Mugshots’ uses and practices—from Bertillon to Lombroso—show the photograph’s power: face and its photographic image are a form of control for protecting the establishment. However political value and subversive force of photography lies in the dialectic between known and unknown that the image of the photographed face produces. Photographic portrait produces new, previously unknown relationships if it isn’t only used for purposes of reproduction: so it is able to be in opposition to the established order and its imperatives that want to eliminate chaos and differences.

Il ritratto fotografico, i suoi usi e i suoi valori sono di fondamentale utilità per comprendere le funzioni della fotografia e il suo rapporto con il reale e per evidenziare l’evoluzione che, dalla pretesa di oggettività dell’immagine fotografica, ha condotto al ribaltamento di questa prospettiva. Gli usi e le pratiche che prendono le mosse da Bertillon e Lombroso – in sintonia con la nascita ottocentesca della fotografia e il suo primo sviluppo – non sono altro che il riconoscimento del potere della fotografia: l’analisi del volto e delle sue immagini è una pratica per ricondurre all’ordine e dunque esercitare una strategia di controllo che tuteli il potere costituito. Tale azione diventa maggiormente efficace se esercitata per mezzo di uno strumento tecnico, dotato della certezza e della forza della scienza: la fotografia, celebrata per il rapporto diretto con il reale, era dunque lo strumento perfetto per esercitare questo tipo di controllo e fondare una microfisica del potere. Ma a ben guardare la fotografia si è sottratta a questo destino: il volto e la sua immagine con la loro mutevolezza scardinano queste certezze e danno la possibilità di raccontare un’altra storia. È la storia del ritratto fotografico come via privilegiata che il volto assume per raggiungere il senso e irridere il potere. Il contributo analizzerà il ruolo di garante dell’ordine e del potere che nell’Ottocento la fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria ha assunto, partendo dalla (errata) pretesa che sia possibile rappresentare il volto in maniera oggettiva in una immagine, per svelarne il ribaltamento: la valenza politica e la forza di sovversione della fotografia risiede nella dialettica tra noto e ignoto a cui il volto fotografato dà luogo. La fotografia del volto non è dunque pratica mimetica bensì costitutiva di realtà e anche di rivolta e opposizione all’ordine costituito e ai suoi imperativi che cercano di annientare caos e differenze.

Crescimanno, E. (2019). Il volto fotografato logiche di potere e strategie di resistenza. COSMO(14), 247-256 [10.13135/2281-6658/3441].

Il volto fotografato logiche di potere e strategie di resistenza

Crescimanno, Emanuele
2019-01-01

Abstract

Mugshots’ uses and practices—from Bertillon to Lombroso—show the photograph’s power: face and its photographic image are a form of control for protecting the establishment. However political value and subversive force of photography lies in the dialectic between known and unknown that the image of the photographed face produces. Photographic portrait produces new, previously unknown relationships if it isn’t only used for purposes of reproduction: so it is able to be in opposition to the established order and its imperatives that want to eliminate chaos and differences.
2019
Settore M-FIL/04 - Estetica
Crescimanno, E. (2019). Il volto fotografato logiche di potere e strategie di resistenza. COSMO(14), 247-256 [10.13135/2281-6658/3441].
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