La vicenda della ricostruzione di Gibellina, dopo il terremoto del 1968, è molto nota e ha costituito un caso di studio nazionale e internazionale. La new town che venne edificata con il nome di Gibellina Nuova, a venti chilometri dalla Vecchia, seguì criteri topografici profondamente diversi, idonei non soltanto a garantire la sicurezza dell’abitato, ma soprattutto a proporre un modello utopico di città. La ricostruzione fu anche il movente di un sisma odonomastico che ha ulteriormente disorientato gli abitanti superstiti. Spariti e non più riorganizzati i quartieri, crollate e non più ricostruite le chiese, gli antichi monumenti sostituiti da altri dai nomi estranei e non memorizzabili (ess.: La freccia indica l'ombra di una freccia; Da Oedipus Rex "Città di Tebe"; Aratro per Didone; ecc.). Il contributo si propone un confronto tra le modalità di definizione spaziale della vecchia e della nuova Gibellina, a partire da un’indagine sul campo e da interviste volte a recuperare quel deposito di memorie che giace fisicamente sotto il Cretto, ma percettivamente nella coscienza di ciascun gibellinese, persino di coloro i quali sono nati dopo l’evento traumatico. I materiali testimoniano un’interessante e indicativa assenza, ossia la mancanza di un attuale sistema odonomastico popolare che, di norma, viene utilizzato dalle comunità quando queste hanno piena identificazione con lo spazio in cui vivono.
Castiglione, M.C., Trovato, M. (2014). Ricostruire una città, reinventare un'odonomastica. In S. Adorno, G. Cristina, A. Rotondo (a cura di), Visibile e invisibile: percepire la città tra descrizioni e omissioni (pp. 849-864). Catania : SCRIMM editore.
Ricostruire una città, reinventare un'odonomastica
CASTIGLIONE, Marina Calogera;
2014-01-01
Abstract
La vicenda della ricostruzione di Gibellina, dopo il terremoto del 1968, è molto nota e ha costituito un caso di studio nazionale e internazionale. La new town che venne edificata con il nome di Gibellina Nuova, a venti chilometri dalla Vecchia, seguì criteri topografici profondamente diversi, idonei non soltanto a garantire la sicurezza dell’abitato, ma soprattutto a proporre un modello utopico di città. La ricostruzione fu anche il movente di un sisma odonomastico che ha ulteriormente disorientato gli abitanti superstiti. Spariti e non più riorganizzati i quartieri, crollate e non più ricostruite le chiese, gli antichi monumenti sostituiti da altri dai nomi estranei e non memorizzabili (ess.: La freccia indica l'ombra di una freccia; Da Oedipus Rex "Città di Tebe"; Aratro per Didone; ecc.). Il contributo si propone un confronto tra le modalità di definizione spaziale della vecchia e della nuova Gibellina, a partire da un’indagine sul campo e da interviste volte a recuperare quel deposito di memorie che giace fisicamente sotto il Cretto, ma percettivamente nella coscienza di ciascun gibellinese, persino di coloro i quali sono nati dopo l’evento traumatico. I materiali testimoniano un’interessante e indicativa assenza, ossia la mancanza di un attuale sistema odonomastico popolare che, di norma, viene utilizzato dalle comunità quando queste hanno piena identificazione con lo spazio in cui vivono.File | Dimensione | Formato | |
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