una ridotta selezione della produzione progettuale del periodo scelto ad illustrare il fenomeno e compresa tra il 1897 e il 1924 (con disegni di Ernesto Basile, Salvatore Benfratello, Salvatore Caronia Roberti, Francesco Fichera, Francesco La Grassa, Antonio Lo Bianco, Filippo Re Grillo, Pietro Scibilia, Antonio Zanca, ecc.). Quattordici itinerari tematici del liberty in Sicilia, di cui cinque insistono su Palermo e la sua provincia, elaborati nel corso del progetto di formazione post lauream “Beni culturali e sviluppo locale – valorizzazione dei beni culturali”, promosso e gestito dal Dipartimento di Storia e Progetto nell’Architettura dell’Università degli Studi di Palermo e finanziato con fondi della Comunità Europea dall’Assessorato Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione (Dipartimento Regionale Formazione Professionale) della Regione Siciliana, compongono parte cospicua delle sezioni in cui si articola questa mostra, la cui opportunità di realizzazione è maturata nell’ambito dello stesso progetto, ma che ha acquisito più ampio respiro dall’intesa sull’iniziativa fra lo stesso Dipartimento, la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo e il Settore Cultura del Comune di Palermo, nonché dalla collaborazione della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana.
2008
Liberty, Sicilia
13 978-88-8207-324-4
Quartarone, C., Sessa, E., Mauro, E. (2008). Arte e architettura liberty in Sicilia.
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