Negli ultimi anni si è sviluppato in modo considerevole un processo di progressivo allargamento dei confini della responsabilità civile degli apparati pubblici, evoluzione che ha avuto un forte impulso nell’ambito del Diritto dell’Unione Europea. Nel contesto di tale evoluzione nel nostro ordinamento un ruolo chiave è stato svolto dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 500 del 1999. La superiore pronuncia, oltre a riconoscere il carattere extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. della responsabilità della pubblica amministrazione, contiene un passaggio energicamente discusso concernente l’innovazione introdotta in tema di elemento soggettivo dell’illecito. In particolare è stata superata la tradizionale impostazione che riteneva si potesse far derivare la prova della colpa della pubblica amministrazione dalla semplice dimostrazione dell’illegittimità dell’atto amministrativo (culpa in re ipsa) e si è pretesa la dimostrazione della colpa dell’apparato amministrativo quale condizione necessaria per accedere alla tutela risarcitoria. A ciò si è contrapposto un filone interpretativo, cui ha aderito seppur in via minoritaria parte della giurisprudenza amministrativa, il quale ha messo in discussione il fatto che la responsabilità degli apparati pubblici per attività provvedimentale possa ricondursi all’alveo dell’illecito aquiliano, ipotizzando la possibilità che trovino applicazione i principi della responsabilità da inadempimento sul presupposto che tra cittadino e pubblica amministrazione si instauri in virtù di un "contatto sociale" un rapporto di tipo contrattuale. Il ricorso ad una responsabilità da “contatto amministrativo” comporta la facilitazione dell’onere probatorio del danneggiato che dovrà provare il solo fatto dell’inadempimento e la nascita di un contatto partecipativo generatore della responsabilità, gravando la prova liberatoria sulla pubblica amministrazione che dovrà dimostrare che il fatto dell’inadempimento non è imputabile a sua colpa. Infine, alcuni autori (senza però aver trovato seguito nella giurisprudenza) hanno proposto il modello della responsabilità precontrattuale e del c.d. tertium genus (responsabilità mista ) e della c.d. responsabilità oggettiva. Il profilo dell’elemento soggettivo, oltre ad animare il dibattito dottrinale e giurisprudenziale nazionale, rappresenta anche l’aspetto più critico nel caso di raffronto tra il modello di responsabilità della pubblica amministrazione delineato dal diritto interno ed il modello di responsabilità elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Infine alcuni autori (senza però aver trovato seguito nella giurisprudenza) hanno proposto il modello della responsabilità precontrattuale, del c.d. tertium genus (responsabilità mista ) e da ultimo della responsabilità c.d. oggettiva. Quest’ultimo orientamento ( sviluppatosi in modo costante nella giurisprudenza comunitaria ed in seguito anche in quella nazionale in materia di appalti pubblici) configura una fattispecie di responsabilità della pubblica amministrazione in presenza di un atto e/o comportamento illegittimo e di un evento dannoso, e prescinde dalla dimostrazione della sussistenza del c.d. elemento soggettivo ai fini del riconoscimento della tutela risarcitoria in favore del cittadino leso dalla p.a. Ed invero il profilo dell’elemento soggettivo, oltre ad animare il dibattito dottrinale e giurisprudenziale nazionale, rappresenta anche l’aspetto più critico nel caso di raffronto tra il modello di responsabilità della pubblica amministrazione delineato dal diritto interno ed il modello di responsabilità elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Infatti, il modello di responsabilità elaborato dalla giustizia comunitaria per i danni cagionati dagli apparati pubblici (legislatore e pubblica amministrazione), sebbene riferito ab origine al solo settore degli appalti pubblici, sembra prescindere dalla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa. Quanto sopra potrebbe determinare una disparità di trattamento tra situazioni d’interesse legittimo, tutelate dalla normativa comunitaria, la cui risarcibilità sembra prescindere dalla prova dell’elemento soggettivo, e situazioni analoghe tutelate nel sistema nazionale a condizione della prova dell’elemento soggettivo. Ciò posto, il presente lavoro di tesi, dopo avere svolto un breve excursus storico, si occuperà in primo luogo di analizzare l’ordinamento italiano al fine di individuare i diversi modelli di responsabilità civile della pubblica amministrazione (aquiliana, contrattuale, mista, obiettiva) delineati dalla giurisprudenza nazionale al fine di verificare se, e quale, tra i predetti modelli può ritenersi operante nel nostro ordinamento. In secondo luogo si analizzerà il modello di responsabilità degli apparati pubblici delineato dalla giurisprudenza comunitaria. Nell’ultimo capitolo si analizzeranno le prospettive future del sistema della responsabilità civile operante nel sistema italiano alla luce delle influenze derivanti dal modello delineato in sede comunitaria. In conclusione, il presente lavoro prenderà atto del fatto che ad oggi la giurisprudenza nazionale maggioritaria, nonostante le spinte provenienti in sede comunitaria, continua ad affermare la natura aquiliana ex art. 2043 della responsabilità della pubblica amministrazione, riconoscendo la natura oggettiva della responsabilità dell’amministrazione pubblica soltanto nel settore degli appalti pubblici.

Marino, C.U. (2015). "LE PROSPETTIVE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’ AMMINISTRAZIONE PUBBLICA TRA L’ORDINAMENTO INTERNO E L’ORDINAMENTO EUROPEO” [Altro].

"LE PROSPETTIVE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’ AMMINISTRAZIONE PUBBLICA TRA L’ORDINAMENTO INTERNO E L’ORDINAMENTO EUROPEO”

MARINO, Calogero Ubaldo
2015-01-01

Abstract

Negli ultimi anni si è sviluppato in modo considerevole un processo di progressivo allargamento dei confini della responsabilità civile degli apparati pubblici, evoluzione che ha avuto un forte impulso nell’ambito del Diritto dell’Unione Europea. Nel contesto di tale evoluzione nel nostro ordinamento un ruolo chiave è stato svolto dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 500 del 1999. La superiore pronuncia, oltre a riconoscere il carattere extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. della responsabilità della pubblica amministrazione, contiene un passaggio energicamente discusso concernente l’innovazione introdotta in tema di elemento soggettivo dell’illecito. In particolare è stata superata la tradizionale impostazione che riteneva si potesse far derivare la prova della colpa della pubblica amministrazione dalla semplice dimostrazione dell’illegittimità dell’atto amministrativo (culpa in re ipsa) e si è pretesa la dimostrazione della colpa dell’apparato amministrativo quale condizione necessaria per accedere alla tutela risarcitoria. A ciò si è contrapposto un filone interpretativo, cui ha aderito seppur in via minoritaria parte della giurisprudenza amministrativa, il quale ha messo in discussione il fatto che la responsabilità degli apparati pubblici per attività provvedimentale possa ricondursi all’alveo dell’illecito aquiliano, ipotizzando la possibilità che trovino applicazione i principi della responsabilità da inadempimento sul presupposto che tra cittadino e pubblica amministrazione si instauri in virtù di un "contatto sociale" un rapporto di tipo contrattuale. Il ricorso ad una responsabilità da “contatto amministrativo” comporta la facilitazione dell’onere probatorio del danneggiato che dovrà provare il solo fatto dell’inadempimento e la nascita di un contatto partecipativo generatore della responsabilità, gravando la prova liberatoria sulla pubblica amministrazione che dovrà dimostrare che il fatto dell’inadempimento non è imputabile a sua colpa. Infine, alcuni autori (senza però aver trovato seguito nella giurisprudenza) hanno proposto il modello della responsabilità precontrattuale e del c.d. tertium genus (responsabilità mista ) e della c.d. responsabilità oggettiva. Il profilo dell’elemento soggettivo, oltre ad animare il dibattito dottrinale e giurisprudenziale nazionale, rappresenta anche l’aspetto più critico nel caso di raffronto tra il modello di responsabilità della pubblica amministrazione delineato dal diritto interno ed il modello di responsabilità elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Infine alcuni autori (senza però aver trovato seguito nella giurisprudenza) hanno proposto il modello della responsabilità precontrattuale, del c.d. tertium genus (responsabilità mista ) e da ultimo della responsabilità c.d. oggettiva. Quest’ultimo orientamento ( sviluppatosi in modo costante nella giurisprudenza comunitaria ed in seguito anche in quella nazionale in materia di appalti pubblici) configura una fattispecie di responsabilità della pubblica amministrazione in presenza di un atto e/o comportamento illegittimo e di un evento dannoso, e prescinde dalla dimostrazione della sussistenza del c.d. elemento soggettivo ai fini del riconoscimento della tutela risarcitoria in favore del cittadino leso dalla p.a. Ed invero il profilo dell’elemento soggettivo, oltre ad animare il dibattito dottrinale e giurisprudenziale nazionale, rappresenta anche l’aspetto più critico nel caso di raffronto tra il modello di responsabilità della pubblica amministrazione delineato dal diritto interno ed il modello di responsabilità elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Infatti, il modello di responsabilità elaborato dalla giustizia comunitaria per i danni cagionati dagli apparati pubblici (legislatore e pubblica amministrazione), sebbene riferito ab origine al solo settore degli appalti pubblici, sembra prescindere dalla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa. Quanto sopra potrebbe determinare una disparità di trattamento tra situazioni d’interesse legittimo, tutelate dalla normativa comunitaria, la cui risarcibilità sembra prescindere dalla prova dell’elemento soggettivo, e situazioni analoghe tutelate nel sistema nazionale a condizione della prova dell’elemento soggettivo. Ciò posto, il presente lavoro di tesi, dopo avere svolto un breve excursus storico, si occuperà in primo luogo di analizzare l’ordinamento italiano al fine di individuare i diversi modelli di responsabilità civile della pubblica amministrazione (aquiliana, contrattuale, mista, obiettiva) delineati dalla giurisprudenza nazionale al fine di verificare se, e quale, tra i predetti modelli può ritenersi operante nel nostro ordinamento. In secondo luogo si analizzerà il modello di responsabilità degli apparati pubblici delineato dalla giurisprudenza comunitaria. Nell’ultimo capitolo si analizzeranno le prospettive future del sistema della responsabilità civile operante nel sistema italiano alla luce delle influenze derivanti dal modello delineato in sede comunitaria. In conclusione, il presente lavoro prenderà atto del fatto che ad oggi la giurisprudenza nazionale maggioritaria, nonostante le spinte provenienti in sede comunitaria, continua ad affermare la natura aquiliana ex art. 2043 della responsabilità della pubblica amministrazione, riconoscendo la natura oggettiva della responsabilità dell’amministrazione pubblica soltanto nel settore degli appalti pubblici.
2015
Marino, C.U. (2015). "LE PROSPETTIVE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’ AMMINISTRAZIONE PUBBLICA TRA L’ORDINAMENTO INTERNO E L’ORDINAMENTO EUROPEO” [Altro].
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